L’uomo di fronte alle sue tecnologie
Presentazione generale
Nell’ambito della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nel 2014 si è costituito un gruppo di ricerca «In dialogo», nato su iniziativa di ex-studenti e docenti del Ciclo di Specializzazione in Teologia Morale Sociale, che si proponeva lo studio di questioni rilevanti di etica sociale attraverso un lavoro di ricerca da esprimersi attraverso la produzione di lavori scientifici, in vista della loro pubblicazione e/o presentazione in appositi convegni o seminari, e nella disponibilità ad offrire un servizio culturale qualificato a quanti ne avrebbero fatto richiesta.
Il gruppo, in questi ultimi anni, si è occupato della questione della scienza e della tecnica, e il volume di recente pubblicazione Scienza e tecnica. Quale potere? (Effatà Editrice) ha raccolto il contributo di alcuni docenti e studenti che hanno conseguito i gradi accademici, e la collaborazione di esperti di diverse discipline cooptati per l’occasione, tra cui alcuni membri del Centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino. Il testo, curato da Mariella Lombardi Ricci, Giuseppe Zeppegno e Santo Lepore ha visto la collaborazione di 14 autori.
L’asse portante del tema della ricerca è l’uomo di fronte alle sue tecnologie: la questione dei limiti, di ciò che è fattibile rispetto a ciò che è auspicabile o, più in generale, del futuro che stiamo costruendo per la specie umana, è stata una delle direzioni privilegiate della riflessione del gruppo.
Ogniqualvolta sviluppiamo delle conoscenze sul mondo, ci confrontiamo con una sfida paradossale tra la sensazione crescente di padronanza sul nostro avvenire e un’inquietudine sempre più profonda di essere superati dai prodotti delle nostre stesse conoscenze. In ognuno di noi coabitano un tecnofilo (entusiasta e innovatore, fiducia verso il progresso) e un tecnofobo (conservatore e tecnoscettico). Questa dinamica di attrazione-repulsione, che sicuramente non è un fenomeno recente, trova oggi un’inedita risonanza per il fatto che, forse per la prima volta nella storia, l’essere umano è in grado di modificare se stesso, sia come individuo, gruppo di individui, sia in quanto specie, nel proprio corpo e anche nella propria natura.
L’annunciata convergenza tra nanotecnologie, biotecnologie, scienze dell’informazione e scienze cognitive, denominata “convergenza NBIC”, porta in questa direzione: attraverso la comprensione, simulazione e manipolazione della materia e dell’informazione in quantità sempre più rilevanti su scala sempre più ridotta, potremmo essere in grado di modellare e, dunque, di modificare ciò che siamo e questo ad un livello molto profondo. Le aspettative e i timori già menzionati trovano, di conseguenza, un eco sempre più ampia nei media e tra l’opinione pubblica, alimentati dagli effetti di annunci spettacolarizzati.
L’urgenza di una riflessione morale su questi argomenti è palpabile poiché, beninteso, i timori sono all’altezza delle aspettative. Taluni temono questa sovrapposizione tra le frontiere, la tecno-dipendenza che spia la nostra società, la perdita della specificità dell’uomo e, a poco a poco, sorgono dei movimenti per la semplicità volontaria, critici rispetto alla tecnologia alienante nel segno di Jacques Ellul (1988)1. Sorge a tale riguardo una domanda retorica: «Le tecnologie faranno di noi dei superuomini immortali o dei vegetali assistiti da un computer?»2. È proprio in questi termini che si pone il dibattito nell’opinione pubblica, logiche contraddittorie si confrontano sul terreno della morale, ponendo così la posta a livello della comunicazione.
Se, per gli uni, modificare la natura dell’uomo è un’eresia, gli altri rispondono che sarebbe, all’opposto, immorale non sfruttare al massimo le nostre capacità tecniche per migliorare le nostre vite. Mentre alcuni temono che le tecnologie possano accrescere le ineguaglianze tra le popolazioni che vi hanno accesso e quelle che non vi hanno accesso, altri replicano che è dalla somma delle felicità individuali che scaturisce la felicità collettiva. Gli uni promettono un uomo del futuro più forte, più veloce, intelligente e quasi immortale, gli altri temono quello che essi considerano come un reietto, e cioè l’odio verso l’uomo del presente con le sue imperfezioni e la sua finitezza.
Pertanto, come affrontare tali questioni senza scivolare in uno o nell’altro eccesso, senza dar luogo ad una esaltazione sensazionalistica né ad un pessimismo disincantato? Questo è stato all’origine della ricerca l’obiettivo che si è posto il Gruppo «In dialogo» e che ha portato alla pubblicazione del volume Scienza e tecnica. Quale potere? Questo volume intende proporre al lettore una presentazione esauriente e allo stesso tempo sintetica e didattica delle implicazioni del dibattito in corso sull’uomo di fronte alle sue tecnologie.
Prima di illustrare brevemente la raccolta dei contributi pubblicati nel volume, analizziamo il mutamento socio-tecnologico che in modo esponenziale è così evidente in questo nuovo millennio.
Mutamento socio-tecnologico3
Avremmo mai potuto pensare che un oggetto tecnologico come uno smartphone avrebbe potuto contenere tutti i dispositivi per comunicare e registrare momenti di vita: telefono, videocamera, registratore, televisione, con utilizzi inimmaginabili? Cogliere l’attimo scattando una foto, registrare un pensiero o video-telefonare?
Per certi versi si tratta di cose stupefacenti, soprattutto se l’avessimo raccontate a qualcuno trent’anni fa. Oggi, invece, sembra una cosa del tutto normale, scontata. È il tipico effetto dell’utilizzo di una tecnologia: una volta entrate in uso, non la si mette più in discussione e ci sembra normale adoperarla – quando una tecnologia viene adottata non ci si chiede più perché e come funziona, ma la si dà quasi sempre per scontata. Si pensi ad esempio che le SIM card, le piccole carte che fanno funzionare smartphone, tablet e tutta una serie di dispositivi connessi, hanno oggi raggiunto una diffusione che ha superato la popolazione della Terra (7,5 miliardi di persone) e questo solo nell’arco di 28 anni. Il primo prototipo fu creato nel lontano 1991 per il protocollo GSM (Global System for Mobile Communications), era grosso come una carta di credito, oggi, invece, abbiamo le nano-Sim di pochi millimetri e capacità di traffico dati inimmaginabili quando vennero create.
È bene precisare che i fruitori dei prodotti della tecnoscienza non sono sempre meri spettatori passivi; anzi, negli anni recenti i fruitori-consumatori diventano soggetti attivi per proporre soluzioni e contribuire a precisi cambiamenti. È ormai di dominio comune il fatto che, come individui, siamo costantemente coinvolti in processi di co-produzione: specialmente quando, in veste di consumatori, digitiamo al computer richieste o partecipiamo a sondaggi di ogni genere orientando così l’offerta di informazioni, prodotti e relazioni di ogni tipo, come risulta evidente nell’utilizzo dei social network; noi lasciamo preziose tracce dei nostri pensieri e dei nostri desideri navigando in Internet, informazioni che sono utilizzate per orientare i nostri bisogni e le nostre scelte. In modo spesso inconsapevole, siamo attori di processi di cambiamento, contribuendo ad innovazioni che avranno effetti sulla dimensione umana4. La “civiltà tecnologica”5 sviluppatasi a partire dalla industrializzazione sta modificando non solo l’ambiente in cui l’uomo vive, ma vista la possibilità offerta dalla tecno-scienza in generale e dalla ingegneria genetica in particolare, anche l’esistenza stessa dell’uomo.
Durante tutta la storia dell’umanità c’è sempre stato uno stretto rapporto tra l’uomo e la tecnica, ma oggi elevato è il gradiente di sviluppo delle tecnologie e differenti sono le modalità di rapportarsi, per cui la tecnica non può essere concepita semplicemente come un docile strumento nelle mani dell’uomo, ma essa retroagisce direttamente e indirettamente sull’uomo stesso: delimita, plasma e modella le strutture morfologiche, le sue facoltà cognitive e affettive, le relazioni sociali e ambientali, le sue forme di agire e sperimentare. L’uomo non solo è l’artefice e il produttore delle diverse tecniche, ma ne è anche il prodotto, poiché queste sono tecniche di formazione corporea e identitaria dell’uomo, tali da modificare le rappresentazioni più comuni che l’essere umano, nella tradizione occidentale, ha elaborato su se stesso.
I mutamenti sociali e i prodotti dell’evoluzione stanno modificando sempre più gli stili di vita che sorreggono le pratiche quotidiane e i nostri modi di stare nel mondo: i modi che abbiamo di nutrirci e di mantenerci in buona salute; il modo di curarci e quello di intrattenere relazioni di amicizia e di amore; le procedure di nascita e i processi di invecchiamento; le forme di lavoro e quelle del tempo libero; l’ubiquità e la pervasività dei media; l’invadenza delle tecnologie sul e nel corpo; i risultati delle ricerche nel campo delle biotecnologie e delle nanotecnologie; dell’ingegneria genetica e della procreatica; della robotica e dell’intelligenza artificiale; la crescente incidenza delle neuroscienze; le incombenti crisi ecologiche.
Le odierne tecnologie stanno cambiando la nostra fisicità, il nostro modo di vivere, le nostre stesse strutture di pensiero. Si potrebbe obiettare che tutte le tecnologie innovative hanno avuto questo effetto, dalla ruota alla televisione. Ma il fatto nuovo è che le tecnologie odierne non si limitano più a potenziare il nostro fisico o i nostri sensi. Infatti, se fino alla metà del XX secolo l’approccio dell’uomo verso le tecnologie era caratterizzato da una modalità di tipo ergonomico e lo strumento era considerato un potenziatore esterno delle qualità umane, oggi le tecnologie agiscono in modo più determinante perché giocano con la forma fondamentale del nostro accesso a noi stessi e al mondo, su cui si basa la nostra identità di uomini: il corpo-cervello-mente. Tutto questo apre le strade ad un nuovo modo di percepirsi dell’uomo.
Articolazione del volume
La questione dell’uomo di fronte alle sue tecnologie è il punto di incontro di molteplici percorsi affrontati a partire dalle diverse conoscenze, tecno-scientifiche, umanistiche, filosofiche, teologiche, degli autori dei contributi raccolti in questo volume. Gli studi proposti evidenziano un legame tra diverse competenze a livello accademico o professionale degli autori e delle autrici.
La struttura generale della ricerca è articolata in quattro macro-aree. Una parte introduttiva che partendo da alcune precisazioni terminologiche prende in esame il mondo della scienza e della tecnica nella cultura contemporanea (una visione globale) caratterizzato da una cultura tecnico-scientifica e da uno sviluppo esponenziale in forte accelerazione in contrasto con un lento progresso umano (Santo LEPORE). Sempre in questa introduzione vengono evidenziate le narrazioni con cui lo sviluppo del progresso tecno-scientifico è proposto alla collettività e le implicanze che esso provoca nella vita dell’umanità (Mariella Lombardi Ricci).
Nella prima parte si analizza, sul piano fondamentale, il tema del rapporto tra la tecnica, scienza e la filosofia: antropologia e rapporto uomo-tecnica e analisi trasversale su tutti gli ambiti della scienza-tecnica che impattano sulla condizione umana. Si evidenzia inoltre che la tecnica è interpretata da molti autori contemporanei come unica fonte di salvezza e dai post-umanisti come fonte di immortalità. Si rilevano, infine, i rischi di questo procedere che, anziché favorire lo sviluppo integrale dell’uomo, finisce per disumanizzarlo (Oreste AIME, Pierpaolo SIMONINI, Paola Simone TESIO).
La seconda parte incentrata sul piano applicativo: descrizione e riflessione dei diversi settori specialistici della Scienza/tecnica che stanno permeando la società contemporanea e il vivere quotidiano dell’uomo. In particolare, considera il valore ma anche i dilemmi che alcune applicazioni che la tecnica oggi permette pongono alla riproduzione umana, alle scienze cognitive, alla comunicazione di massa, all’ecologia, alla finanza e all’educazione delle nuove generazioni (Clementina PERIS, Santo LEPORE, Monica ABBONA, Enrico LARGHERO, Pierfrancesco ROSSI, Flavio FABRIS).
L’ultima parte affronta il tema dal punto di vista della dimensione etica: offre una valutazione etica e teologica della questione (Giorgio PALESTRO, Clara DI MEZZA, Giuseppe ZEPPEGNO).
Tecnica-uomo: una relazione “intersoggettiva”6
Come abbiamo messo in evidenza nei paragrafi precedenti, il mondo del rapporto tra la tecnica e l’uomo è di una vastità non dominabile se se ne inseguono le forme molteplici. Quindi tentiamo di capire la forma di questo rapporto aiutandoci con una riflessione sul tipo di relazioni umane intersoggettive.
Le relazioni umane si possono differenziare in relazioni simmetriche o asimmetriche (chiamate anche complementari), distinzione che dipende dalla posizione assunta dai soggetti all’interno della relazione di scambio.
In una relazione simmetrica si ha un rapporto di uguaglianza tra i due soggetti: il comportamento di uno tende a rispecchiare quello dell’altro. I soggetti sono sullo stesso piano e non c’è dominanza da parte di uno dei due soggetti, sono entrambi responsabili l’uno dell’altro. Un esempio è la relazione marito-moglie: i due coniugi si stimano, si ritengono pari, si sanno ascoltare, la relazione intersoggettiva allude a forme di assolutezza della reciprocità.
In una relazione asimmetrica/complementare si ha un rapporto di differenza tra i due soggetti: il comportamento di uno tende a completare quello dell’altro. Tra i due soggetti c’è una posizione primaria e una posizione secondaria. In una relazione intersoggettiva asimmetrica uno dei due soggetti si affida all’altro che se ne prende cura, è il caso della relazione parentale genitore-figlio: responsabile è in prima istanza il genitore nei confronti dei propri figli. Nella relazione educativa c’è sempre una persona che deve trasmettere qualcosa a un’altra persona: uno dei due soggetti difetta di qualcosa di cui non dovrebbe difettare e si ritiene legittimo ridurre tale mancanza. La disparità tra educatore e educando giustifica l’instaurarsi di un rapporto di dominanza (che in una relazione parentale è “prendersi cura”) da parte del genitore.
Per traslazione simbolica immaginiamo la relazione intersoggettiva “impropria” tra la tecnica e l’uomo. Impropria perché si tratta di una relazione tra un qualcosa e un qualcuno.
Inizialmente consideriamo una relazione di tipo asimmetrico/complementare. In passato l’uomo aveva una posizione di dominanza sulla tecnica, per cui lo sviluppo della tecnica era in qualche modo sotto il controllo dell’uomo e principalmente finalizzata a rispondere ai suoi bisogni. L’uomo come soggetto e la tecnica come strumento a sua disposizione, un mezzo per il raggiungimento dei propri fini. Ma questo asservimento della tecnica all’uomo, durato millenni, ha comportato un freno alla razionalità tecnico-scientifica (secondo coloro che sono “a favore” della tecnica), e un conseguente rallentamento nella ricerca scientifica e quindi lunghi tempi allo sviluppo, all’innovazione e al progresso umano.
L’età contemporanea, denominata “l’era della tecnologia”, vede sempre una relazione asimmetrica ma i rapporti tra la tecnica e l’uomo si sono capovolti: la tecnica è in posizione di dominanza e l’uomo è ad essa subordinato. La tecnica è in grado, non solo di rispondere ai bisogni dell’uomo, ma è disponibile a soddisfare ogni suo desiderio; nuovi desideri sono continuamente generati dallo sviluppo tecno-scientifico, che libero da vincoli procede con una crescita in tempi record e in modo straordinario. Così facendo, l’uomo contemporaneo non ha alternative: qualsiasi cosa egli faccia si è già sempre piegato agli imperativi della tecnica. Oggi il mezzo tecnico si è così ingigantito in potenza ed estensione da ridurre l’uomo a funzionario dell’apparato tecnico. Così la tecnica da mezzo è diventato fine, non perché la tecnica si proponga qualcosa, ma perché tutti gli scopi e i fini che l’uomo si propone non si lasciano raggiungere se non attraverso la mediazione tecnica. Ma se il mezzo tecnico è la condizione necessaria per realizzare un fine che non può essere raggiunto prescindendo dal mezzo tecnico, il conseguimento del mezzo diventa il vero fine che tutto subordina a sé. Questo sta a significare il dominio e controllo totale della tecnica, e per coloro che hanno una posizione “contro” la tecnica, questo costituisce una minaccia, e vedono il rischio dell’annientamento e dell’autodistruzione dell’uomo.
Ma in questa relazione tecnica-uomo, l’uomo è il solo interlocutore in grado di avere una iniziativa responsabile e libera; l’uomo è libero di rispondere alle offerte della tecnica nel modo di “contraccambiare” (corrispondere) o rispondere come “contrapporsi” (confliggere)7.
Non c’è da stupirsi di questa possibile alternanza, le relazioni hanno una forma fluida, perché se fossero rigide e ripetitive potrebbero essere patologiche: sarebbe opportuno che una stessa relazione sia in certi momenti simmetrica e in altri asimmetrica. Ritorniamo, per chiarire questa affermazione, alla relazione umana marito-moglie. Tra due coniugi può esserci una relazione simmetrica sana: si stimano, si ritengono pari, si sanno ascoltare, si rapportano nel modo di “contraccambiare” (corrispondere). Tuttavia, anche a loro capiterà di litigare e discutere! I due inizieranno a discutere sempre più animatamente fino ad entrare in competizione e a rapportarsi nel modo di “contrapporsi” (confliggere). Il litigio terminerà quando si sentiranno stremati fisicamente o emotivamente, e ci sarà un allontanamento temporaneo, uno stato di tregua inquieta, fino al ristabilirsi di un rapporto accettabile e forse una chiarificazione. Ciò che è accaduto è buono: queste due persone in fondo hanno accettato e confermato i rispettivi Sé.
Operando la traslazione simbolica, la relazione tecnica-uomo sta vivendo una fase di “litigio” e “allontanamento”, diversi sono gli atteggiamenti dell’uomo nei confronti della tecnica, a favore o contro, si tratta di trovare “una via media”: respingendo la supremazia della tecnica ma anche l’arbitrario rifiuto di ogni forma di intervento della tecnica. Occorre proporre con convinzione il principio responsabilità e il principio precauzione indispensabili per ristabilire i rispettivi ruoli nella relazione e un equilibrio nel rapporto tra la tecnica e l’uomo al fine di salvaguardare il futuro dell’umanità. Quindi solo l’uomo, responsabile e libero, ha la facoltà di ridurre, nella misura massima possibile, l’asimmetria relazionale e di riportare questa relazione asimmetrica nell’alveo di una relazione simmetrica.
Note
1 ELLUL J., Le bluff technologique, Paris, Hachette, coll. «La force des idées», 1988
2 LA PORTE (DE) Xavier, L’homme, une machine comme les autres?, «Beaux Arts Magazine», 2013; 346 (avril): 34
3 LEPORE S., «Abitare la tecnica. Nanotecnologie e scienze cognitive», in LOMBARDI RICCI M. – ZEPPEGNO G. – LEPORE S., Scienza e tecnica. Quale potere?, Effatà Editrice, Cantalupa (Torino) 2019, 175-177
4 G. PELLEGRINI, «Tecnoscienza, democrazia deliberativa e relazionalità», in Sophia. Ricerche su i fondamenti e la correlazione dei saperi 1(2013, 105-116
5 H. JONAS, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 2009
6 LEPORE S., Sviluppo tecno-scientifico e progresso umano, in LOMBARDI RICCI M. – ZEPPEGNO G. – LEPORE S., Scienza e tecnica. Quale potere?, Effatà Editrice, Cantalupa (To) 2019, 29-31
7 C. VIGNA, «Responsabilità e precauzione», in L. MARINI – L. PALAZZANI (a cura di), Il principio di precauzione, 28
LOMBARDI RICCI M. – ZEPPEGNO G. – LEPORE S. (edd)
Scienza e tecnica. Quale potere?
Collana «Studia Taurinensia»
Effatà, Cantalupa (To) 2019, pp. 325
€ 24,00
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