Convegno « Ecologia integrale e salute»
Torino, 18 giugno 2016
Sibi ipsi et aliis providens
Ora, fra tutti gli altri esseri la creatura razionale è
soggetta alla divina provvidenza in una maniera più eccellente,
poiché ne partecipa col provvedere a se stessa e agli altri.
S.Th., I-IIae, q. 91, art. 2
Lo scopo di questo intervento è illustrare il quadro di riferimento ecologia integrale proposta da papa Francesco nella sua recente enciclica Laudato si’ (in breve, LS), attingendo al testo per cercare di mostrare quale sia lo spazio per un esercizio della responsabilità umana adeguato alle sfide del nostro tempo. I miei ambiti di competenza sono l’economia e la dottrina sociale della Chiesa: lascerò quindi gli aspetti più propriamente attinenti alla bioetica a chi prenderà la parola dopo di me, nel rispetto delle competenze di ciascuno. È lo stesso papa Francesco a suggerirci la possibilità di una serie di itinerari di lettura del testo dell’Enciclica, quando sottolinea che essa è percorsa da una serie di «assi portanti», che vengono costantemente ripresi e arricchiti da una pluralità di punti di vista. Tra questo troviamo ad esempio «il valore proprio di ogni creatura» e «il senso umano dell’ecologia» (LS, n. 16).
Il punto di partenza non può che essere la definizione del termine «ecologia». Ad appena un mese dalla pubblicazione dell’Enciclica, il 21 luglio 2015 papa Francesco interviene al Seminario «Modern Slavery and Climate Change: the Commitment of the Cities» e coglie l’occasione per ribadire che nella sua impostazione “ecologia” non indica una generica preoccupazione “verde”: non si possono separare l’ambiente e il genere umano.
La diagnosi dell’Enciclica è infatti squisitamente sociale e politica: è lo stesso individualismo consumista a generare il degrado ambientale e quello etico, quella cultura dello scarto che produce l’esclusione sociale e la devastazione dell’ambiente. Al rovescio, l’esperienza concreta insegna come impegnarsi per la cura di uno spazio urbano o la tutela dell’ambiente produca due effetti: da una parte la qualità dello spazio migliora, diventa più umano e vivibile; dall’altro l’azione comune rinsalda il legame sociale.
Dunque per il Papa il termine “ecologia” assume un significato più profondo, quello di approccio adeguato a tutti i sistemi complessi la cui comprensione richiede di mettere in primo piano le relazioni delle singole parti tra loro e con il tutto. Il riferimento scientifico è al concetto di ecosistema. Per questo si può parlare di una dimensione sociale dell’ecologia, o meglio di una vera e propria «ecologia sociale [che] è necessariamente istituzionale e raggiunge progressivamente le diverse dimensioni che vanno dal gruppo sociale primario, la famiglia, fino alla vita internazionale, passando per la comunità locale e la Nazione» (LS, n. 142). Così, ad esempio, anche il sistema sanitario, in quanto istituzione, rientra nel discorso dell’ecologia sociale. Per la mentalità contemporanea è spesso faticoso mettere a fuoco questa dimensione istituzionale dell’ecologia e la correlazione tra l’ambiente e le istituzioni sociali. Possiamo rendercene conto ad esempio quando istituzioni degradate − ad esempio a causa della corruzione − producono scempi e danni ambientali.
Per questo la proposta dell’ecologia integrale, che è al cuore dell’Enciclica, comprende «chiaramente le dimensioni umane e sociali» (LS, n. 137) e compone i diversi aspetti dell’unica crisi socio-ambientale che abbiamo di fronte. È il modo per assumere fino in fondo l’intuizione e la consapevolezza che tutto è in relazione, tutto è collegato, tutto è connesso, come continuamente ripete la LS.
Una lettura dell’Enciclica ci consente di individuare quattro dimensioni dell’ecologia integrale, che rappresentano una griglia di base anche per affrontare il tema di questo convegno.
A. Una lettura integrata di fenomeni diversi
Una prima dimensione riguarda la potenza del concetto di ecologia integrale come strumento di analisi della realtà: poiché tutto è correlato, non è possibile «trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema». Occorre invece «cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali» (LS, n. 139). È più facile comprenderlo attraverso un esempio: gli stili di vita prevalenti nelle aree più ricche del pianeta sono alla radice di un modello di sviluppo economico basato sul consumo sfrenato di risorse energetiche di origine fossile, che è tra le cause dei cambiamenti climatici in atto, che a loro volta sono all’origine di una parte dei movimenti migratori. Affrontare oggi la questione dell’immigrazione senza tener conto del rapporto con i cambiamenti climatici e gli stili di vita conduce al massimo a soluzioni parziali, a dei “rattoppi”, incapaci di incidere sulle vere cause del fenomeno.
Perciò anche la ricerca di soluzioni deve assumere un approccio integrale:
Lo stesso pensiero ritorna in altri passi che hanno avuto minore fortuna mediatica, ma che non per questo sono meno stimolanti. Così al n. 119 papa Francesco afferma:
L’approccio integrale deve contraddistinguere anche il lavoro di analisi scientifica dei problemi, contro la tendenza alla parcellizzazione. Lo vediamo ad esempio al n. 141:
La stessa sfida vale in ambito sanitario. Ce ne possiamo rendere conto sostituendo nella citazione appena fatta l’espressione «problemi ambientali» con «problemi sanitari»: funziona perfettamente! Dunque anche il lavoro per risolvere i problemi delle istituzioni sanitarie ha bisogno dell’approccio dell’ecologia integrale, capace di mettere al centro dell’attenzione le relazioni tra le parti e non singoli elementi avulsi dal quadro d’insieme.
L’approccio integrale funziona come antidoto a quella che, come l’Enciclica ripete a più riprese, è la vera radice dei problemi, cioè quel riduzionismo che interpreta la realtà sulla base di un paradigma tecnocratico riducendone la complessità:
Questo paradigma tecnocratico omogeneo e unidimensionale interpreta l’intera realtà − il pianeta, la natura, la vita, le persone, il loro patrimonio genetico − come un mero oggetto infinitamente disponibile alla manipolazione da parte del soggetto umano (cfr LS, n. 106). Questo paradigma di dominio tecnocratico sulla realtà si coniuga con la ricerca spasmodica del profitto, che diventa l’obiettivo di ogni azione e il criterio di misura del valore di ogni cosa e di ogni persona: ciò da cui non è possibile trarre profitto non ha valore e può essere semplicemente gettato via. Il modello di “sviluppo” basato su queste premesse procede «senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano», tanto che
Una conseguenza di questo approccio riduzionista è la frammentazione del sapere, che
B. Dialogo tra discipline
Proprio per evitare la trappola della frammentazione, una seconda dimensione dell’ecologia integrale è quella del dialogo fra le diverse discipline. L’Enciclica applica a questo dialogo il tradizionale termine di «umanesimo», «che fa appello ai diversi saperi, anche quello economico, per una visione più integrale e integrante» (LS, n. 141).
La necessità del dialogo viene affermata anche fra scienza e religione, che «forniscono approcci diversi alla realtà» e «possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» (LS, n. 62). Con chiarezza l’Enciclica afferma che su molte questioni concrete il solo punto di vista della Chiesa e della sua dottrina sociale non è sufficiente. Occorre «promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione» (LS, n. 61).
C. Uno stile di vita
Ma l’ecologia integrale non è solo uno strumento di analisi della realtà o uno stimolo al dialogo interdisciplinare. È anche uno stile di vita concreto, la proposta di un modo di vivere ispirato a S. Francesco di Assisi:
È interessante notare come papa Francesco connoti qui l’ecologia integrale con la parola chiave del suo pontificato, la gioia.
Lo sguardo di S. Francesco sul mondo, che l’Enciclica ci addita ad esempio, sa trascendere il linguaggio delle scienze esatte o della biologia, andare oltre il calcolo economico e recuperare la dimensione affettiva del rapporto con la creazione (cfr LS, n. 11).
Assumere l’ecologia integrale come stile di vita richiede di coltivare nuove abitudini virtuose, ma soprattutto di approfondire le proprie motivazioni e di impegnarsi in un percorso educativo dell’intera società, perché altrimenti nessuna riforma giuridica o strategia politica avrà efficacia (cfr LS, n. 211).
In questo quadro il Papa sottolinea l’importanza dei piccoli gesti:
Ne fa un lungo elenco al n. 211: evitare l’uso di materiale plastico e di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via.
Il senso di questi semplici gesti quotidiani deriva dalla loro capacità di spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo: «l’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, [che] è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore» (LS, n. 231).
D. Un progetto operativo
Infine, l’ecologia integrale non può fuggire la dimensione politica. Rifiutando le posizioni estreme dei sostenitori del mito del progresso tecnico da un lato e di coloro che propugnano la necessità nel non intervento umano dall’altro, si propone invece di
Questo dialogo è fondamentale perché la ricerca di soluzioni autentiche richiede di non escludere alcun punto di vista, anzi, al contrario, di valorizzare ogni contributo:
Questo richiede una coerenza personale:
La frammentazione delle battaglie etiche non porta ad alcuna soluzione dei problemi.
Ma la dimensione politica dell’ecologia integrale non si limita al piano delle scelte e dei comportamenti personali. Il soggetto che può assumere la sfida che la crisi socio-ambientale propone è necessariamente collettivo<, e coincide con la famiglia umana nella sua interezza: per «proteggere la nostra casa comune» occorre unire «tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale» (LS, n. 3).
Anzi, la dimensione di questo legame si estende all’intera creazione: «tutti creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (LS, n. 89).
All’interno di questa famiglia universale, l’umanità non perde il proprio posto e ruolo peculiare, che si radica nella capacità della cura: tra tutte le creature, l’essere umano è l’unico capace di responsabilità per se stesso, per le altre persone e per l’intera creazione (LS, n. 90). Contro la divinizzazione della terra non si può prescindere la responsabilità dall’umanità:
Ci muoviamo in perfetta continuità con la tradizione teologica e spirituale: già S. Tommaso d’Aquino affermava come l’esercizio della responsabilità verso di sé e verso gli altri è il luogo in cui in modo sommo si gioca il nostro essere “a immagine e somiglianza” del Creatore.
Per approfondire i contenuti della Laudato si’ si rinvia allo «Speciale enciclica» all’interno del sito www.aggiornamentisociali.it
Note
1 Sbobinatura non rivista dall’Autore Paolo Foglizzo a cura di Gabriella Oldano
© Bioetica News Torino, Febbraio 2017 - Riproduzione Vietata