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110 Febbraio - Marzo 2025
Inserto Il suicidio assistito

Editing genomico La sfida etica del secolo

In breve

L’editing genomico rappresenta, dunque, una delle più grandi opportunità che la scienza ci abbia mai offerto, ma anche una delle sfide morali più complesse. Il progresso è inevitabile e la scienza ci offre strumenti potenti, ma la nostra responsabilità etica è quella di utilizzarli in modo che la nostra esistenza rimanga in sintonia con i valori universali di dignità e rispetto per la vita. Per affrontare queste sfide in modo saggio e responsabile, è fondamentale un dialogo continuo e profondo tra scienziati, filosofi, legislatori e cittadini; solo così saremo in grado di costruire una realtà in cui la scienza sia al servizio della vita, e non viceversa.

Dalle leggi dell’abate Mendel (1822-1884) ai nostri giorni, la genetica ha elaborato uno stupefacente percorso di  crescita. Si è infatti passati dalla scoperta della struttura a doppia elica del DNA (Watson e Crick, Nobel per la Medicina nel 1962) per approdare nel 2004  alla realizzazione del cosiddetto “Progetto Genoma”. Entrare nelle dinamiche più intime che regolano la vita è il sogno, da sempre, di tutti gli scienziati. Ma, come sempre accade, le nuove strade del sapere possono portare in molteplici direzioni gravide di speranza, ma al contempo non esenti da preoccupazioni. Da un lato, infatti, la possibilità di curare e guarire molte malattie su base genetica, dall’altro il rischio di una deriva eugenetica, cioè di una manipolazione dell’essere umano e della sua dignità.

Enrico Larghero


Immaginiamo di poter correggere il nostro DNA, eliminando difetti genetici e prevenendo malattie ereditarie: non è un sogno futuristico, ma una realtà resa possibile da tecnologie rivoluzionarie, come CRISPR/Cas9. Queste innovazioni promettono non solo di curare malattie genetiche, ma di riscrivere il nostro futuro biologico, trasformando il nostro rapporto con la salute e con la vita stessa. Tuttavia, ogni grande progresso porta con sé sfide etiche e morali fondamentali: dove tracciamo il confine tra ciò che è curativo e ciò che diventa manipolazione della nostra vita?

L’editing genomico offre prospettive straordinarie nella lotta contro malattie ereditarie, come la distrofia muscolare e la fibrosi cistica; in ambito oncologico, l’uso di cellule geneticamente modificate ha già mostrato risultati promettenti nel trattamento mirato di alcuni tumori; un altro esempio sorprendente è la possibilità di debellare la malaria mediante la modifica genetica delle zanzare portatrici del parassita. L’impatto di questa tecnologia potrebbe essere enorme, capace di trasformare radicalmente la salute pubblica globale e di ridurre drasticamente la sofferenza umana. Eppure, di fronte a tali prospettive, non possiamo ignorare le questioni etiche principali: chi ha il diritto di decidere cosa modificare nel nostro codice genetico? Quali limiti devono essere posti per evitare abusi? Se si può correggere una malattia genetica, perché non anche potenziare capacità come l’intelligenza o l’aspetto fisico? Potremmo trovarci di fronte al rischio di una nuova forma di eugenetica, in cui l’editing genetico diventerebbe un privilegio riservato a chi ha i mezzi per accedervi. In questo scenario, non si tratterebbe più solo di migliorare la salute, ma di costruire individui geneticamente «ottimizzati», ampliando, così, il divario tra ricchi e poveri non solo sul piano economico, ma anche su quello biologico, rischiando di creare nuove forme di esclusione.

La modifica embrionale, inoltre, solleva interrogativi complessi, poiché interviene nelle prime fasi della vita umana, trasmettendo le alterazioni genetiche alle generazioni future. Ogni intervento rappresenta una scelta collettiva: ciò che modifichiamo oggi diventerà parte del patrimonio genetico umano. Se da un lato si prospetta l’eliminazione di gravi malattie genetiche, dall’altro si rischia di aprire la strada ad una selezione genetica mirata, decidendo chi sia «degno» di nascere; le tragiche esperienze del Novecento legate all’eugenetica ci ammoniscono sulla necessità di procedere con estrema prudenza. Vi è poi il rischio di conseguenze imprevedibili: il genoma umano è talmente complesso che alterare un gene potrebbe avere effetti inattesi su altre funzioni biologiche. Interventi oggi considerati sicuri potrebbero in futuro rivelarsi dannosi, causando nuove patologie o vulnerabilità. Infine, si pone il problema dell’identità umana: fino a che punto possiamo modificare ciò che ci definisce senza snaturarci? La modifica embrionale non riguarda solo la salute, ma anche il diritto ad un’esistenza libera da manipolazioni arbitrarie. Ogni embrione racchiude una potenzialità unica, e decidere quale vita sia «meritevole» di essere migliorata rischia di ridurre l’essere umano ad un prodotto da ottimizzare.

Al centro di questa riflessione vi è la necessità di una regolamentazione efficace. Sebbene si parli spesso di una governance internazionale, un approccio locale potrebbe essere più adeguato: una governance che tenga conto delle specificità culturali ed etiche di ogni comunità, evitando imposizioni ideologiche esterne. La regolamentazione, infatti, non può essere dettata dall’alto, ma deve nascere dal basso, rispettando le identità locali e promuovendo un dialogo globale che ne arricchisca l’applicazione; solo così se ne potrà garantire un uso responsabile e consapevole, senza rinunciare alla diversità culturale che caratterizza il nostro mondo.

L’editing genomico rappresenta, dunque, una delle più grandi opportunità che la scienza ci abbia mai offerto, ma anche una delle sfide morali più complesse. Il progresso è inevitabile e la scienza ci offre strumenti potenti, ma la nostra responsabilità etica è quella di utilizzarli in modo che la nostra esistenza rimanga in sintonia con i valori universali di dignità e rispetto per la vita. Per affrontare queste sfide in modo saggio e responsabile, è fondamentale un dialogo continuo e profondo tra scienziati, filosofi, legislatori e cittadini; solo così saremo in grado di costruire una realtà in cui la scienza sia al servizio della vita, e non viceversa. 

Ogni decisione che prenderemo sarà come un ago che tesse il nostro domani: se guidato con saggezza, potrà cucire speranza e giustizia, creando un futuro migliore, se ignorato o utilizzato senza rispetto per la dignità umana, rischierà di lacerare irreparabilmente il nostro tessuto sociale e biologico.

© Bioetica News Torino, Marzo 2025 - Riproduzione Vietata

Sugli stessi temi: Ingegneria genetica, Inizio Vita