Candidato al premio Oscar come miglior film straniero, Belfast può essere definito, senza timor d’errore, il miglior film di Kenneth Branagh, uno degli attori e registi britannici più talentuosi al mondo.
Il film, in parte autobiografico, ci catapulta indietro nel tempo, più precisamente nell’agosto del 1969. Il protagonista della storia è il giovane Buddy (interpretato da un magnifico Jude Hill, alter ego del regista). Buddy conduce una vita tranquilla, del tutto simile a quella dei suoi coetanei di allora: ha una famiglia molto unita a cui è molto legato e una cotta per una sua compagna di classe. Il ragazzino, però, vive in un quartiere in parte protestante e in parte cattolico ( la sua famiglia è protestante) e non mancano i conflitti quotidiani, che si fanno sempre più violenti, tanto da spingere il padre di Buddy (un meraviglioso Jamie Dornan) a voler lasciare il Paese.
Un Paese dal fascino intramontabile, reso ancor più irresistibile da una scenografia a forte stampo teatrale (d’altronde, l’amore imperituro di Branagh per il teatro lo conoscono tutti bene) che ne esalta i pittoreschi vicoli e casupole con una delicatezza fotografica alla Henri Cartier Bresson. Nel film si fondono perfettamente la nostalgia dei ricordi di un bambino con la violenza della realtà socio-politica dell’epoca.
Splendida anche l’interpretazione degli attori, primo fra tutti la giovane rivelazione Jude Hill. Judy Dench e Ciaràn Hinds brillano nel ruolo dei nonni, così come Jamie Dornan e Catriona Balfe stupiscono con il loro carisma magnetico. Un film imperdibile e profondamente formativo, adatto a tutta la famiglia.
© Bioetica News Torino, Aprile 2022 - Riproduzione Vietata