Sostieni Bioetica News Torino con una donazione. Sostieni

News dal Mondo

Ema raccomanda il ritiro dal commercio UE di medicinali per la terapia dell’obesità a base di amfepramone

14 Giugno 2022

I medicinali per la terapia dell’obesità a base di amfepramone se usati per un periodo superiore a quello raccomandato di 3 mesi comportano il rischio di effetti collaterali gravi come ipertensione arteriosa polmonare, ovvero una pressione sanguigna alta nelle arterie dei polmoni, e quello di dipendenza. Purtroppo dalla revisione ― iniziata su richiesta dalla Romania ― dei dati di studi effettuati in Germania e in Danimarca è emersa una certa continuità nell’uso inappropriato e anche un’ulteriore limitazione nell’uso non si rivelerebbero efficaci con benefici superiori ai rischi secondo le considerazioni del Comitato di sicurezza PRAC. Pertanto l’Agenzia di sicurezza dei medicinali in Europa, Ema, ha ritenuto importante raccomandarne il ritiro di ogni autorizzazione per il commercio in Europa.

In Europa questi medicinali a base di amfepramone sono autorizzati per la terapia dell’obesità in Germania, Danimarca e in Romania per pazienti con un’indice di massa corporea di almeno 30 kg/m2 per i quali altri metodi di riduzione del peso non hanno avuto risultati, e con un uso da 4 a 6 settimane e non oltre i 3 mesi.

L’Agenzia del farmaco italiana, Aifa, ha precisato subito, nel diffondere la notizia dell’Ema, in una nota del 13 giugno, che nel nostro Paese, questi medicinali sono sono autorizzati, riportando:

In Italia, la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione, la prescrizione e la dispensazione di amfepramone (dietilpropione) sono vietate, secondo il decreto ministeriale del 2 agosto 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 2011), che ha disposto la collocazione di amfepramone in Tabella I del DPR 309/1990 e s.m.i., tra le sostanze oggetto d’abuso con potere tossicomanigeno.

L’Ema scrive che questi medicinali vengono utilizzati anche in pazienti affetti da malattie cardiovascolari o disturbi psichiatrici aumentandone il rischio di problemi psichiatrici e cardiaci; inoltre c’è evidenza di possibili rischi per il nascituro nell’uso durante la gravidanza. E poi l’efficacia è limitata ad un breve periodo di trattamento: di solito i pazienti riprendono peso dopo aver terminato il trattamento.

L’Amfepramone (dietilpropione) è una sostanza stimolante che agisce sul sistema nervoso centrale, causa effetti simili all’adrenalina, e riduce il senso di fame; è inserita in Italia dal 2011 nella tabella I del testo legislativo che disciplina le sostanze stupefacenti e psicotrope (GU 180/2011).
La tabella I fa riferimento alle sostanze «con forte potere tossicomanigeno e suscettibili di abuso» e l’ampfepramone nel 2011 è stato ricollocato nella tabella I per la tutela della salute pubblica ritenuto pericoloso nell’uso per la terapia dell’obesità assieme ad altre sostanze Fendimetrazina, Fentermina e Mazindolo sempre impiegate in preparazioni magistrali per la terapia dell’obesità.

Il Centro Anti Veleni di Pavia nella relazione allegata alla nota del 28 giugno 2011 del dipartimento per le politiche antidroga riferiva l’individuazione di 48 casi di intossicazione da sostanze anoressizzanti nel periodo dal 1 gennaio 2007 al 31 maggio 2011, di cui 17 casi, incluso un decesso, dovuti all’assunzione di Fendimetrazina da sola o in associazione a scopo dimagrante. Il rischio concreto per la salute ha determinato la ricollocazione nella tabella I di amfepramone, fendimetrazina, fentermina e mazindolo.

Era nella revisione del 1995/1996 che fu poi dalla Commissione europea decisa la durata di impiego fino a 4-6 settimane e non più di 3 mesi. Nella richiesta di revisione l’agenzia regolatoria del farmaco romena segnala al Prac nel 2021 serie preoccupazioni sopracitate riguardo al continuo uso di questi medicinali sulla base di dati dal 2005 al 2020 aggiungendo che sulla base di line guida recenti per la valutazioni di nuovi prodotti farmaceutici usati nella gestione del peso, «prodotti contro l’obesità dovrebbero dimostrarsi statisticamente significanti, la perdita del peso corretto placebo di almeno 5% di peso base dopo 12 mesi di trattamento»  e alla luce delle note considerazioni sulla sicurezza cresce una seria preoccupazione sull’efficacia delle misure minime di rischio.

redazione Bioetica News Torino