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«I figli? Preservare il legame naturale con i genitori, senza introdurre una terza persona»

21 Ottobre 2015

«La stepchild adoption in Italia già esiste, ma solo in presenza di  una famiglia fondata sul matrimonio». Lorenza Violini, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, mette ordine nel dibattito sulla responsabilità genitoriale così come delineata dal ddl Cirinnà. Perché non tutto può essere messo in discussione: il nostro Stato si fonda su una Carta fondamentale fondamentale, e nuove leggi contrarie ai suoi principi non possono validamente
operare.

Quale scopo vuole raggiungere l’ordinamento vigente attraverso l’adozione del figlio del coniuge?
Certamente quello di preservare l’unità familiare, nel caso in cui siano venuti meno un padre o una madre e il superstite abbia contratto un nuovo matrimonio. Sarebbe abnorme pensare a una famiglia nella quale i doveri genitoriali fossero solo da una parte.

Il ddl Cirinnà vorrebbe estendere questa possibilità anche alle unioni civili, dunque anche a coppie dello stesso sesso…
Se così fosse, alla coppia omosessuale si riconoscerebbe implicitamente la stessa natura di famiglia quando invece i padri costituenti e la stessa Consulta hanno riconosciuto come tale solo la coppia etera fondata sul matrimonio.

E quali sono le conseguenze giuridiche?
La legislazione ordinaria non può cambiare questi princìpi.

Se un genitore intraprendesse un’unione civile con una persona dello stesso sesso quale sarebbe la via migliore per definire la responsabilità sul figlio?
In questi casi, farei valere il principio generale per cui è  sbagliato interrompere i legami genitoriali, che poi sono quelli naturali. Il figlio deve continuare a relazionarsi con i propri genitori. Se questi sono ancora in vita, non c’è ragione giuridica per introdurre nella sua sfera una terza persona.

Molti temono che la stepchild adoption possa favorire l’utero in affitto. Se così fosse, il diritto come potrebbe regolare la genitorialità del minore?
Quando si spezza il legame genetico  tutto diventa problematico. Non per nulla il nostro ordinamento vieta l’utero in affitto, e definisce genitore colui che  genera. Lo ripeto: bisognerebbe mirare a conservare il rapporto naturale, che è una relazione primordiale.

Consulta e Corte di Cassazione lo hanno detto chiaramente: matrimonio e altre forme di unione si fondano su princìpi costituzionali molto diversi. Quali dovrebbero essere i presupposti di una buona legge sulle unioni civili?
A mio avviso, la norma di cui sta discutendo il Parlamento dovrebbe disciplinare unicamente diritti e doveri della coppia. Non la genitorialità, che i nostri princìpi costituzionali e tutto il nostro ordinamento riservano alla famiglia. E tale è solo l’unione di un uomo e una donna.
Marcello Palmieri
Fonte «Avvenire»

Redazione Bioetica News Torino