Un film dalla profondità commovente, Hill of Vision, l’ultima fatica cinematografica di Roberto Faenza. In un vero e proprio tuffo nel passato, il regista racconta con dovizia di particolari e con grande sentimento la difficile infanzia del Nobel per la Medicina Mario Capecchi.
Un racconto, quello di Faenza, scevro di ogni atteggiamento moralista o paternalista. A parlare sono solo le immagini e una sceneggiatura semplice ma capace di arrivare dritta al cuore dello spettatore. La storia dell’infanzia travagliata di Mario Capecchi non ha bisogno, dopotutto, di alcun ‘abbillimento’ registico o di particolari invenzioni per rendere più entusiasmante lo sviluppo narrativo. Il noto premio Nobel è famoso per aver realizzato alcune tra le più rilevanti ricerche nell’ambito della genetica molecolare, che hanno aiutato parecchio nell’identificazione della cura di molte malattie.
Hill of Vision non è nato per caso, ma dal desiderio impellente (sua del regista che dallo stesso Capecchi) di fare conoscere una storia vera di speranza e riscatto dalla più totale povertà. Una testimonianza importante che ci porta a riflettere su quanto le difficoltà della vita (Mario, in particolare, è cresciuto con un padre fascista e ottuso e una madre malata di mente) possano temprarci e motivarci nel raggiungimento di un futuro più sereno. Bellissima la volontà sonora, realizzata da un ispirato Andrea Guerra; leggera e delicata la regia di Faenza, sempre attento a rispettare le emozioni e i sentimenti di chi quella storia l’ha vissuta in prima persona. Uno dei migliori lavori del regista, assolutamente da non perdere.
© Bioetica News Torino, Luglio 2022 - Riproduzione Vietata