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Fecondazione eterologa, il dna dei nostri figli che ora viene da Spagna e Danimarca

10 Giugno 2015

Siamo un popolo di importatori. Di gameti. Da quando l’eterologa – la tecnica di fecondazione artificiale che prevede l’impiego di ovociti o spermatozoi di donatori estranei alla coppia – è stata liberalizzata dalla Corte Costituzionale, alle dogane degli scali nazionali è un gran via vai di ovociti e liquido seminale congelati, ordinati all’estero. I nostri centri ne sono sprovvisti perché gli italiani non possiedono slancio solidale, non sono preparati. L’alternativa, dunque, è lo «shopping» all’estero. Nei primi cinque mesi dell’anno sono così arrivati 855 contenitori delle preziose cellule riproduttive congelate: 441 con liquido seminale, 315 con ovociti (ciascuno contenente tre uova) e 99 con embrioni. Contenitori destinati in tutto a 420 coppie.

I dati li ha presentati a Napoli Giulia Scaravelli, responsabile del registro sulla procreazione medicalmente assistita all’Istituto Superiore di Sanità, ai medici del congresso della Società Italiana di Andrologia (la Sia) presieduto da Giorgio Franco.

Sono nati bambini? I giornali hanno riportato la notizia di un’unica nascita «eterologa», presso la clinica Alma Res di Roma. Ma in questo caso si è trattata di una storia made in Italy, grazie a una studentessa che si è offerta volontaria e ha acconsentito al prelievo dei suoi ovociti. Altre gravidanze sono in corso. All’ospedale pubblico di Cortona, Asl di Arezzo, sono stati eseguiti 36 impianti di eterologa, altri 32 in calendario. Nascite attese entro l’estate al centro European Hospital di Roma, diretto dall’andrologo Ermanno Greco: «Da noi la percentuale di successo con donazioni maschili è del 37%. Preferiamo che sia il paziente ad occuparsi dell’importazione. Attenzione però, molte eterologhe si potrebbero evitare con una valutazione più meticolosa della causa di infertilità, cercando alternative».

I numeri confermano le previsioni. L’unica risorsa è il rifornimento nel resto d’Europa dove questi prodotti così speciali vengono raccolti in cambio di rimborso spese più o meno attraenti e attraverso campagne di sensibilizzazione. In cima alla classifica dei Paesi esportatori c’è la Spagna che ha soddisfatto la richiesta di ovociti da parte di 242 coppie. Al secondo posto la Danimarca, Copenaghen, dove ha sede la principale banca mondiale di spermatozoi, la più sicura: novantotto aspiranti genitori utilizzeranno o hanno già utilizzato i gameti di uomini e donne anonime inseguendo il sogno di avere un bebè.

Viene spontaneo chiedersi, sorridendo, se questo attingere a un patrimonio genetico nordico, appartenente in prevalenza a una popolazione di uomini biondi con gli occhi azzurri e, per quanto riguarda la Spagna, di donne more, non si rifletterà su colori e caratteristiche somatiche dei figli dell’eterologa.

La prendono come una battuta gli specialisti: «Uno scenario fantasioso. Noi cerchiamo di non discostarci dalle caratteristiche fisiche dei genitori. Occhi, capelli, carnagione devono essere simili. Nella banca di liquido seminale danese c’è grande varietà». Costo di ogni contenitore, circa 500 euro per quelli contenenti liquido seminale e 3.000 per quelli di ovociti. La Toscana ha unificato il sistema dell’import dalla Spagna con una convenzione regionale. Il Friuli Venezia Giulia partirà a settembre.

Nella classifica dei campioni di export, Spagna e Danimarca sono seguite da Grecia, Repubblica Ceca, e nettamente distaccate, Svizzera e Slovacchia. Fra i dati diffusi a Napoli, quelli relativi all’importazione di embrioni, proprietà di coppie che molto probabilmente li hanno tenuti all’estero finché l’eterologa non è stata sdoganata dalla Consulta. L’attività di import-export ha riguardato finora 38 centri italiani in undici Regioni.

Scaravelli ritiene che non sarà possibile interrompere il flusso dall’estero «senza avviare in Italia una campagna di sensibilizzazione a favore delle donazioni. La carenza di gameti non può essere compensata dall’ egg shering , cioè la cessione di ovociti da parte di una donna in trattamento per infertilità». È d’accordo Filomena Gallo, segretario dell’associazione Coscioni: «Nel piano sulla fertilità presentato dalla ministra Beatrice Lorenzin non c’è nessun accenno a iniziative di promozione di una forma di altruismo che, se conosciuta, sono certa avrebbe successo. Un’occasione perduta».

Margherita De Bac

fonte: Corriere della sera

 

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino