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Il Film. Colibrì, di Archibugi F.

Un Pierfrancesco Favino decisamente dentro la parte, quello che vediamo nel nuovo film di Francesca Archibugi Colibrì, in uscita quest’anno e tratto dal libro di Giovanni Veronesi. La storia è quella di un uomo, Marco Carrera, di cui lo spettatore ripercorre la vita per mezzo di efficaci flashback del suo passato.

Ovviamente, come qualsiasi storia che si rispetti, il ricordo più importante della vita di Marco risale alla sua giovinezza ed è relativo al suo incontro con la donna di cui resterà per sempre innamorato. Si tratta di Luisa, all’epoca solo una bambina, con cui il protagonista vivrà una storia d’amore platonica per tutta la vita. Nella realtà, però, Marco è legato a Marina, con cui ha anche una figlia, Adele.

Diverse le diffiocltà della vita a cui Marco dovrà far fronte e riuscirà a superarle anche grazie allo psicanalista Daniele Carradori. L’uomo gli dimostrerà come tutte le sofferenze della vita non siano altro che le mille peripezie necessarie al raggiungimento della felicità.

L’intento del film è chiaramente ambizioso, ovvero quello di rendere fruibili a un pubblico vasto e variegato temi complessi come il senso della vita, della morte, del dolore. Favino fa un lavoro egregio nel riprodurre i sentimenti del protagonista Marco, ma forse stavolta l’asticella è troppo alta persino per un attore navigato come lui. Sebben il film riesca a riportare efficacemente sullo schermo le gioie e i dolori di un’esistenza come tante altre eppure magnifica nella sua durezza, è difficile scovare il bandolo della matassa, il senso vero di tutto ciò che viene raccontato. Forse perché, in realtà, non c’è.

Altrettanto notevole, a ogni modo, la prova di Kasia Smutniak, nei panni di Marina. Come al solito, l’attrice riesce a catalizzare l’attenzione di tutti quando è ripresa e la sua sola presenza merita già di per sé la visione del film.

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