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111 Aprile 2020
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Ecosistema: l’impegno per la salvaguardia del creato La fine del mondo? Questo il tema affrontato dalla Pontificia Accademia per la vita

La leggenda dell’Anno Mille affermava che, interpretando in modo frettoloso e distorto un passo dell’Apocalisse di S.Giovanni, sarebbe stata imminente la fine del mondo. In altre parole, dopo il Primo Millennio, l’umanità non avrebbe più visto sorgere l’alba del Secondo. I profeti di sventura non sono mai mancati nel corso della storia ma, nonostante queste profezie catastrofiste, siamo entrati nel Terzo Millennio. Tuttavia gli scenari che si sono aperti negli ultimi decenni sollevano oggettivamente molte preoccupazioni e perplessità che si fondano non su condizionamenti emotivi o credenze popolari, ma su solide basi scientifiche. Sul tema si è recentemente tenuto a Roma, organizzato dalla PAV (Pontificia Accademia Per la Vita) un importante Convegno dal quale sono emerse sia le criticità che le possibili soluzioni per ridare fiducia e speranza al nostro domani. Vi sarà ancora spazio per l’uomo sul Pianeta soltanto se saremo in grado di modificare sostanzialmente il rapporto tra noi e la natura che ci circonda. Partendo da tali presupposti, ispirati anche alla solidarietà ed alla ricerca del bene comune potremo realizzare uno sviluppo autenticamente sostenibile e rispettoso della Terra e della dignità umana.

Enrico Larghero


The end of the word? (La fine del mondo?). È questo il tema, tanto attuale quanto complesso, affrontato il 3 e 4 marzo scorsi dall’assemblea della Pontificia Accademia per la Vita. Vi hanno partecipato Premi Nobel ed esperti provenienti da ogni parte del mondo, motivati dall’intento di esaminare la situazione contingente, assumerne la responsabilità e fornire semi di speranza per il futuro che appare agli occhi dei più assai incerto. In apertura dei lavori è stato consegnato il messaggio inviato dal Gemelli da Papa Francesco. Il Pontefice ha asserito che viviamo nel tempo della “policrisi”. Siamo, cioè, immersi in una drammatica congiuntura storica in cui convergono guerre, cambiamenti climatici, problemi energetici, epidemie, fenomeni migratori, perniciosi nazionalismi, destabilizzante deregulation e innovazioni tecnologiche dagli incerti sviluppi che pongono non poche incognite sul destino del mondo e dell’umanità. 

I primi interventi hanno sottolineato che l’Universo ha avuto inizio 13,8 miliardi di anni fa a seguito dell’esplosione primordiale, il cosiddetto Big Bang, che ha prodotto l’espansione delle galassie. In questo macrocosmo la Terra occupa una posizione piuttosto periferica anche se per noi è di fondamentale importanza visto che l’homo sapiens, la specie a cui apparteniamo, vi abita da 230mila anni. Grazie alla stabilità climatica che ha percorso l’era geologica detta Olocene, iniziata circa 11.770 anni fa, dopo l’ultima era glaciale, l’homo sapiens ha potuto estendersi all’intero pianeta dal continente africano, sul cui territorio è inizialmente comparso. Per lunghi secoli il suo impatto sull’habitat è risultato piuttosto modesto. Negli ultimi settanta anni l’aumento dell’industrializzazione, della popolazione e dell’urbanizzazione ha provocato un maggior consumo di combustibili fossili con il conseguente aumento nell’atmosfera dei gas serra, responsabili del riscaldamento globale che sta provocando lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento del livello dei mari e la persistente alterazione degli equilibri naturali. Altrettanto nocive sono la diffusione di radionuclidi artificiali, l’utilizzazione massiccia di inquinanti chimici e della plastica gettata con noncuranza in ogni dove.

Il Premio Nobel Paul Crutzen, chimico dell’atmosfera e meteorologo, in un incontro dell’International Geosphere-Biosphere Programme (IGBP) tenutosi a Cuernavaca (Messico) nel febbraio del 2000, ha sostenuto che l’Olocene si è ormai concluso ed è comparsa una nuova era geologica, detta Antropocene ecaratterizzata, per la prima volta nella storia del nostro mondo, dal negativo impatto delle attività umane sul sistema terrestre. L’Anthropocene Working Group,con la competenza di geologi e di esperti in diverse altre discipline, ha condotto per 14 anni una ricerca che ha confermato a conclusione dei lavori nel 2023 la teoria di Crutzen. Ciò nonostante, l’Antropocene non è ancora riconosciuta ufficialmente come nuova era geologica e permane un temibile negazionismo alimentato da potenti lobby culturali, finanziarie e politiche, protese unicamente a mantenere i loro interessi economici. Indifferenti dei rischi che si corrono e che ancor più correranno le generazioni future, escludono tassativamente la possibilità di modificare gli stili di vita, gettano discredito sugli organismi internazionali che invitano a porre rimedio alle alterazioni sempre più pervasive del bio-regno e rilanciano il ricorso ai combustibili fossili e al nucleare dimenticando volutamente il grave impatto che possono avere sull’ambiente e sulla salute pubblica. 

Dopo l’attenta e prolungata analisi degli elementi di criticità emergenti, l’attenzione dell’assise dell’Accademia è stata posta sulla possibilità di invertire la rotta. In più interventi e nella tavola rotonda finale, si è ribadita l’urgenza di evitare di cedere sia al catastrofismo paralizzante, sia alla demonizzazione degli sviluppi tecno-scientifici. Alcuni sconvolgimenti dell’ecosistema, perpetuati nel tempo, sono ormai insanabili e la fine può sembrare imminente ma l’attuazione di alcuni significativi rimedi è ancora possibile. Più volte è stata richiamata dai relatori l’importanza di un dialogo attento e serrato, non inficiato da particolarismi deleteri ma dall’impegno a discernere le azioni opportune per implementare il bene integrale del pianeta e dei suoi abitanti. Urge un sussulto di pensiero e una convinta e globale collaborazione tra tutte le parti in causa. Come ha segnalato l’Enciclica Laudato si’, un ruolo fondamentale possono avere le religioni che hanno in comune l’impegno alla salvaguardia del creato. Altrettanta solidale attenzione deve essere posta alle sfide sanitarie mondiali e alle estese situazioni di marginalità e di oppressione che provocano, in una ampia parte della popolazione mondiale, disagi inverosimili. In questo marasma generalizzato ha un ruolo centrale la bioetica chiamata a sostenere un progetto educativo capace di uscire dalla ristretta attenzione all’area medica per attuare soluzioni innovative ai problemi globali.

Giuseppe Zeppegno

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