La Storia Vera di Jeff Bauman
Boston, 15 aprile 2013. In una tranquilla giornata di primavera, durante la Maratona, la città viene sconvolta da un attacco terroristico di matrice islamica che getta l’intera popolazione statunitense nell’angoscia e nel terrore. Il giovane Jeff Bauman si trova sul posto vicino al traguardo, per sostenere l’ex fidanzata di cui è ancora innamorato, tra le partecipanti alla Maratona. A seguito dell’esplosione di due bombe artigianali, il ragazzo subirà l’amputazione degli arti inferiori riuscendo però a diventare un eroe nazionale e simbolo della lotta al terrorismo: è grazie a lui, infatti, che gli attentatori verranno identificati e catturati.
Tratto da una storia vera e acclamato all’ultima «Festa del Cinema» di Roma, che vantava tra gli ospiti d’onore anche il protagonista del film, l’eterno “bravo ragazzo” Jake Gyllenhaal, per cui si pronosticava addirittura una nomination agli Oscar, Stronger – Io Sono Più Forte porta nelle ormai spopolate sale italiane un tocco di ispirazione e drammaticità di cui si sentiva davvero la mancanza, in un periodo dell’anno in cui spadroneggiano commedie di basso livello e vecchi cult riportati in vita con scarso entusiasmo da svogliati autori.
Con Stronger1 il regista David Gordon Green cerca il riscatto dopo un dimenticabile periodo passato a girare film di serie B su commissione, riportando sotto i riflettori la sempreverde storia dell’eroe americano che sfida e vince le avversità della vita grazie alla propria tenacia e forza d’animo.
La trama accattivante c’è, gli attori di talento anche; eppure il film, seppur a tratti molto commovente e introspettivo, fatica a decollare a causa di un ritmo deplorevolmente poco incalzante e momenti morti in cui succede poco che avrebbero necessitato di una spuntatina in più in sala montaggio.
C’è da dire che il racconto freddo e distaccato della storia non permette allo spettatore di entrare in piena sintonia con il protagonista, di cogliere fino in fondo il dramma psicologico da lui vissuto, relegandolo al semplice ruolo di voyeur.
Jake Gyllenhall, tuttavia, è splendido nella parte e mostra con ammirabile scioltezza le sue doti attoriali, continuando a rincorrere quell’ambito Oscar che, sebbene sfiorato con I Segreti di Brokeback Mountain nel lontano 2005, appare ad oggi sempre più lontano (neanche una nomination per quest’ultima interpretazione, un vero peccato). È lui, senza dubbio, la vera carta vincente della pellicola.
Particolarmente interessante quanto sconcertante è la rappresentazione cruda e priva di eufemismi della tipica famiglia disfunzionale americana, incarnata in questo caso dalla madre di Jeff: l’iniziale compassione verso il figlio viene presto sostituita da un interesse quasi morboso verso i media e il loro consueto atteggiamento sensazionalista, capace di trasformare ogni tragedia in un romanzo strappalacrime.
Regia e fotografia conservano fino alla fine un tocco delicato, accarezzando ogni scena con garbo e rispetto. La sceneggiatura è poco marcata e viaggia costantemente (purtroppo) su binari prestabiliti, senza dare adito a particolari spunti di riflessione.
In sostanza, si può definire Stronger una storia di resilienza, che ci ricorda che nessuna caduta è definitiva se si hanno il coraggio e la forza di rialzarsi.
Dopotutto è pur vero che nessuno nasce eroe, ma tutti possono diventarlo.
© Bioetica News Torino, Settembre 2018 - Riproduzione Vietata