Donne. Una “Passione” vissuta, “paladine della pace”
08 Marzo 2022Sotto gli intermittenti spari e bombardamenti di sofisticata tecnologia ma incapace di distinguere “vittime militari da civili” ora corrono, ora si fermano improvvisamente gettandosi per terra per rialzarsi subito dopo e proseguire, tra le macerie che incontrano per strada e per i sentieri, tendendo le mani a chi va loro incontro per aiutarle ad indirizzarle verso la fuga, voltandosi indietro nel vedere chi è stato colpito, ferito o giace immobile, per poi guardare avanti perché non c’è tempo da perdere.
Non c’è tempo per piangere sui corpi che un attimo prima erano accanto a loro. Non c’è tempo da perdere per cercare di salvare la propria e quella del bambino che si stringe fortemente a se e o quelli affidati dai parenti o amici, diretti verso una meta lontana e pericolosa perché soggetti ad una crudeltà e disumanità ostinata che non concede loro neppure un corridoio umanitario, su cui si discute da giorni per un pietoso “si”, finalmente raggiunto oggi, tardi .
La maggior parte sono tutte donne e anziani in fuga dall’Ucraina. Adolescenti e ragazzine stringono a se in braccio un gattino o un cane le segue. Anziane che cercano con fatica di stare al passo, stremate dai dolori e dalle preoccupazioni per quanti lasciano indietro a resistere nella guerra.
In Ucraina vi sono donne che aiutano nella resistenza assistendo malati, cucinando e preparando armi. L’attaccamento al paese, alla loro “patria”, alla vita quotidiana prima di essere interrotta bruscamente dall’invasione russa, le ha portate ad affrontare con coraggio i carri armati cercando di fermarli con i propri corpi.
Nella grave crisi economica che rischia di essere irreversibile in Afghanistan, già provata da anni prima della presa del potere dei talebani dallo scorso agosto, e che ora si è acuita – tra congelamento dei beni governativi, sospensione di aiuto da parte dei Paesi stranieri, siccità e pandemia, disoccupazione -, c’è un seme di speranza, tra le tante preoccupazioni per le violazioni e restrizioni dei diritti fondamentali, che vedono purtroppo protagoniste le donne, le scomparse forzate e detenzioni arbitrarie, quella della riapertura delle scuole per maschi e femmine verso la fine del mese di marzo. Ci tengono le donne afghane ad un ritorno all’istruzione superiore e ad un lavoro.
Sono 24 milioni circa le persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. La povertà costringe le famiglie a far lavorare i propri figli quando dovrebbero andare a scuola e le bambine a matrimoni forzati. Il 28 per cento delle donne tra i 15 e i 49 anni si sono sposate prima dei 18 anni. Le Nazioni unite stimano 5 milioni gli sfolllati nel paese che sono stati costretti ad abbandonare le loro case in cerca di un rifugio sicuro, come il campo allestito a Mazar-i-Shafir, terza città afgana, per Nabila e la sua famiglia ritornati dal 2007 in Afghanistan.
Attiviste per i diritti femminili scomparse i cui corpi sono stati ritrovati, come quello di Feruzan novembre scorso a Mazar-i-Sharif, o donne e bambini che arrivati a Kabul per stare meglio si vedono costrette ad elemosinare pane per sfamarsi, è il risvolto di quanto accade nel Paese. Bambini malnutriti (sotto i cinque anni sono circa 3 milioni nel Paese), che non vanno a scuola (sono più di 4 milioni nel Paese), aiutano le loro famiglie lavorando; come la storia di Matiullah, 10 anni, e della sua sorellina che vanno a cercare le borse di plastica lungo le rive del fiume di Kabul per vederle al mercato. E tante altre storie simili raccontate nelle pagine dell’Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr).
Ovunque nel mondo dove vi sono conflitti, ingiustizie, persecuzioni, povertà, là vi sono sempre donne resilienti, che affrontano con coraggio ogni situazione. Ricordiamo i 9 anni in carcere passati da Asia Bibi, cristiana, moglie e madre, in Pakistan con l’accusa di blasfemia, che non ha rinunciato alla propria fede e libera, dal 2019 in Canada con la sua famiglia o come le donne che in Russia hanno osato manifestare a rischio di una condanna di 15 anni per la pace, solidali contro la guerra in Ucraina.
Soffrono in silenzio le vittime di abusi sessuali e di maltrattamenti familiari, ferite difficili da risanare che solo il tempo può far guarire, come quella della vendetta dell’ex fidanzato, convivente o marito sui figli verso colei che era prima considerata un’adorabile compagna o moglie. Purtroppo ancora molti femminicidi, 66 nel 2021 e 6 quest’anno, a causa di un’incapacità di controllo degli impulsi irrazionali, di un’idea del dominio sulla donna: il più recente, in settimana quello di Anna a Pontecagnano Faiano.
Nella vita quotidiana i tanti sacrifici che le donne affrontano per la famiglia, di cui sono le custodi. La scure si è abbattuta discriminatamente su di loro durante la pandemia, tra la perdita del lavoro e lo stare a casa con i figli in dad e nella crisi economica.
Riferendosi alle donne ucraine, le cui vicissitudini seguiamo incollati ogni momento alle notizie dai media, Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del monastero di Santa Rita da Cascia, nella giornata dedicata alla festa delle donne, 8 marzo, appella loro e altre come loro così: «In questa giornata simbolica, celebriamo il coraggio delle donne che anticipano l’alba, paladine della pace che vanno tutelate e dalle quali possiamo imparare tanto». Sono quattro donne che riceveranno il 21 maggio nel Santuario di Santa Rita a Cascia il riconoscimento Donne di Rita, scelte perché le loro «sono strade da seguire per un futuro migliore, proprio come Colei che ispira i nostri passi e che preghiamo perché accompagni anche quelli di ogni donna, soprattutto in questi tempi».
Le donne di Rita sono: Chiara Castellani, medico missionario per aver donato la sua vita ai piccoli e ai dimenticati del mondo in Nicaragua e in Congo; Concetta Zaccaria, mamma della Terra dei Fuochi che dalla perdita della figlia malata di linfoma Hodkin coltiva un seme di speranza nell’aiutare le altre famiglie della Terra dei Fuochi nella lotta contro il cancro e di denuncia contro l’inquinamento ambientale; Maria Antonietta Rositani vittima di maltrattamenti e di tentato femminicidio da parte dell’ex marito che deve affrontare numerosi interventi e infine Silvia Battini malata di sclerosi laterale amiotrofica dal 2009.
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