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95 marzo-aprile 2023
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Il Libro. «L’etica di fine vita» di F. Turoldo


La nuova edizione del noto saggio di Turoldo, aggiornata con le ultime acquisizioni proprie del dibattito bioetico (leggi DAT, suicidio assistito e bioetica d’emergenza causa pandemia) si presente sin da subito come un’agile strumento capace di donare al lettore una completa panoramica sull’affascinante ma complesso dibattito bioetico contemporaneo.

Trattare l’argomento del fine vita è un compito arduo, specie in un contesto come quello attuale, dove le parole e i termini utilizzati non sono sempre supportati da un preciso e solido background semantico. Richiamandosi alla nota affermazione di uno dei padri fondatori della bioetica del XX secolo, W. T. Reich:

Un bel principio a nostra disposizione dice che non siamo obbligati ad usare metodi terapeutici non sproporzionati. Bene, questo è un limite, ma l’etica dei limiti presuppone qualcosa che riguarda l’etica che non è dei limiti e che fa emergere invece la domanda centrale: perché prendersi cura della vita umana […] cos’è in definitiva che ci lega tanto l’uno alla vita degli altri da spingerci ad assumere responsabilità l’uno verso l’altro? Questo è quello che io chiamo il centro (pp. 5 – 6)

Intendere la bioetica come sapere dei limiti, precisa l’Autore, rende possibile il rischio di dimenticare “il centro” del suo interesse, ossia l’uomo, la sua salute e il suo benessere, il rispetto della sua natura, che mai deve essere dimenticato e messo in secondo piano, anche in quelle situazioni ove “il limite” rende difficoltoso mettere a fuoco il nostro oggetto di indagine, ovvero la persona che ci si trova d’avanti. E che soffre.

TUROLDO L'etica di fine vita 2021
Testo di F. Turoldo, Città Nuova, Roma, 2021, n. ediz.

Dagli anni Cinquanta del secolo scorso compaiono nelle strutture ospedaliere i reparti di terapia intensiva. Alle dicotomie riferite alla persona morente, malato/non malato, vivo/morto si aggiungono molteplici interrogativi circa il modus operandi da attuare: accanimento terapeutico? Staccare le spina? Tenere in considerazione eventuali disposizioni anticipate di trattamento? Mantenere un certo tipo di speranza?

Non è facile. In queste situazioni limite, suggerisce l’Autore, sarebbe saggio recuperare la dimensione olistica del paziente che, in una situazione particolare e difficile com’è appunto il fine vita, è investito da un “dolore totale”, non solo meramente fisico, ma anche psicologico e spirituale. In tale situazione, visto che il to cure diventa impossibile, è necessario ritornare al quel “centro” citato poco sopra, dove il to care, olisticamente inteso, diventa strumento privilegiato e necessario per accompagnare, rispettare e valorizzare ciò che resta di umano nel paziente.

© Bioetica News Torino, Aprile 2023 - Riproduzione Vietata

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