Nel ripercorrere settantamila anni di storia umana, dalla Preistoria all’era contemporanea Jeffrey D. Sachs, noto economista e uno dei massimi esperti di sviluppo sostenibile, presenta in questo libro, edito da Luiss, il fenomeno della globalizzazione e ne esplora l’aspetto economico facendo emergere luci e ombre di questo mondo interconnesso e in continuo mutamento.
Un’umanità da sempre globalizzata
«L’umanità è sempre stata globalizzata, sin da quando gli uomini migrarono dall’Africa circa settantamila anni fa», esordisce così l’Autore. Il suo intento è quello di farci comprendere che la globalizzazione è un fenomeno intrinseco della storia umana che può provocare considerevoli conseguenze, come le malattie o le guerre, superabili (e superate) grazie alla cooperazione globale e al progresso. Fa anche notare che le innovazioni e i successi nel corso della storia sono avvenuti «in modo brusco e violento», cosa che non dovrà più succedere in futuro. Questo è l’augurio di Sachs: «studiando la storia della globalizzazione, possiamo arrivare ad avere una comprensione informata del fenomeno in atto nel Ventunesimo secolo per capire come gestirlo con efficacia». Attraverso la storia umana l’Autore vuole comprendere come siano stati affrontati gli effetti nefasti della globalizzazione al fine di trovare soluzioni adeguate e, soprattutto, pacifiche per il nostro avvenire.
Nell’introduzione Sachs descrive il tema dell’opera, mostrando le varie sfumature della globalizzazione, soprattutto la sua capacità di migliorare le condizioni dell’uomo. Sostiene infatti che «i nessi reciproci dell’umanità nel globo [consentano] la condivisione di idee, il godimento di culture diverse, e lo scambio di beni vari e particolari in aree geografiche vastissime». Nonostante ciò l’Autore sottolinea che la storia umana è contornata da «indubbie minacce», tra le quali la diffusione di malattie e il conseguente inizio di epidemie. Basti pensare all’elevato tasso di mortalità registrato nel Nuovo Mondo nel Quindicesimo e nel Sedicesimo secolo a causa del vaiolo e del morbillo portati dagli europei; o ancora alla presenza della malaria in Africa che portò alla decimazione dei conquistatori occidentali. Questi avvenimenti ebbero come comun denominatore la mancanza di protezione immunologica da parte delle popolazioni colpite. Le malattie sopra citate furono debellate grazie alla cooperazione globale, punto focale del volume: scienziati e medici di tutto il mondo si misero all’opera per conoscere e sconfiggere virus e malattie considerate letali per l’uomo. Un evento determinante fu l’istituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1948, che si pone come obiettivo primario la lotta alle epidemie.
Anche oggi, purtroppo, la popolazione mondiale è chiamata ad affrontare un virus sconosciuto e pericoloso, il Covid-19. L’OMS è in prima linea per far scomparire questo flagello sanitario ed economico. Sachs giunge a questa conclusione: «come è accaduto per altre malattie in passato, anche l’attuale pandemia influenzerà la politica e le società di tutto il globo». Inoltre, l’economista ritiene che la cooperazione globale vada impiegata per risolvere un’altra problematica tutt’ora in corso, il cambiamento climatico.
L’economista ripercorre le varie fasi della storia dell’umanità, dividendola in sette periodi, o, come li definisce egli stesso, «Età della Globalizzazione». Di ciascuna ne esamina il rapporto tra tre componenti, geografia, tecnologia e istituzioni, affermando che solo l’interazione tra questi pilastri su cui poggia qualsiasi epoca storica porta ad un avanzamento. Riporta l’esempio della macchina a vapore a carbone di James Watt, l’invenzione più significativa del periodo industriale. Ciò che rese possibile concepirla furono il facile reperimento di carbone (geografia), l’ingegno e le abilità artigiane di Watt (tecnologie) e un governo che garantiva brevetti e vendite (istituzioni). L’industrializzazione avvenne solo grazie all’apporto di tutte e tre le componenti sebbene ci sia un dibattito economico ancora in corso circa il primato dell’uno o dell’altro fattore.
Ne mette in luce gli aspetti più significativi delle singole epoche. Il Paleolitico (70.000 – 10.000 a.C.), o Preistoria, aprì la strada all’evoluzione umana: gli uomini si spostarono dall’Africa verso altre parti del mondo, riuscirono ad adattarsi ai diversi habitat, crearono le prime forme di linguaggio, si suddivisero in clan con forme di governo egualitario e ci furono enormi progressi nella caccia e nella produzione di utensili. Tuttavia, sono anche avvenute le prime conseguenze ambientali, in quanto la caccia e il cambiamento climatico (in parte) portarono all’estinzione di molte specie animali, come il mammut, il bradipo, la tigre dai denti a sciabola e il cavallo selvaggio nelle Americhe, e di specie umane, poiché pare che l’Homo Sapiens abbia portato direttamente (lotte per il territorio) o indirettamente (esclusione competitiva durante la caccia) all’estinzione dell’uomo di Neanderthal.
Il Neolitico (10.000 – 3.000 a.C.), in cui si sviluppò l’agricoltura, insegna che è fondamentale essere al posto giusto al momento giusto; è fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura, della fauna e della flora. L’Autore identifica “il posto giusto” nelle «latitudini fortunate», zone a clima temperato che si estendono da est a ovest in Eurasia, chiamate così perché sono state teatro dalle più importanti innovazioni del periodo. Per far comprendere l’importanza di queste zone, l’economista scrive che «gran parte della storia economica mondiale e dei progressi tecnologici si concentrarono nelle latitudini fortunate dell’Eurasia». Nonostante ciò, altre zone non furono così fortunate, l’America e l’Africa, in quanto non ebbero le risorse per progredire come le altre aree.
Durante l’Età Equestre (3.000 – 1.000 a.C.), di addomesticamento del cavallo, si rafforzò il lungo e complesso processo di addomesticamento di animali, tra i quali l’asino, il cammello e il cavallo. Quest’ultimo fu il più determinante poiché venne impiegato in varie attività, in agricoltura, nella comunicazione e in guerra; per Sachs l’animale cha svolto un ruolo decisivo nello sviluppo economico». Nella Mezzaluna Fertile si ebbero progressi nella scrittura (il Codice di Hammurabi, Babilonia), nella pubblica amministrazione, nella filosofia e nella medicina che diedero avvio all’età successiva.
L’Età Classica ( 1.000 a.C. – 1.500 d.C) vide la nascita dei più grandi e potenti imperi della storia, tra i quali il greco-romano, il persiano, l’islamico e il cinese: «si osservò una globalizzazione su una scala più grandiosa, in cui gli stessi partecipanti sentivano di stare scrivendo la storia dell’umanità». Fu anche caratterizzato da alti e bassi: queste potenze erano in conflitto tra loro ma instaurarono anche un intenso interscambio culturale e tecnologico (le grandi scoperte geografiche, quella dell’America).
Durante l’Età Oceanica (1.500 – 1.800 d.C.) i grandi navigatori europei solcarono gli oceani alla conquista dell’Asia, al fine di controllare una parte del suo commercio, e dell’America, della quale sfruttarono e saccheggiarono le risorse. Una fase significativa poiché «la comprensione umana del mondo e del nostro posto in esso, l’organizzazione dell’economia globale, i centri del potere globale e le tecnologie fondamentali della società furono tutte stravolte dalla nuova era della globalizzazione oceanica». Si fece anche strada il concetto di capitalismo globale, sistema economico basato sullo scambio di materie prime, denaro e, ahimè, persone tra il Vecchio e il Nuovo Mondo e Sachs fa notare che fu un periodo molto denso di rivalità e conflitti tra le potenze europee, tra le quali spiccò l’Inghilterra.
L’Età Industriale (1.800 – 2.000 d.C.) fu caratterizzata da uno sviluppo tecnologico talmente cospicuo che elevò sensibilmente lo stile di vita delle persone in Occidente, a discapito della sofferenza di molte altre. Primeggiò l’Inghilterra, ricca di occasioni favorevoli in ambito culturale, scientifico ed economico: «l’industrializzazione autonoma decollò soltanto una volta nella storia dell’umanità, in Inghilterra nel Diciottesimo secolo e all’inizio del Diciannovesimo. Ogni altra industrializzazione da allora discende dalle tecnologie, dal diritto societario e dai meccanismi finanziari introdotti dalla svolta inglese». Questo successo scemò in seguito alle due guerre mondiali e il potere andò in mano agli Stati Uniti, i quali saranno (anzi, lo sono già) spodestati dalla Cina, nazione che si è «riscattata dalla sua condizione di estrema povertà e [che] ha creato un’economia tecnologicamente dinamica».
L’Epoca Digitale e le sue sfide
Arriva infine alla nostra epoca . Sono le tecnologie avanzatissime a mandare avanti l’economia. Dobbiamo però fare i conti con l’immenso danno ambientale e la crisi ecologica che noi stessi abbiamo provocato. In più, a causa di un precario assetto geopolitico, c’è anche il rischio di conflitti mondiali: «Ogni nuova Età della Globalizzazione è stata accompagnata da un profondo riassetto del potere geopolitico e in genere anche da guerre. Nei prossimi anni dovremmo dedicarci in modo straordinario al mantenimento della pace per evitare di ripiombare in schemi di conflitto autodistruttivi così diffusi nel corso della storia».
Tra nozioni storiche ed economiche, Sachs esplora le diverse fasi dell’umanità per cercare di comprendere il nostro presente e il nostro futuro, ora più che mai incerto. Si pone tre sfide da affrontare insieme, a livello globale: dare la priorità a uno sviluppo sostenibile, a un governo globale e alla creazione di valori universali, come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la garanzia di uno stile di vita dignitoso per tutti. Queste sfide rispecchiano i fondamentali principi etici e religiosi, come «il principio della reciprocità: non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te», «l’operazione preferenziale per i poveri», aiutare i più bisognosi, e «la tutela della creazione», difendere e proteggere il nostro pianeta. L’Autore cita anche Papa Francesco e, più precisamente, la sua Enciclica Laudata Sì pubblicata nel 2015, nella quale il Santo Padre sottolinea la mancanza di un aiuto concreto da parte della politica nel creare un mondo più sostenibile ed egualitario, poiché «lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico non riesce e trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali».
Sachs conclude l’opera con questo spunto di riflessione: «la nostra grande speranza è mettere a frutto le lezioni della storia e della nostra comune natura umana per forgiare una nuova era di cooperazione su scala globale».
© Bioetica News Torino, Febbraio 2021 - Riproduzione Vietata