Nella produzione letteraria di questi ultimi mesi un testo particolarmente interessante e significativo è quello di Carla Corbella, docente di Teologia Morale presso la Facoltà Teologica di Torino. Il titolo Identità sessuale. È possibile un io felice? richiama ad un argomento estremamente delicato e complesso sul quale molto è stato detto e scritto, ma, troppo spesso, in modo superficiale, ideologico e contradditorio. Prezioso si rivela pertanto l’intervento competente, ponderato ed equilibrato della teologa torinese alla quale poniamo alcune domande nodali per far luce sulle relative problematiche antropologiche, sociali ed etiche.
Docente di Etica della Vita presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale- sezione parallela di Torino
INTERVISTA
D. Professoressa, viviamo nell’epoca che sta riscrivendo alcuni parametri della nostra vita. Tra gli ambiti che sono sottoposti a ridefinizione, alcuni riguardano la parte più personale e intima di noi stessi: la nostra identità e, in particolare, la nostra identità sessuale. Nel turbinìo degli albori del Terzo Millennio come è mutata la sessualità?
R. È sotto gli occhi di tutti come le giovani generazioni abbiamo una percezione cangiante e fluida della propria identità sessuale. La distinzione binaria, maschio e femmina, sembra essere superata. Ognuno è libero di essere ciò che ritiene meglio spaziando in una miriade di possibilità. Per essere concreti: immaginate che si può giungere fino a definirsi a agender cioè letteralmente “senza genere”.
Senza, cioè, riconoscersi in un genere classificabile come femminile o maschile e senza identificarsi con alcuna identità di genere. Tutte le idee e possibilità sembrano essere possibili. Emergono in questo mare magnum altrettanti stile di vita e comportamenti conseguenti. Le possibilità biotecnologiche nella manipolazione del corpo e l’esaltazione della libertà individuale fanno il resto.
D. In questo mosaico di atteggiamenti e ideologie uno in particolare catalizza maggiore attenzione. Cos’è “l’universo gender”?
R. Si parla molto di gender: universo gender, cultura gender, identità gender ecc. Più difficile definire cosa esprima questo vocabolo e a quale realtà concreta si riferisca. Infatti il termine fa da contenitore a teorie solo in parte simili. Per sintetizzare all’estremo si può dire che gender indica la rappresentazione psicologico/simbolica, il condizionamento sociale, la costruzione culturale delle identità maschile e femminile.
In parole semplici sesso e gender esplicitano nel particolare la più ampia contrapposizione tra natura e cultura. È bene precisare che la questione del “genere” non è solo materia per un dibattito culturale. È soprattutto un modello socio-culturale sempre più condiviso, entrato nell’immaginario collettivo che evidenzia come, nella storia, la differenza sessuale abbia sempre seminato discriminazione e intolleranza mentre la scelta del proprio orientamento offra la possibilità della pace nelle condizioni di uguaglianza e parità tra uomini e donne.
D. Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi – cita il Proemio della “Gaudium et spes” – sono accolte e fatte proprie dalla Chiesa nell’intima unione con l’intera famiglia umana. Partendo da tali presupposti, come si esprime il recente Magistero su tali complesse e delicate tematiche?
R. Da sempre il Magistero è attento ad indicare agli uomini e donne l’amore di Dio per loro e ad invitarli a rendere concreto questo stesso amore. Così si vive da figli di Dio e da fratelli tra noi.
È la proposta di una vita nella comunione. Da qui le indicazioni anche concrete che il Magistero e lo sua dottrina hanno proposto nel tempo. Oggi assistiamo ad un evidente cambio di atteggiamento e soprattutto di linguaggio nell’esprimere questo processo di crescita nella capacità di amare. I recenti documenti e le dichiarazioni di papa Francesco si esprimono con grande attenzione e rispetto per le persone che vivono situazioni identitarie diverse e la cui sessualità non trova espressione nella dimensione binaria.
D. Tra le molteplici strade da percorrere, un posto di rilievo deve essere riservato alla dimensione culturale e pedagogica. Quale educazione sessuale è possibile?
R. Nonostante il senso di smarrimento che sempre più genitori ed educatori sperimentano a questo livello, un’educazione sessuale promettente è possibile. Occorre partire dalla situazione concreta che, volere o no, coinvolge tutti noi e non solo i giovani. E la presentazione di meri contenuti della morale cristiana mostra i suoi limiti. Conoscere ciò che è bene non equivale a vivere in modo buono.
Piuttosto pare decisiva la relazione che veicola i valori. In parole semplici: i giovani apprendono e vivono ciò che apprendono solo se coinvolti in una relazione significativa. Solo se l’adulto è maestro e testimone l’educazione può indicare la strada dei valori come buona e bella da percorrere anche per sé.
D. Parafrasando il sottotitolo del suo testo, la domanda più difficile: è possibile un “io felice” ?
R. È possibile. Certamente occorre intendersi su cosa consista l’esperienza di felicità. Se quest’ultima consiste nel sentirsi accolti e voluti bene nell’unità della propria persona, in quanto tu esistente nel mondo, allora ognuno può essere felice amando l’altro così.
L’esperienza dell’accoglienza a tutto tondo della propria persona, senza se e senza ma, consente una fiducia e libertà interiore altrettanto profonde per amare l’altro allo stesso modo. Proprio in questa fiducia e libertà si può cogliere il nucleo della propria felicità.
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