Palermo,1980. Nella capitale mondiale dell’eroina la guerra tra le più potenti famiglie mafiose, Totò Riina e i Corleonesi, per il controllo del traffico di droga più ampio del mondo è sempre più sanguinosa.
Consapevole del clima ostile, Tommaso Buscetta – il “boss dei due mondi”, tre mogli e ben otto figli – decide di partire con la terza moglie per il Brasile, fuggendo dalla furia omicida che da lì a poco si abbatterà sulla sua cosca e sulla sua stessa famiglia. È lui il traditore, la “mela marcia” della mafia che rivelerà a Falcone i torbidi segreti di un’organizzazione mafiosa di cui molti ignoravano persino l’esistenza.
Marco Bellocchio riesce ancora una volta a incantare le masse con un film imponente, solenne, magnificamente scritto e interpretato, meritevole di tutte le sue 11 Nomination ai Nastri d’Argento (i 13 minuti di applausi al festival di Cannes erano già stati la spia di un possibile capolavoro). È un Bellocchio sicuramente rigenerato e in gran forma a dirigere un crime all’italiana crudo ed evocativo, estremamente articolato e ricco di piccoli dettagli difficili da cogliere alla prima visione. Non c’è distinzione tra la storia raccontata sullo schermo e ciò che accadde realmente. Bellocchio abbandona ogni frenesia narrativa concedendo uno spazio considerevole al Maxi processo con 475 imputati, di cui ben 366 furono in seguito condannati con pene da 6 anni fino a 19 ergastoli, come nel caso di Riina, il quale, ancora latitante, si macchierà dell’omicidio di Falcone e della sua scorta.
Buscetta si rivela un testimone chiave, incastra numerosi politici e diventa sempre più popolare. Bellocchio sceglie di mostrare il lato più umano del protagonista, non si erge a giudice ma si limita a raccontare la storia di un uomo che, con le proprie convinzioni morali e le proprie paure, diventerà il primo vero pentito del mondo mafioso.
Buscetta non vede se stesso come un traditore, ma come un giustiziere, l’unico in grado di minare le fondamenta di Cosa Nostra e consegnare i colpevoli alla giustizia.
Pierfrancesco Favino, nei panni del tormentato protagonista, fa un lavoro egregio e senza sbavature, cogliendo del suo personaggio tutte le molteplici sfaccettature e contraddizioni (notevole la sua scioltezza nel parlare siciliano). Altrettanto lodevoli le interpretazioni degli altri attori, tra i quali Maria Fernanda Cândido (Cristina, la moglie di Buscetta), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò), Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone).
La scenografia è assai minimale, si prediligono campi medi e mezzi busti, particolare che mette in secondo piano il lavoro di fotografia, che infatti si rivela piuttosto anonima.
La presenza costante di sottotitoli, seppur necessaria, − le lingue parlate sono infatti quattro: italiano, siciliano, portoghese e inglese − appesantisce leggermente la narrazione, conferendole però allo stesso tempo una credibilità maggiore. La sceneggiatura è il punto forte del film, evocativa e mai banale.
Il traditore di Marco Bellocchio, biografico e drammatico, 148′, Italia, Francia, Brasile, Germania 2019
© Bioetica News Torino, Giugno 2019 - Riproduzione Vietata