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94 gen-feb 2023
Speciale Malattie Rare Dalla ricerca alle nuove cure

Il dono dell’accoglienza della vita: Paolo un figlio “speciale”

Introduzione
a cura di Enrico LARGHERO

Il tempo del Natale e l’anno appena iniziato sono da sempre un momento di analisi e di bilanci. La riflessione sui mesi appena trascorsi è fonte di sentimenti contrastanti che attraversano le molteplici sfumature dell’animo umano. Gli attimi belli si alternano alle delusioni e alle tristezze, a quanto è stato fatto e non fatto. Tuttavia il desiderio di andare avanti, di circondarsi di una rete relazionale e di affetti e, per chi crede, di una fede, danno la forza per superare le inevitabili difficoltà e, parafrasando Leopardi, guardare oltre la siepe ed aprirsi all’infinito.

Alla base di questa rielaborazione vi è la capacità di cogliere le opportunità, di trasformare in perle il disagio della quotidianità. La gioia e la speranza non vengono meno quando si ama, così come la prospettiva di volgere al positivo e di sublimare anche situazioni che, in apparenza, potrebbero sembrare penalizzanti. La testimonianza e il vissuto quotidiano fanno la differenza ed un figlio con la sindrome di Down può così diventare il più speciale di tutti.


Le parole di conforto aiutano al dono dell’accoglienza della vita, infrangono i pensieri tristi del dopo di noi percepiti dai genitori

La scrittrice americana Emily Perl Kingsley, madre di un ragazzo con sindrome di Down, nel famoso brano «Benvenuti in Olanda» confronta l’esperienza di avere un figlio con disabilità con quella di chi, convinto di viaggiare verso l’Italia, si ritrova improvvisamente in Olanda. Ed è esattamente questa la realtà completamente sconosciuta e inaspettata nella quale Gabriella, coordinatrice infermieristica ora in pensione, ed io, Franco, insegnante di Informatica in un istituto tecnico, sposati da 33 anni, ci siamo trovati catapultati 23 anni fa.

Abbiamo sempre avuto il desiderio che la nostra fosse una famiglia aperta alla vita e dopo alcuni anni dalla nascita dei primi due figli, Gabriella si è trovata nuovamente in dolce attesa. Alla tredicesima settimana però, la gravidanza si interrompe perché il bambino presenta la trisomia 18 con alcune malformazioni, tra cui la spina bifida. L’anno seguente una nuova gravidanza viene ad allietare la nostra famiglia e, vista la gravidanza precedente, gli specialisti ci consigliano di eseguire nel primo trimestre i test di screening per malattie genetiche.

«A cosa serve sapere se il nostro bambino è affetto da patologie se noi non abbiamo intenzione di abortire?». La decisione di non fare accertamenti ci pare la più logica e coerente perché siamo convinti che ogni vita abbia il diritto di venire al mondo. Alla quindicesima settimana eseguendo un’ecografia viene rilevato un edema retronucale e che quindi nostro figlio potrebbe avere una disabilità, ma anche questa scoperta non modifica la nostra scelta. Il 9 luglio del 1999 nasce Paolo e Gabriella coglie subito i segni della sindrome di Down: il gibbo bufalino, il taglio degli occhi, la forma delle orecchie, la plica palmare unica… Ricordiamo le tante domande che si sono intrecciate in quei momenti: «Come faremo? Come facciamo a dirlo agli altri figli? Cosa ne sarà di lui quando noi non ci saremo più?».

Nonostante tutti questi perché, abbiamo notato la delicatezza di molti nel cercare parole di conforto: in quei momenti le parole di speranza sollevano, come quelle della pediatra che ci dice con un gran sorriso che il nostro bel bambino appena nato è in buone condizioni di salute, ma al tempo stesso con grande sincerità ammette che nessuno può conoscere come sarà il suo futuro. Sottolinea però che ciò che dobbiamo fare non è preoccuparci di quello che sarà, ma occuparci del quotidiano per costruire passo passo il suo futuro.

Parole fondamentali che non cambiano certo la situazione, ma che per noi hanno la dolcezza di una carezza. Non potremo mai dimenticare anche la visita di una carissima amica che tra le lacrime ci dice: «Qualunque sia la diagnosi di Paolo ricordatevi che se pensate di nasconderlo io lo porterò in prima fila». Parole che rimarranno incise nel nostro cuore e che ci hanno aiutati ad affrontare situazioni in cui invece ci saremmo rinchiusi nel nostro mondo.

Un rischio molto concreto poteva essere quello di concentrarci molto su Paolo, ma abbiamo cercato di dedicare anche agli altri due figli il tempo e le energie a loro necessari. Abbiamo affrontato insieme a loro il problema della sindrome di Down presentando Paolo non come un bimbo malato, perché da una malattia si guarisce, ma come un bimbo speciale, che sarebbe riuscito, con il nostro amore concreto, anche se impiegandoci più tempo, a raggiungere tanti risultati.

Le prove arrivano più dall’incomprensione degli altri che dall’affrontare insieme il suo percorso di bambino speciale

Quando ci capitava di uscire per una passeggiata a volte ci accorgevamo che alcune persone fissavano Paolo finché non eravamo vicini per poi, trovandosi a pochi passi, girare lo sguardo.  Abbiamo capito che per molte persone vivere la diversità con naturalezza non è facile e abbiamo cercato di vivere questi episodi con leggerezza, senza dare peso a queste situazioni.

Fin da bambino abbiamo spiegato a Paolo le caratteristiche della sindrome di Down e gli abbiamo detto che potrebbe impiegare più tempo per imparare, ma che riuscirà, anche se con un po’ di fatica, a scoprire moltissime cose. Dopo le nostre spiegazioni, quando Paolo vedeva una persona con la sindrome riconoscendone i tratti distintivi diceva ad alta voce: «Guarda è come me» con la sorpresa di chi ci stava intorno.

Il rischio di venire “bullizzato” è sempre presente. La lezione di Paolo, vittima, ai compagni su come comportarsi in caso di bullismo

Durante una lezione di genetica ha presentato ai compagni i suoi segni caratteristici della trisomia 21; in classe il livello di attenzione era grandissimo e l’insegnante commossa ci ha riferito che è stato un momento molto bello, tanto che i compagni hanno rivolto alcune domande a cui Paolo con il suo aiuto è riuscito a rispondere. Negli anni delle superiori Paolo ha subito da parte di alcuni compagni un brutto episodio di bullismo. La sinergia tra noi, la preside e gli insegnanti ha permesso di affrontare nel modo migliore questo momento, che all’inizio Paolo, sicuramente molto spaventato, non voleva ammettere fosse accaduto. Per lui non è stato facile superare il trauma di questa esperienza, ma dopo alcuni anni, nel gruppo parrocchiale all’interno del quale è animatore, Paolo è intervenuto sul tema del bullismo, dicendo che di fronte a questi episodi non bisogna comportarsi come ha fatto lui negando i fatti, ma bisogna parlarne con fiducia ai genitori e agli insegnanti.

Paolo, uno tra noi nella società: lavora, ha i suoi hobby…

Con il passare degli anni il suo grado di autonomia è sempre aumentato. Attualmente Paolo sta lavorando in un supermercato con un contratto di inserimento socializzante che è stato rinnovato fino al prossimo anno. Lavora al mattino dal lunedì al venerdì e alterna le mansioni di scaffalista a un lavoro in ufficio. Dopo alcune difficoltà iniziali possiamo dire che adesso l’inserimento è pienamente riuscito e tanti suoi colleghi, direttore compreso, ci hanno detto che la sua presenza porta equilibrio e serenità.

Dopo due anni nei quali ha frequentato un corso di percussioni, Paolo ha coronato uno dei suoi grandi sogni: suonare nella banda cittadina e in occasione della giornata dell’unità nazionale ha fatto la sua prima uscita suonando l’imperiale: il pollice in alto del direttore della banda rivolto a lui alla fine della manifestazione ha suggellato un bellissimo momento di inclusione.

Riprendiamo la conclusione della metafora del viaggio in Olanda di Emily Perl Kingsley: «… se passerai la vita a piangerti addosso per il fatto che non sei andato in Italia, non sarai mai libero di godere delle cose molto, molto speciali e molto amabili… dell’Olanda».
E l’Olanda è piena di sorprese talvolta faticose, ma davvero meravigliose.

Note

Si ringrazia il direttore Alberto Riccadonna per la pubblicazione  concessaci  dell’articolo Paolo e la sindrome di Down, una vita piena di sorprese… di Gabriella e Franco in «La Voce e il Tempo», 8 gennaio 2023, pp. 28

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