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Il Consiglio di Stato risospende la sperimentazione sui macachi. Lav: Prevale l’interesse degli animali “degni di tutela” Al 21 gennaio è fissata la prossima udienza

10 Ottobre 2020

Si mantiene ancora la sospensione della sperimentazione animale sui sei macachi che era stata autorizzata all’Università degli Studi di Parma e di Torino dal Ministero della Salute per il progetto di ricerca sui «Meccanismi anatomo-fisiologici soggiacenti il recupero della consapevolezza visiva nella scimmia con cecità corticale» e si richiede «una appropriata verificazione» per «contemperare il fondamentale principio del favor per la ricerca libera ed originale con il principio altrettanto fondamentale – qui rafforzato dalla speciale protezione accordata ai primati non umani – per cui anche la libera ricerca deve e può essere condotta solo nel comprovato rispetto delle condizioni per la sperimentazione su tali specie di animali vivi». È il pronunciamento del Collegio del Consiglio di Stato, nella terza sezione, riunitosi l’8 ottobre scorso, sul ricorso presentato dalla Lega anti vivisezione contro tale ricerca. Si capovolge così l’esito del Tar Lazio di maggio, riprendendo la sospensione della sperimentazione decisa dal Consiglio di Stato gennaio scorso.

CONSIGLIO DI STATO. Spetta a chi sperimenta e a chi autorizza dar conto della legittimità del progetto; quindi anche il Ministero della Salute fu chiamato in causa per aver autorizzato il progetto di ricerca. Nella prima ordinanza 230/2020 il Collegio affermava infatti: «spetta a chi sperimenta – e con la certificazione degli organi indipendenti prescritti dalla legge, in base ad accertamento scientifico motivato – dimostrare che non esistono alternative alla sperimentazione su animali vivi; in particolare, nella fattispecie, si tratta di sei primati non umani per i quali la sperimentazione è vietata, salvo casi e condizioni puntualmente dettagliati dalla direttiva 2010/63/UE e dal D. Lgs. n. 26/2014». La direttiva dell’Unione Europea 63/2010, applicata nell’UE nel 2013, riguarda la protezione degli animali per l’utilizzo a fini scientifici, tra cui la ricerca scientifica, per la produzione di medicinali ed afferma in proposito che «l’uso di primati non umani per la sperimentazione è soggetto a restrizioni e il ricorso a scimmie antropomorfe (scimpanzé, bonobo, gorilla e oranghi) è vietato» e poi che «l’uso di animali a fini sperimentali è consentito nei casi in cui non esiste un metodo alternativo soddisfacente.. ».

Ritenuta la motivazione del Ministero in difetto, in questa seconda ordinanza, pubblicata il 9 ottobre sul portale del Consiglio di Stato, il Collegio alla luce della documentazione depositata riscontra che essa è «basata su spiegazioni scientifiche in parte da approfondire ed in parte da completare .. che non sono stati esaminati».

Il Collegio ha fissato la prossima udienza pubblica il 21 gennaio prossimo in cui saranno presi in esame  gli esiti di verifica  sull’autorizzazione del progetto. La verifica è stata affidata alla Irccs – Fondazione “Bietti”, nella persona del suo presidente prof. Mario Stirpe, aiutato dal prof. Enrico Garaci che rivestì la carica  di presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, che risponderanno,  entro settanta giorni dalla pubblicazione, sui seguenti aspetti:

  • primo,  se l’autorizzazione rispetta il principio di sostituzione, ovvero se i risultati della ricerca attesi possono venire alla luce solo mediante la sperimentazione proposta su “primati non umani” vivi sulla quale vige il divieto eccetto determinate condizioni. Il Collegio ritiene non sufficiente il parere dell’Opba, Organismo istituito per il benessere e la cura degli animali, in quanto non emerge agli atti il motivo per cui «abbia valutato “estremamente originale e particolarmente innovativa” questa specifica ricerca, giacché è noto anche dalla letteratura scientifica che da molti anni si svolgono ricerche sulla cecità corticale, non solo su animali ma anche su esseri umani» e per cui sostenga «l’insostituibilità generica “di animali vivi” per la ricerca, senza specificare che solo i “primati vivi” possono essere utilizzati e non anche altri animali (è noto che la legge prevede una disciplina di tutela rafforzata soltanto per la sperimentazione su gatti, cani e primati vivi non umani)»;
  • secondo,  se essa rispetta il principio di riduzione, ovvero se il numero di animali usato sia davvero il minimo consentito. Al riguardo il Collegio rileva che non sono stati fatti negli approfondimenti richiesti alcun riferimento, citato invece nella normativa italiana: «È evidente che il numero di sei primati utilizzato, ritenuto quello minimo dalle due Università ricercatrici e finanziate con il progetto, avrebbe dovuto formare oggetto di valutazione tecnico scientifica»;
  • terzo, se il principio eurounitario della sostituzione è rispettato riguardo all’originalità scientifica e della trasmissione dei risultati agli esseri umani;
  • quarto, se la motivazione espressa nei pareri scientifici ricevuti corrisponde ai principi succitati nella Direttiva UE e nel d.ls n. 26 del 2014 per poter avviare tale sperimentazione che altrimenti  sarebbe vietata.   

Ciò porterebbe a vedere, nel parere del Collegio, quale tra le due parti riceverebbe il «danno più grave e irreparabile dall’esecuzione della sentenza appellata» sulla base dei principi prioritari, «il benessere degli animali in quanto essere senzienti e quello della ricerca scientifica».

LA LAV. La Lav, soddisfatta, da parte sua annuncia, in una nota (9 ottobre) che «estremamente significativo è anche il fatto che il Consiglio di Stato ritenga l’urgenza, circa la possibilità che uno slittamento dei termini del progetto di ricerca possa far perdere alle Università parte del finanziamento europeo di ben due milioni di euro, “recessiva rispetto alla cecità provocata in sei esseri senzienti, con indubbia sofferenza (e con la successiva, certa destinazione all’abbattimento)”». E che è prevalso «l’interesse alla protezione degli animali, degni di tutela. In particolare, la sperimentazione oggetto del progetto “Lightup” prevede la lesione della vista, con invasivi interventi al cervello, e l’uccisione finale degli animali».

RESEARCH4LIFE. Dalle diverse realtà provenienti da università, enti di ricerca, ospedaliere, organizzazioni non profit, che fanno parte della rete Research4life, accomunati dal pensiero sull’importanza della ricerca scientifica e della sperimentazione animale, così la loro voce espressa sul sito: «Non possiamo che ribadire – immaginando di interpretare il pensiero di tutti i ricercatori italiani – che il perpetrato stravolgimento dei giudizi di merito enunciati da organismi autorevoli e competenti in ambito scientifico comporta un ulteriore logoramento dei principi di libertà di ricerca (art. 33 della Costituzione) su cui si fonda l’Università pubblica.»


Redazione Bioetica News Torino