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92 Ottobre 2022
Speciale Sviluppo sostenibile e green economy Tra luci e ombre

Il Film. «Siccità» di P. Virzi

L’ultimo film di Paolo Virzì, è un’opera distopica che intende fare riflettere lo spettatore sui danni irreparabili che l’uomo sta apportando al pianeta. Un film che fa pensare, quindi, ma che mette anche molta inquietudine su ciò che ci aspetta in un prossimo futuro.

Si tratta di una pellicola non nuova come tematiche (dopotutto anche il recente Don’t look up con Leonardo Di Caprio ha scandagliato a fondo il problema della crisi climatica) ma assolutamente innovativa per il cinema italiano, che solitamente si focalizza su commedie leggere o drammi familiari molto pesanti.

D’altronde questi sono tempi in cui si fa fatica a pensare ad altro se non al caro bollette e alla crisi del clima. Come paventato da molti esperti, il mondo che abbiamo sempre conosciuto sta cambiando e l’essere umano è sempre meno un benvenuto. Ma l’ha voluto lui stesso, dopotutto.

Nel film vediamo una Roma irriconoscibile, dove non piove da anni e non c’è più acqua corrente. La spazzatura è ovunque e il Tevere è ormai prosciugato. È quasi impossibile riconoscere la città eterna, martoriata dalle catastrofi ambientali. Non mancano, neanche in questa realtà distopica, i ricchi e i poveri. I primi intenti a privatizzare qualsiasi cosa pur di mantenere il loro status symbol; i secondi sempre più in difficoltà, impegnati in lavori umili pur di ricavare qualche spicciolo con cui vivere (come il personaggio di Valerio Mastandrea, che da autista privato si è dovuto arrangiare a taxi pubblico dopo il divieto delle auto blu).

Un senso di occlusione e mancanza di ossigeno permea l’intero film ed è impossibile non uscire dalla sala con un peso enorme nel cuore e nella testa. «Le prime righe della sceneggiatura sono state scritte mentre eravamo in casa bloccati dal lockdown imposto per la pandemia», ha raccontato Virzì. «Con gli altri sceneggiatori ci interrogavamo sul senso del nostro mestiere e sentivamo che un grande punto interrogativo si era posizionato sulle nostre vite. E per questo eravamo interessati a raccontare quello che stava accadendo, anche in termini ambientali, attraverso un dispositivo metaforico sulla realtà che era stata riformulata dal Covid. Abbiamo partorito una visione che poteva suonare come fantascientifica e invece ci siamo accorti che stavamo ragionando, in realtà, sull’attualità. Abbiamo immaginato che fosse un’ottima occasione per riflettere su noi, su come reagiamo di fronte all’emergenza ambientale».

A salvarci, secondo Virzì, saranno i giovani grazie al loro straordinario impegno umanitario.

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