Opera ultima del geniale sceneggiatore Mattia Torre − la famosa penna che firmò l’acclamata e pluripremiata serie Boris – Figli − è un reportage particolarmente riuscito sulla difficoltà di essere genitori, soprattutto se di figli se ne ha più d’uno. Non ci sono più i genitori di una volta, si dice, ma alla fine non sembrano cambiati poi così tanto; in più hanno soltanto il peso della nevrosi del mondo moderno e le ansie generazionali di chi cerca di tenere sotto controllo casa, finanze e famiglia con tutti gli ostacoli posti dall’incessante crisi economica.
Tratto da un omonimo monologo teatrale di Valerio Mastandrea − protagonista maschile del film e grande amico di Torre − Figli narra la vicenda di Nicola e Sara, una coppia solida e unita, che aspetta trepidante l’arrivo del secondo figlio che sta per venire al mondo. I due coniugi conducono una vita normale, come quella di milioni di altri italiani: lui si occupa di una salmoneria, lei simula le visite dei NAS agli esercizi alimentari di Roma. L’arrivo del piccolo Pietro creerà grande scompiglio nella tranquilla famiglia, mettendo a dura prova la stabilità emotiva e psicologica di Sara e Nicola, che non si sentono pronti a gestire due pargoli e il resto delle loro vite. Ecco dunque sopraggiungere le prime incomprensioni, la difficoltà di preservare l’intimità di coppia, oltre al peso del confronto con le vecchie generazioni, sempre pronte ad autoproclamarsi migliori di quelle nuove.
La pellicola sorprende per la trasparenza e l’aderenza alla realtà delle scene di vita familiare riprese, sviluppando l’intreccio con un buon ritmo che non annoia. Ottima l’interpretazione dei due attori principali, Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi, il cui evidente feeling è forse dovuto alla loro passata relazione sentimentale.
Non manca un sarcasmo pungente e brillante, tratto distintivo dello stile di Mattia Torre, e una regia − di Giuseppe Bonito − che regge discretamente il peso di una così importante sceneggiatura.
Figli è stato accolto positivamente sia dal pubblico che dalla critica, cosa che raramente accade; forse proprio perché racconta episodi di vita reale in cui tutti si possono immedesimare, e lo fa in maniera scherzosa, rimanendo meravigliosamente una commedia che intende far riflettere ma anche sorridere.
«La forza delle cose che scriveva Mattia Torre sta in questo: che ti riguardano sempre», dice Paola Cortellesi ai microfoni di Vanity Fair, «e che ti fanno ridere di te. Riescono a far ridere anche quelli di noi che di solito non praticano l’autoironia. […] Anche io mi sono identificata nelle varie tipologie di genitori che Mattia fa raccontare a una voce fuori campo all’inizio del film. Dicevo: siamo questi. Anzi no, siamo questi. No no, questi. Ho riso molto».
© Bioetica News Torino, Marzo 2020 - Riproduzione Vietata