e nell’epoca della comunicazione si restringe sempre di più il campo delle cose
che si possono dire liberamente, c’è una sorta di polizia del pensiero
Costanza Miriano, Diario di un soldato semplice, 2018
Si vive di fittizie e logoranti libertà, questo si sa, è l’assioma dei giorni nostri, il fardello di una società patinata ignara della propria confusione che risolve nell’espletamento di qualsivoglia capriccio materiale o carnale ogni dilemma dell’essere; la sublime sensazione di potere nel fare ciò che si vuole, quando si vuole, con chi si vuole senza limite alcuno. Tradizione, famiglia, castità e obbedienza sono i nuovi tabù, àncore ancestrali che non permettono alla nave del progresso di lasciare il porto.
È la Dea Libertà, vitello d’oro dell’era contemporanea che cela dietro la sua scintillante maschera conformismo e nuove coercizioni, che intende ridimensionare la giornalista televisiva (e convinta cattolica) Costanza Miriano, attraverso una lunga serie di libri sul tema, l’ultimo dei quali è Diario di un soldato semplice – Il Signore ama vincere con un piccolo esercito, uscito nel 2018 ed edito dalla sua casa editrice di fiducia, Sonzogno.
Il volume è una raccolta degli articoli più rappresentativi del pensiero della giornalista (nonché madre di quattro figli) estrapolati dal suo seguitissimo blog dichiaratamente cattolico e orgogliosamente pro-tradizione, aperto nel 2011 e che da subito ha suscitato disappunto e avversione tra la popolazione europea, in particolar modo quella spagnola, che ancora non sembra essersi ripresa dallo scandalo causato dal provocativo Sposati e sii sottomessa, uscito nello stesso anno.
«Il Signore ama vincere con un piccolo esercito», scrive Miriano nel titolo; difatti sono rimasti in pochi gli instancabili e irriducibili difensori degli ultimi baluardi cristiani, impegnati in una guerra ideologica che ormai pare impossibile vincere. Dopotutto sono soldati semplici, più avvezzi a morir di noia che sotto le armi, che a un furioso “l’utero è mio e me lo gestisco io!” urlato nelle piazze ribattono con il consueto candore “Non quando ci vive qualcuno dentro”, per finire con una raffica di Family Day e un ispirato discorso papale a suggellare il tutto. D’altronde lo si deve riconoscere, non è facile tentare di far ragionare una generazione cresciuta a pane (quello in cassetta del supermercato, s’intende) e social network, con nelle orecchie il frastuono dell’ennesimo slogan pubblicitario sul sesso sicuro e negli occhi l’immagine sempreverde della modella di turno in lingerie. Non sarà forse che, si chiede Miriano, accecati dal bagliore ipnotico della voluttà facilmente raggiungibile ci si è dimenticati l’importanza del desiderio? Colpa della generazione del ’68, scrive amareggiata l’Autrice, se contraccezione e amore libero sono diventate le parole d’ordine del nuovo millennio.
Un contesto culturale che di umano ha conservato ben poco, afferma Miriano, riferendosi in particolar modo ad aborto e utero in affitto: «Se pensiamo di essere in grado di decidere noi quando e se dare la vita, è molto probabile che vinca la paura, o almeno la prudenza. Che non si butti il cuore oltre l’ostacolo» e ancora: «Nessuno qui condanna il desiderio di maternità o paternità, ci mancherebbe. Ma i figli non sono un diritto, sono un dono, e se la scienza ci può aiutare è chiaro che deve avere dei limiti […] (su due persone dello stesso sesso che vogliono avere un figlio) Quando cercano di ottenere dei bambini, non per dargli una famiglia, ma perché li desiderano loro, devono fare delle cose che fanno stare male tante persone: le mamme che prestano la pancia, quelle che danno l’ovetto, i babbi che “donano” il seme da mettere dentro, e soprattutto i bambini che non sapranno mai da quale storia vengono, non sapranno che facce avessero i nonni e che lavoro facessero i bisnonni, e poi avranno due mamme, due babbi, insomma una gran confusione, dove a rimetterci sono i bambini.»
Una voce decisamente fuori dal coro, quella di Costanza Miriano, rea forse di aver sottovalutato l’incredibile complessità della società odierna, così all’avanguardia eppure con le stesse paure di sempre, detentrice di armi meravigliose quanto pericolosissime e probabilmente ancora troppo “umana” e fallace per saperle gestire appropriatamente; difficile discernere il limite etico entro il quale ci si può spingere, se la realtà a cui si fa riferimento è ancora in piena ridefinizione.
Miriano si scaglia anche in difesa delle differenze di genere, che vanno assottigliandosi sempre più a favore di un progressivo (e sconvolgente, a suo parere) allineamento tra i sessi:
Bandito, però, tutto ciò che non rientra nelle categorie di “maschile” e “femminile”, transgender e gender fluid per primi: «Questa per me è la chiave: sono i genitori a trasmettere l’identità sessuale, e se in loro questa non è definita e armoniosa può succedere che anche il figlio non l’abbia chiara.»
Viva le diversità, quindi, ma fino a un certo punto. Dopotutto non si è ancora comprovata l’origine genetica dell’omosessualità, come ci ricorda Miriano, quindi ogni teoria è lecita. Questo, dunque, il nodo della questione: la donna si comporti da donna e l’uomo faccia altrettanto (si ha bisogno di capisaldi a cui aggrapparsi, in fin dei conti, quando il mondo intorno a noi, così come l’avevamo conosciuto, trema e si sgretola).
In conclusione, si può definire Diario di un soldato semplice un’interessante e un po’ anacronistica dissertazione a tema sociale di stampo chiaramente cattolico e squisitamente naif, capace di bilanciare la complessità delle argomentazioni trattate con una prosa agile e snella che rende scorrevole la lettura. Divertenti le gag familiari raccontate, anche se un po’ ridondanti, e apprezzabile utilizzo dell’autoironia. Da leggere con una raccomandazione: accantonare i pregiudizi.
MIRIANO C.
Diario di un soldato semplice
Il Signore ama vincere con un piccolo esercito
Sonzogno (VE) 2018, pp. 299
€ 16,00 (cartaceo); € 9,99 (e-book)
© Bioetica News Torino, Febbraio 2019 - Riproduzione Vietata