Critica cinematografica di Gianluca Arnone, Marguerite di Xavier Giannoli, in http://www.cinematografo.it, 17 settembre 2015
Sul suo volto la bellezza è un tesoro sfiorito, ma la voce non l’ha mai tradita. Lei in effetti non ha mai saputo cantare. Si è sempre creduta una grande soprano – o al limite una mezzo soprano, deve ancora capirlo – cullata in questa confortevole menzogna da una corte di meschini turiferi (dal marito, un nobile decaduto che ha venduto il suo titolo alla ricchezza materiale di lei, agli artisti frustrati e in rovina che vogliono spillarle denaro).
Quella fama che si era sempre immaginata, immortalandola persino in un fotoritocco in cui appare agghindata con costumi di scena è una cosa patetica ma non ridicola. Suscita compassione. Soprattutto quando poi arriva l’inevitabile resa dei conti. La scoperta di essersi – ed essere stata – sempre ingannata.
Non è difficile scorgere in Marguerite1, questa storia ambientata negli anni ’20 e ispirata alla vicenda dell’ereditiera Floence Foster Jenkinses a suo modo degna ed esemplare, un’allegoria tutta francese, di grandeur a lungo vantate e smarrite in un solo momento. Facendo proprio quella faccia lì, tra l’ottuso e l’attonito. Smorfia di dolorosa, abissale incredulità. Povera Francia.
È il graffio che da uno come Xavier Giannoli ci si aspetta. Uno che ama il suo Paese a tal punto da trattarlo male. Come quando affida all’inascoltabile chanteuse l’esecuzione di una Marsigliese mai così terrificante. E che dire delle arie maltrattate dalla nostra? Non risparmia nessuno, da Mozart a Verdi, da Leoncavallo a Puccini. E anche tra i suoi finti cultori c’è poco da salvare: ipocrisia, meschinità, cinismo, prostituzione morale. La sensazione è che questa grande commedia in costume, umana più che musicale, a tratti esilarante, sempre intimamente partecipe, spesso e volentieri cattiva, perfetta nelle battute e nei tempi e negli allestimenti scenici, nasconda altro. Tanto altro. Che sia sempre più intelligente e raffinata di quanto non appaia.
E avvertiamo l’inno autentico e gioioso al potere trasfigurante dell’arte, che non dimentica (anzi) le meschinità, gli equivoci e la mediocrità dei suoi interpreti.
Sentiamo il tenero e commosso abbraccio al candore della protagonista, la magnifica Catherine Frot (ma che dire di tutti gli altri? Splendidi, ecco), lei che è la felicissima nota stonata di una società perbenista, l’involontaria eroina dada del ribellismo antiborghese, l’idiota della lirica con un cuore che è un capolavoro d’amore. La donna che tra il sognare la propria vita e realizzarla scelse – non potendo fare altro – la prima. Una moglie innamorata immensamente del marito, che morirebbe per un po’ delle sue attenzioni. La protagonista di uno splendido melo, che volge ogni sorriso in lacrima e viceversa. La mancanza fatta pienezza. Ad avercene di talenti così.
Marguerite di Xavier Giannoli, a colori, 127’, Francia – Repubblica Ceca Belgio 2015
Note
1 Commedia ambientata negli anni venti del Novecento diretta dal francese Xavier Giannoli che ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con Marcia Romano, e con la partecipazione di Catherine Frot, Michel Fau e André Marcon. Nell’ambito della 72° biennale di Venezia (2015), tra i film in concorso, alla pellicola è stato assegnato il Premio Padre Nazareno Taddei. È la storia di un donna molto ricca che fa della musica la sua passione di vita. Nonostante non abbia talento i conoscitori di musica che la ascoltano al suo castello si prenderanno gioco di lei fino a indurla con i loro falsi applausi ad esibirsi in un vero recital.
È una produzione di Fidelitè Films in collaborazione con Gabriel inc., France 3 Cinéma, Sirena Films, Cn5 Productions e con Associazione Memento Films Distribution. Distribuito da Movies Inspired il film è nelle sale italiane dal 17 settembre.
Valutazione critica: 4 stelle/5.
Per scheda tecnica: http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/marguerite/60296/
© Bioetica News Torino, Settembre 2015 - Riproduzione Vietata