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18 Marzo Aprile 2014
Speciale Aborto Post-nascita: Considerazioni in merito all'articolo di Giubilini & MINERVA, 2012 "After birth abortion: Why should the baby live?"

Editoriale

Cari lettori,

sappiamo quanto sia delicata ogni discussione sull’aborto. Un vissuto che, anche se volontario (legge 194/78), incide nell’animo più profondo e intimo di una donna (‘post abortion syndrome’). Non lascia indifferenti neppure molti padri di “figli abortiti”, chiamati o meno a  prendere parte ad una decisione o a condividerne l’esperienza (‘trauma post abortivo maschile’), per non tacere anche del dolore acuto che il feto appare in grado di percepire durante l’intervento abortivo.

A buona ragione dovrebbe crescere l’impegno sociale di una sensibilità verso la vita nascente. Evidenze scientifico–sperimentali ci dischiudono infatti quel meraviglioso e piccolo mondo della vita umana prenatale mostrandoci l’autonomia della vita e della crescita dell’embrione fin dalle prime ore di vita attraverso l’esistenza di un “dialogo incrociato”. Una relazione materno-embrionale che ha inizio con l’invio all’organismo materno di segnali chimici – come il fattore precoce di gravidanza EFP – da parte dell’embrione appena formato.

Tra i tanti dibattiti accesi tra specialisti e cultori della materia a livello accademico attorno all’aborto (pillola Ru 486, inizio della vita umana, embrione individuo umano – persona umana), si annovera quello sulla proposta di estendere a dopo la nascita i limiti temporali ammessi dalla legge 194, oggetto di recenti incontri per l’Italia e a Torino. Si chiama  “aborto dopo la nascita”, coniato da due  giovani filosofi italiani Giubilini e Minerva – tra l’altro membri della Consulta di Bioetica Onlus presieduta da Maurizio Mori – in uno studio condotto durante uno stage all’Università di  Melbourne, secondo il quale si possono abortire sia neonati affetti da anomalie, sia neonati sani.

Dedichiamo questo numero doppio della nostra rivista a tale argomento con una monografia critica scritta a più voci e curata dal Centro Cattolico di Bioetica di Torino, dal titolo «Aborto post-nascita. Considerazioni in merito all’articolo di Giubilini e Minerva, 2012 “After-Birth Abortion: Why Should the Baby Live?».
Aperti al dialogo con interlocutori di correnti bioeticiste differenti, il Centro Cattolico di Bioetica di Torino, radicato sul personalismo ontologicamente fondato ha ritenuto porsi in modo critico e dialogico sulla tesi sostenuta dagli autori.

È un neologismo di per sé non solo raccapricciante ma cela anche l’apertura ad una prospettiva eugenetica. Il rischio è che le diagnosi prenatali (screening con ecografie mirate, amniocentesi, villocentesi) usate per monitorare lo sviluppo del feto e individuare eventuali anomalie  vengano usate anziché a scopo “terapeutico”, come è moralmente lecito l’uso, a fini eugenetici per impedire la nascita di bambini considerati “anomali” attraverso l’aborto procurato. E con esso il rischio di abortire “un falso positivo”, mentre seguendo la tesi di Giubilini e Minerva ne conseguirebbe l’aborto post-nascita di quei “falsi negativi” sfuggiti dagli esiti delle  diagnosi  prenatali.

D’altro canto anche il parere del Comitato nazionale italiano per la Bioetica su «Aiuto alla donna in gravidanza e depressione post-partum» (2005) avvertiva che le tecniche diagnostiche possono dare «solo risposte di tipo probalistico (tra l’altro limitate anche dall’incidenza di falsi positivi e falsi negativi) o tali da non poter fornire certezze con riguardo alla gamma di gravità che una malattia può presentare».

Ad oggi le possibilità di cure prenatali per malattie genetiche sono molto ridotte e la prospettiva eugenetica aprirebbe la via alla selezione degli embrioni attraverso la diagnosi pre-impianto (fecondazione extra-corporea), vietata in Italia dalla legge 40/2004.

Con la selezione degli esseri umani verrebbe meno il principio di democrazia e di uguaglianza che garantisce il diritto alla vita. Già lo stesso Papa Giovanni Paolo II – di cui domenica 27 aprile si celebrerà in Vaticano la canonizzazione insieme a quella di Papa Giovanni XXIII – nella enciclica «Evangelium Vitae» (1995) scrisse che «le diagnosi pre-natali […] diventano troppo spesso occasione per proporre e procurare l’aborto. È l’aborto eugenetico, la cui legittimazione nell’opinione pubblica nasce da una mentalità che accoglie la vita solo a certe condizioni e che rifiuta il limite, l’handicap, l’infermità» e sosteneva che gli attentati alla vita (il rifiuto del più debole, del più bisognoso, dell’anziano, dell’appena concepito, che mal si conciliano con le dichiarazioni dei diritti dell’uomo e le tante iniziative  volte a riconoscere il valore e la dignità di ogni essere umano) «vanno in direzione esattamente contraria al rispetto della vita e rappresentano una ‘minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo’». E ne spiegava il motivo:  «È una  minaccia capace, al limite di mettere a repentaglio lo stesso significato della convivenza democratica: ‘da società di con-viventi, le nostre città rischiano di diventare società di esclusi’, di emarginati, di rimossi e soppressi».

Anche Papa Francesco nel discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari ha ribadito l’importanza del valore della vita umana: «Nella  custodia e nella promozione della vita, in qualunque stadio e condizione si trovi, possiamo riconoscere la dignità e il valore di ogni singolo essere umano, dal concepimento fino alla morte» (24.03.2014).

Si può infine constatare, a seguito di quanto detto, come una sensibilità alla prevenzione dell’aborto, e soprattutto anche nel momento in cui la donna è in gravidanza, sia stata nel corso degli anni forse un po’ troppo disattesa nel concreto. Eppure la legge 194/1978 che regolamenta l’aborto,  parla chiaro: prevenzione dell’aborto in aiuto alla donna in difficoltà durante la gravidanza (art. 5),  riconoscimento del valore sociale della maternità e tutela  della vita umana dal suo inizio, evitare  che l’aborto sia usato ai fini delle limitazioni delle  nascite e non è un mezzo di controllo delle nascite (art. 1).

Per i commenti e le riflessioni al documento del Centro Cattolico di Bioetica su «Aborto-post-nascita. Considerazioni in merito al’articolo di Giubilini & Minerva, 2012: ‘After-Birth Abortion: Why  Should the Baby Live?’» scrivere a info@bioeticanews.it      Oggetto: commento a Aborto  post- nascita, seguito da nome e cognome.

«Bioetica News Torino» assieme al prof. Giorgio Palestro, presidente del Centro Cattolico di Bioetica, colgono l’occasione per augurarvi buona Pasqua!

Buona lettura!
dallo staff di «Bioetica News Torino»

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