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107 Ottobre-Novembre 2024
Inserto Giovani e sessualità nella società complessa

Genere e sessualità come costruzioni sociali Tra normatività e contronormatività

Obiettivo di questo contributo-lezione è di fornire alcuni strumenti concettuali per analizzare e interpretare il genere come costruzione sociale e alcune implicazioni delle aspettative normative che lo accompagnano1.

Decostruire idea di «naturale» e «universale»

II punto di partenza è una breve cronistoria della genesi del concetto di genere come modo di guardare al rapporto tra l’individuo, il suo corpo e la sua identità sessuata.

Dalla fine del XX secolo, movimenti/studi femministi, queer e post-colonialisti iniziano a mettere in discussione quelle narrazioni che mettono al centro, come “soggetto universale”, un uomo bianco, cis, etero, abile, di classe media. In questo modo viene smascherata la falsa neutralità e universalità, che è fondata su e che cela relazioni di potere (Butler 1993; Sedgwick 1990).

Ne deriva una sfida a tutte le forme riduzionistiche e semplificanti di binarismo che si fondano su idee “natura” e “uomo” e costruiscono così dicotomie che prima venivano viste come “naturali”, es. uomo/donna; maschio/femmina; eterosessuale/omosessuale; bianco/non-bianco; umano/non-umano; mente/corpo), riproducendo gerarchie sui e tra i corpi.

Una prospettiva costruzionista e performativa sul genere

All’interno di questa prospettiva, dunque, il genere rappresenta sempre una costruzione sociale, un copione che mettiamo in scena sulla base dei modelli culturali a cui siamo stati/e socializzati/e e rispetto a specifici contesti di interazione.

In quest’ottica, il genere è relazionale (la costruzione del maschile è fatta in relazione a quella del femminile, come ciò che non è femminile/effemminato); plurale (esistono in ogni epoca storica e società una molteplicità di modi di interpretare l’essere uomo o donna, ad esempio sulla base della classe sociale); situazionale e storico (i modelli che ispirano il nostro agire come soggetti genderizzate mutano nel tempo e nello spazio). 

L’aspetto più rilevante è che il genere è performativo, ovvero che maschilità e femminilità sono più qualcosa che facciamo (l’espressione “doing gender”, vd. West e Zimmerman 1987; Garfinkel 2012), che mettiamo in scena, rispetto a qualcosa di dato ed essenziale. Al di là delle caratteristiche fisiche (cromosomiche, ormonali, anatomiche), noi apprendiamo attraverso quali pratiche essere riconosciuti/e come uomini e donne: è quella che viene chiamata “espressione di genere” e che contempla linguaggio, posture, abbigliamento, ecc.

Le aspettative normative intorno al genere

Affermare che il genere è una costruzione sociale non significa sostenere che noi “facciamo genere” in un vuoto sociale, privo di norme, valori, aspettative sociali. Diventa qui importante evidenziare come la concezione costruzionista e performativa del genere permetta di decostruire la valenza di dato per scontato e naturale di alcuni modelli normativi. Vediamoli in dettaglio.

a) Normatività del sesso biologico

All’interno di questa visione che naturalizza il binarismo sessuale, solo due sessi vengono socialmente riconosciuti, e tutto ciò che si differenzia o non rientra in tale dicotomia è percepito come anormale.

Un caso esemplare che mostra la criticità di questa visione normativa è quella della medicalizzazione dei corpi intersex, ovvero tutte quelle tutte quelle variazioni delle caratteristiche di sesso genetico/cromosomico, gonadico/ormonale e/o anatomico (relativo alle caratteristiche sessuali, sia quelle cosiddette «primarie», che quelle cosiddette «secondarie») che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie dei corpi considerati femminili o maschili. Infatti, studi su corpi intersex (Balocchi 2019) mettono in discussione la dicotomia sesso/genere-natura/cultura: anche il sesso biologico è culturalmente costruito, come è evidenziato dai processi culturali che conducono all’assegnazione ad un sesso o ad un altro (la dimensione culturale dei criteri medici su come costruire un maschio adeguato o una femmina funzionale).

b) Normatività di genere

L’aspettativa normativa in questo caso è denominata cisnormatività, ovvero la convinzione che la corrispondenza tra sesso biologico (o sesso assegnato alla nascita) e identità di genere costituisca la norma.

L’aspettativa inoltre è binaria, ovvero che esistano solo due generi, e che l’espressione di genere (data, come abbiamo visto prima, dal modo di vestire, taglio di capelli, atteggiamenti, ecc.) debba essere socialmente adeguata al genere.

In questo caso,  la tendenza delle nuove generazioni ad identificarsi al di fuori di uno schema binario e ad adottare uno stile fluido dal punto di vista della espressione di genere sfida questa visione normativa (Braida e Ferrero Camoletto 2024).

c) Normatività dell’aspetto sessuale

Uno degli ambiti di performance maggiormente associato al riconoscimento di un’identità di genere è quello della sessualità. Anche in questo caso, vi sono aspettative normative che definiscono atteggiamenti e comportamenti socialmente accettabili. 

In primis, la visione normativa dominante è l’eteronormatività, ovvero «la convinzione che le persone [siano separate] in generi distinti e complementari (maschio e femmina) con ruoli naturali nella vita [quotidiana]. Presuppone che l’eterosessualità sia la norma o l’orientamento sessuale predefinito e che le relazioni sessuali e coniugali siano maggiormente (o solo) adatte tra persone di sesso opposto» (Warner 1991). Ne deriva che altre forme di attrazione e di pratica sessuale siano definite come devianti, patologiche, o perlomeno eccentriche.

Un’altra visione normativa rilevante è il monosessismo, ovvero l’assunto per cui le persone nascono con orientamento omosessuale oppure eterosessuale e che non vi possano essere variazioni nel corso della vita. Rispetto a questa visione si sollevano le voci critiche degli attivismi bisessuale/pansessuale, che rivendicano una maggiore fluidità dell’orientamento sessuale.

Infine, vi è ancora la credenza diffusa che tutti gli esseri umani sperimentino attrazione sessuale verso altre persone, quella che viene chiamata allonormatività. All’interno  di questa visione, vi è la convinzione che il desiderio sessuale sia una componente ineliminabile e naturale e quindi un suo livello troppo basso o troppo elevato sia patologico. L’attivismo asessuale sfida questa normatività, affermando che sia possibile provare attrazione romantica senza attrazione sessuale. 

Conclusioni

Al termine di questo breve percorso, si spera di aver fornito alcuni strumenti interessanti e utili per muoversi nella galassia di trasformazioni sociali e culturali che stanno investendo generi, corpi e sessualità.


1. Questa lezione, e il testo che ne deriva, è frutto del lavoro condiviso con la dott.ssa Nicole Braida, assegnista post-dottorato dell’Università di Torino, che qui ringrazio.

Bibliografia

Balocchi M. (2019). Intersex. Antologia Multidisciplinare. ETS.

Braida, N., & Ferrero Camoletto, R. (2023). Traiettorie di genere e sessualità. il Mulino, 72(4), 150-156.

Butler J. (1993), Bodies that matter, on the discursive limits of “sex”, Routledge, New York and London.

Garfinkel, H. (2012). Agnese. Armando Editore (ed. orig. 1967, “Passing and the managed achievement of sex status in an “intersexed” person”, in Studies in ethnomethodology).

Laqueur T.W. (1990). Making Sex: Body and Gender from the Greeks to Freud. Harvard University Press. 

Sedgwick E.K. (1990), The epistemology of the closet, University of California Press, Berkeley.

Warner, M. (1991). Introduction: Fear of a queer planet. Social text, 3-17.

West, C., & Zimmerman, D. H. (1987). Doing gender. Gender & society, 1(2), 125-151.

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