«Più che incredula è una generazione che nell’anima sperimenta forme ardite di pluralismo e attorno a sé vive forme originali di biodiversità religiosa»: è il commento del sociologo dell’Università degli Studi di Torino prof. Franco Garelli nel suo recente libro Piccoli atei crescono: davvero una generazione senza Dio?, edito da Mulino, sui risultati dell’indagine condotta con interviste a 1450 ragazzi dai 18 ai 29 anni, attraverso i quali ha delineato l’identikit spirituale di una generazione sempre più secolarizzata e lontana al mondo ecclesiastico.
Che i giovani di tutto il mondo stiano mano a mano prendendo le distanze dalla religione non è una novità, d’altra parte non ci si deve dimenticare che siamo fagocitati da una realtà caratterizzata da forti rindice ben inferiore. Rimembranze, per così dire, illuministiche, dove la verità empirica è considerata l’unica inopinabile. In mezzo a tanto materialismo e scetticismo verso tutto ciò che non è sostenuto da fatti tangibili non stupisce, dunque, che fede e spiritualità fatichino a far sentire la propria voce.
Tuttavia nel nostro Paese, l’ateismo pur essendo in crescita in confronto agli altri Paesi Europei presenta un indice ben inferiore. Fatto questo non trascurabile: il 28% contro il 50-65% dei Paesi come la Svezia, la Germania e l’Olanda; complici, forse, una tradizione religiosa fortemente radicalizzata e la non indifferente influenza vaticana. Nonostante questo, va sottolineato il crescente bisogno da parte dei giovani credenti di una Chiesa riformata, meno «antiquata in campo etico» e rigorosa, più aperta alle necessità di una società frenetica sempre più variegata e in continua evoluzione.
Nuove speranze di cambiamento in questo senso sono state alimentate da Papa Francesco, il cui carisma verso i giovani e l’attenzione ai loro problemi, oltre che alle persone sofferenti e povere, hanno suscitato ammirazione perfino tra i non credenti. Eppure i reiterati episodi di pedofilia e l’ostentazione di una ricchezza non necessaria (dagli abiti talari riccamente rifiniti ai luculliani oggetti liturgici) hanno rafforzato la convinzione (non solo tra i più giovani) che della Chiesa si possa anche fare a meno. D’altro canto, l’opinione pubblica e i media pesano come un macigno: ad oggi, bastano un tweet o qualsiasi fake news di basso livello a fomentare l’odio e la rabbia di milioni di persone. In tale confusa realtà è quasi impossibile ritrovare un filo di senso e ragionevolezza.
Nel suo libro Piccoli Atei crescono afferma: «All’interno dell’appartenenza cattolica si avverte di generazione in generazione un doppio dinamismo: l’indebolirsi del rapporto con la Chiesa è l’affermarsi di un sentire religioso sempre più soggettivo e autonomo».
Ecco dunque che si assiste a un decadimento del ruolo di mediazione della Chiesa a favore di una spiritualità più indipendente e di libera interpretazione, frutto di una scelta consapevole e ponderata più che una mera omologazione.
La domanda da porsi, dunque, non è se i giovani credono o meno in Dio – in quanto anche nella tumultuosa società contemporanea persistono i quesiti teologici che hanno accompagnato l’intera evoluzione umana – piuttosto occorre chiedersi – se è giusto continuare a pensare al rapporto uomo-Dio nei termini classici e ormai consumati dal tempo.
Anacronistica, dice il prof. Garelli, non è la fede, ma la chiesa. Certo, una piccola parte della popolazione giovanile rimane ancorata ai solidi valori del cattolicesimo tramandato di generazione in generazione, ma la maggior parte lo fa senza effettivo trasporto e convinzione, riconoscendolo più come un atto di passiva adesione, svalutando così enormemente quello che per millenni ha costituito le fondamenta dell’umanità stessa. Dopotutto, si sa, la fede richiede grande impegno, costanza e riflessività, valori sempre più inconciliabili con la società odierna, ricca di stimoli quanto povera di risposte decisive per la vita.
Sale, a ogni modo, il numero di giovani che si dichiarano con convinzione atei o agnostici, rigettando apertamente la religione in quanto riconosciuta come espressione di ignoranza e arretratezza. Questo scetticismo galoppante è figlio di un mondo fondato sulla cultura del dubbio, in cui tutto è messo in discussione e ogni cosa acquista un significato diverso a seconda del punto di vista adottato; una condizione del tutto estranea alle generazioni precedenti, più propense ad accettare di buon grado le usanze e i modelli di pensiero ereditati dai genitori. Siamo quindi di fronte a un’eclissi della religione senza precedenti nella storia.
La famiglia di origine mantiene, comunque, un’importanza non indifferente nell’orientamento religioso dei più giovani: un individuo nato in una famiglia fortemente religiosa conserverà più facilmente uno stile di vita e di pensiero consoni ai valori tradizionali; allo stesso tempo, anche il gruppo dei pari esercita una notevole influenza sulle scelte personali. Non è poi raro vedere “non credenti” svolgere volontariato alla Caritas o altra istituzione di ispirazione cattolica.
Da non dimenticare sono le parrocchie e gli oratori, che contribuiscono in buona misura a mantenere coese le comunità giovanili, attraverso lo sport e l’organizzazione di altre attività ricreative.
Un altro aspetto curioso sul quale riflettere, dice Garelli, è che
Una ricerca della spiritualità, dunque, che resiste stoicamente ai colpi dell’odierno, sfrenato materialismo, persino tra i non credenti. Si tratta, a ogni modo, di una spiritualità di stampo new age, che si esprime attraverso pratiche olistiche e meditative di ispirazione orientale (si pensi al sempre più gettonato yoga, allo shiatsu o all’esoterismo) il che conferma la ricerca del sacro e del divino a livello interiore, piuttosto che attraverso antichi riti religiosi considerati ormai obsoleti. Una spiritualità che però va contestualizzata nell’ambiente socio culturale e religioso, dal quale non può prescindere.
Appare chiaro, a questo punto, che in una realtà così variegata e confusa circa le proprie credenze sia molto difficile, se non impossibile, delineare un orizzonte ideologico ben definito. Dice Garelli:
Punti di vista lontani anni luce gli uni dagli altri, dunque; eppure, nonostante tutto, incredibilmente vicini.
© Bioetica News Torino, Ottobre 2018 - Riproduzione Vietata