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3 Novembre 2012
Bioetica News Torino novembre 2012

Il libro “Io sono qui: il mistero di una vita sospesa”

Articolo di Paolo Perazzolo, Il cielo in una stanza, in «Vivere in Armonia Club3», Gruppo Periodici San Paolo, luglio 2012, pp. 34-36


Fin dalle prime righe, il lettore viene preso dalla sensazione che l’avventura che sta per iniziare sia di quelle fondamentali, di quelle che danno senso alla nostra esistenza. Per questo, ogni parola viene pesata, depurata di qualsiasi forma di retorica; ogni frase deve essere pregna di ciò di cui è tramite. Passo dopo passo, pagina dopo pagina, cresce il sentimento di aver intrapreso un viaggio che condurrà, delicatamente e con pudore, al cuore della vita, al centro di un mistero che ci sovrasta e ci sfugge continuamente, ma che ci riguarda nel profondo.

Giornalista e scrittrice di lunga esperienza e grande sensibilità, con Io sono qui Mariapia Bonanate ha scritto un libro che le è costato molto: solo il desiderio di accompagnarci, con la forza della sua esperienza personale e la sua capacità comunicativa, in questo luogo misterioso ed essenziale l’ha convinta a farlo. Come una sorta di Beatrice che si fa guida di Dante nel pellegrinaggio della Divina Commedia.

«Sono passati sei anni da quando un ictus, alla base dell’albero cerebrale, ha separato in modo irreversibile il prima dal dopo. Dieci lunghi, insostenibili mesi d’ospedale. Poi la difficile scelta: affidarti a una lunga degenza o riportarti a casa. Separarci nella quotidianità del vivere o iniziare con te un’avventura al buio. Che cosa era meglio?». Sembra che l’autrice si rivolga a Danilo, il compagno di una vita, lo sposo cui il libro è dedicato, l’uomo «che la sindrome Locked-in ha lasciato ai confini fra la vita e la morte… Un’invalidità rara, forse cinquecento casi in tutt’Italia. Poco conosciuta dagli stessi medici».

Danilo torna a casa, «collegato a macchine che il progresso della medicina ha costruito». La mente consapevole, ma paralizzato e senza una parola. Una decisione difficile: «Un bene o un male? Sarebbe giusto, sarebbe saggio “staccare la spina” per porre fine a una vita innaturale? Che senso ha la tua esistenza, ridotta a una sopravvivenza, così misteriosa?».

Comincia, per Mariapia e la sua famiglia, una fase nuova, nella quale l’ingresso nella stanza dove “riposa” Danilo assume il valore dell’ingresso in una dimensione diversa, al confine fra la vita e qualcosa che non conosciamo […]. Dopo aver passato una vita a cercare gli uomini e i loro racconti sulle strade della storia, Mariapia vede la gente entrare in quella stanza, a visitare, conoscere, contemplare il suo “Cristo velato”. Il mondo a lungo cercato e inseguito irrompe in quel luogo che diventa per forza sacro. Amici, sacerdoti, conoscenti, volontari, oltre ai familiari gravitano attorno a un sole che, a dispetto delle apparenze, emana luce e calore. Un motore immobile che attira verso di sé.

Ha inizio anche una fase nuova del rapporto coniugale, perché fra quell’uomo e quella donna che si sono scelti e amati per una vita il dialogo non cessa mai definitivamente. Si annuncia un’intimità, persino una sensualità inedita, costruita sugli sguardi, le sensazioni, i contatti. Vibrazioni ed emozioni da un corpo all’altro, da un’anima all’altra. Provata dalla situazione e dalla sofferenza, anche Mariapia sente erompere nella sua anima un nuovo impulso, questa volta verso l’esterno, ad abbracciare tutti gli uomini di tutto il mondo segnati dal dolore, dall’ingiustizia, dalla morte, dalla disperazione. Il “male” personale si tramuta in solidarietà con chiunque sia ferito dal “male universale”. E grazie a questo abbraccio, non c’è dimenticato, emarginato del mondo, con c’è uomo della folla delle Beatitudini che non entri spiritualmente nella casa, nella stanza del “Cristo velato”.

Quattro pareti che agli occhi del mondo esprimono solo dolore, rassegnazione, morte, ospitano il mondo, il cielo abita proprio lì. E per chi sa riconoscere l’immensità di quella stanza si aprono nuove scoperte, nuove avventure, nuove esplorazioni in un territorio vasto e sconosciuto, che resta invisibile a noi che non abbiamo tempo per fermarci. In questo regno dell’invisibile, Mariapia scopre ad esempio che il silenzio è generoso di parole se solo lo sappiamo ascoltare […].

Non è facile, ma tormentato e pieno di cadute questo viaggio verso il mistero e l’invisibile. Per affrontarlo, Mariapia ha trovato un’alleata preziosa in Etty Hillesum, la ragazza ebrea di ventinove anni scomparsa ad Auschwitz che ci ha lasciato un Diario che è davvero un patrimonio dell’umanità per la ricchezza umana e spirituale racchiude.

Quelle pagine, già lette in passato, assumono ora significati nuovi e dischiudono orizzonti inimmaginabili. Emerge un’affinità profonda fra le due donne: entrambe sono state messe alla prova dalla vita ed entrambe hanno dovuto trovare una risposta al male che si dispiegava davanti ai loro occhi. E come Hillesum ha saputo scovare, dentro di sé, la meraviglia della vita persino nell’orrore di un lager nazista, così anche Mariapia ha saputo vedere il cielo nella sua stanza […].

Questo è il mistero: che la nostra esperienza umana non è né sola luce né sola tenebra. E questa deve essere la nostra fede di uomini: che anche nella tenebra più buia si nasconde la possibilità di uno scintillio che può cambiare il corso delle cose, che il male non è l’ultima parola. «Una volta è un Hitler, un’altra è Ivan il Terribile, per quanto mi riguarda …, in un caso è la rassegnazione, in un altro sono le guerre, o la peste e i terremoti e la carestia. Quel che conta, in definitiva, è come si porta, sopporta, e risolve il dolore, e si riesce a mantenere intatto un pezzetto di anima», scriveva Etty Hillesum in un passaggio del suo Diario riportato in Io sono qui.

«Sì, Etty, quel che conta è come si riesce a convivere con il dolore. Senza perdere la speranza», le fa eco Mariapia.

BONANATE M.

Io sono qui: il mistero di una vita sospesa

Mondadori, Milano 2012,
pp. 116 – 17,50 Euro

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