Il primo libro di Pierluigi Sommariva «La meraviglia di ogni respiro» (=”L’anobio e la ninfea”), mi è stato regalato da un amico. Ero prevenuto: un libro scritto da un disabile ha spesso il sapore di una storia già troppo conosciuta. Ma comincio a leggere e perdo ogni diffidenza. Mi ha fatto pensare subito alla «Malora» di Beppe Fenoglio, al modo di scrivere di Cesare Pavese. Nei libri di Pavese è sempre lui il protagonista, sono suoi i sentimenti, le riflessioni, i pensieri. Non è mai solo biografia, ma sogni, riflessioni, progetti, pensieri… e un modo di vivere, di pensare l’uomo, il senso della vita e delle vicende umane.
E questo l’ho visto anche nel primo libro di Pierluigi Sommariva. Inoltre un’abilissima tecnica attinta non so dove. Non produce mai il fastidio di un raccontare artificiale, costruito ad arte, naif o forzato, perché la vivacità del racconto salta fuori naturale, lasciando la certezza che quei fatti sono stati realmente vissuti, mai solo immaginati o raccontati con un ingenuo compiacimento.
Avendo gradito molto questo primo libro, temevo la delusione di fronte alla storia di Florinda. In realtà è un libro che si fa leggere e sono certo che Pierluigi ha superato la prova del suo secondo libro, che è sempre il più difficile, dopo il successo del primo.
Elio Vittorini, parlando dei giovani scrittori alle prime armi diceva: «Appena non trattano più di cose sperimentate personalmente, corrono il rischio di ritrovarsi al punto in cui erano i provinciali del naturalismo, che con le storie che raccontavano non sapevano farne simbolo di una storia universale…».
In realtà nel libro di Pierluigi è difficile distinguere la vicenda della protagonista dal narratore. Chi scrive lo fa come se avesse vissuto lui stesso quelle vicende. E le pagine colpiscono per la drammaticità che attraversa tutta la storia di Florinda, della sua famiglia: la madre, i fratelli, la tenerezza e la malattia del padre… Penso ad alcune scene ricche di drammaticità, in cui il racconto si fa incalzante.
Mirabile e palpitante quella delle due bambine nella paura del lupo e della notte, prese dalla nebbia e dal buio…
La descrizione della famiglia. La madre: un capolavoro di oscenità, di indifferenza, di egoismo, l’incapacità di amare… Vittima essa stessa delle sue passioni. Una mancanza di umanità che farebbe pensare a tempi passati, di molti secoli fa e invece è storia del nostro tempo. Fa da contrasto il padre, di cui si dice che era un «giovanetto gentile di animo e di aspetto e che passò la vita a suonare per poveri e ricchi, nei cortili di campagna o nelle case più belle, per la gioia di bimbi e vecchietti, dispensando ovunque una pioggia di note, una fioritura di sensazioni delicate e struggenti, esaltanti e romantiche che commuovevano e toccavano i cuori…».
Il narratore non viene mai meno. Qualcuno ha raccontato, l’autore ha ricostruito, immaginato, dato corpo a tutto, inserito migliaia di osservazioni, con una immedesimazione incredibile, come se le vicende le avesse vissute lui. A ogni pagina sembra di vivere la scena di un film.
Tutto il libro è pervaso da una crudeltà diffusa, dalla violenza, dal comportamento bruto e inumano anche in famiglia, dei fratelli Daniel e soprattutto di Nicolas. Ed è bello che si concluda con l’amore per Walter: finalmente il racconto di qualcosa di bello e di positivo, non però di taglio hollywoodiano, ma normale…
Emilio Gadda diceva: «Il modo con cui i neorelisti trattano i loro temi è, di preferenza, quello di un umore tetro e talora dispettoso come di chi rivendichi qualcosa da qualcheduno e attenda giustizia, di chi si sente offeso, irritato…». Invece qui è presente una povertà endemica, diffusa, l’impossibilità di una vita normale, ma che sono vissute più che con risentimento, da uno spirito di sopravvivenza più forte di tutto, soprattutto della protagonista Florinda, che pare conservare intatta la sua umanità…
A questo punto si potrebbe aprire tutto il capitolo sugli immigrati che vengono da noi da altri paesi, ognuno con la sua storia… Ma il discorso si allargherebbe troppo e terminiamo qui.
Dalla presentazione ad Acqui Terme, Biblioteca Civica, 10 dicembre 2015
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