L’ultima fatica cinematografica di Juan Diego Botto, Tutto in un giorno (2023), è una vera e propria denuncia su un tema molto spinoso, quello degli sfratti, che in modo diverso entra nelle vite dei protagonisti della storia corale. In primo c’è la splendida Penelope Cruz, qui nel ruolo della giovane madre Azucena, che ha 24 ore di tempo per riuscire a tenersi la casa in cui vive. Altri due intrecci si legano a quello che potremmo definire principale: c’è la storia di Rafa, avvocato incapace di gestire sia il lavoro che la vita privata; e c’è Teodora, una madre anziana il cui figlio l’ha mandata in rovina e che ora rischia lo sfratto.
Botto sceglie spesso primi e primissimi piani dei suoi protagonisti, per mostrare al pubblico la disperazione nei loro occhi. Straordinaria l’interpretazione della Cruz, che come al solito riesce a immedesimarsi totalmente nei personaggi che interpreta. Nei suoi sguardi c’è tutto il dolore, tutta la preoccupazione di non riuscire a impedire lo sfratto imminente e di non poter garantire a suo figlio un’infanzia serena.
Il regista indugia forse un po’ troppo sulla storia di Azucena (Cruz) e finisce per relegare in secondo piano le altre storie, quasi come fossero meno importanti. Nonostante le disparità di trattamento (comprensibili, dal momento che la Cruz è pur sempre una star mondiale), al film va riconosciuta l’intenzione di voler portare sotto i riflettori una problematica sociale tuttora molto pressante e diffusa, spingendo lo spettatore all’interno di ogni singola storia, tanto che non immedesimarsi con i protagonisti diventa quasi impossibile. Questo nonostante il ritmo a tratti troppo frenetico, che spesso rende difficoltoso il giusto e doveroso svisceramento di un dramma così attuale.
© Bioetica News Torino, Aprile 2023 - Riproduzione Vietata