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80 Luglio - Agosto 2021
Speciale Oltre la pandemia: A lezione dal COVID per un futuro migliore

Il Film. “La Felicità degli Altri” di Cohen D.

Siamo lontani dai toni della classica commedia francese e dall’educato umorismo che aveva contraddistinto la commedia di Daniel Cohen fino a Chef (2012). Con La felicità degli altri il regista, attore e sceneggiatore francese su cimenta in un dramedy introspettivo e sofisticato, esplorando alcuni aspetti più sottili e profondi dell’essere umano, come la tensione onnipresente verso il successo, l’invidia (in grado di minare le fondamenta persino dell’amicizia più consolidata), l’insoddisfazione personale.

Una prova impegnativa per l’acclamato artista – anche autore della relativa piéce teatrale – riuscita però solo in parte: l’elevata qualità interpretativa degli attori (tra cui spiccano un ispirato Vincent Cassel e Bérénice Bejo, nei panni della moglie) non riesce a salvare un film privo di spessore, ridondante e costellato di luoghi comuni.
La storia ruota intorno a quattro amici: Marc, in attesa da anni di una promozione sul lavoro, la moglie Léa, commessa con velleità artistiche prossima al lancio del suo primo romanzo, e Karine e Francis (Florence Foresti e François Damiens) amici di vecchia data della coppia, purtroppo più macchiette che personaggi.

Il successo del romanzo di Léa diventa l’occasione per fare emergere vecchi rancori tra le coppie. Karine è invidiosa del successo raggiunto da Léa, e rivive attraverso di lei tutti gli insuccessi che ha dovuto affrontare; Marc, d’altro canto, si sente schiacciato dalla personalità dirompente della moglie e il loro matrimonio entra in crisi.
Tante le gag, poche le risate. Le battute sono spesso scontate, la sceneggiatura in generale è piuttosto fiacca e monotona, priva di spunti interessanti alla Woody Allen e di guizzi interpretativi. I personaggi agiscono secondo un piano preciso e non escono mai al di fuori degli schemi precostituiti, rigidissimi ed estremamente limitanti per l’estro creativo degli attori.
La linearità della messa in scena – di stampo tipicamente teatrale – annichilisce un’opera dal grande potenziale, che riesce però soltanto a trasmettere il dramma dell’insoddisfazione esistenziale.

Si tratta, a ogni modo, di una commedia leggera e sostanzialmente gradevole, anche se priva di particolari ambizioni.
Per il graffio e l’irriverenza, tipiche della vecchia comedie francaise, restiamo (con ansia) in attesa.



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