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106 Settembre
Speciale Dignitas Infinita

Dignità umana e questione gender

La teoria gender secondo la prestigiosa enciclopedia TRECCANI viene definita come: “La distinzione di genere, in termini di appartenenza all’uno o all’altro sesso, non in quanto basata sulle differenze di natura biologica o fisica, ma su componenti di natura sociale, culturale, comportamentale”. Dagli anni ’90 del XX secolo, cioè dalla sua origine storica ai giorni nostri, la teoria del gender è stata oggetto di perenni confronti e conflitti di tipo teologico, filosofico, scientifico. Dignitas Infinita attraverso la ponderata riflessione di Carla Corbella mette e fuoco il tema alla luce della dignità umana volgendo lo sguardo oltre l’identità sessuale e ribadendo il valore inalienabile della persona umana.

Enrico Larghero

L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, è intervenuto il 24 aprile 2024  a New York al dibattito del Consiglio di sicurezza intitolato “Donne, pace e sicurezza”. A destare l’allarme del presule è stato «il deplorevole aumento dell’uso sistematico della violenza sessuale nei conflitti armati da parte di attori statali e non statali». Un «flagello», ha detto monsignor Caccia, che suscita «grande allarme» anche per  «gli effetti negativi della violenza sessuale sulle opportunità educative e sui mezzi di sussistenza delle donne» (cfr  DI 44). Allo stesso tempo, preoccupa «il sostegno finanziario alle organizzazioni estremiste violente e il traffico di esseri umani». Due quindi le strade indicate dall’arcivescovo per combattere questa piaga: in primo luogo, porre fine ai «ripetuti tentativi di cancellare le differenze tra donne e uomini» (cfr DI 55-56), in quanto tali azioni «distraggono e minano gli sforzi critici per affrontare l’impatto dannoso della proliferazione e del traffico di armi su donne e ragazze». In secondo luogo, ha detto monsignor Caccia, «è importante sottolineare che la piena, equa e significativa partecipazione delle donne alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti aumenta le possibilità di raggiungere una pace sostenibile». In quest’ottica, ha concluso l’arcivescovo, diventa «fondamentale» riconoscere le donne come «agenti di cambiamento e aumentare la loro partecipazione agli sforzi di costruzione della pace, sostenendo la loro pari dignità» (cf 45).

Il discorso di mons Caccia esplicita come la deriva cui si giunge nella ricerca di una reale uguaglianza tra donne e uomini sia la pretesa di rendere tutti uguali cancellando le differenze (56). Questo si concretizza in diverse modalità tra cui anche una ridefinizione della possibilità concettuale stessa degli aggettivi maschile e femminile. Tale discussione non si presenta come elemento del tutto nuovo in quanto la distinzione tra uomini e donne è un tema antico sviscerato ermeneuticamente in riferimento a varie categorie interpretative tra cui quella dell’uguaglianza e della differenza. La novità è che ora si presenta come una vera e propria rivoluzione qualitativa che interessa l’identità profonda di ciascuno. In altre parole, la differenza sessuale sarebbe irrilevante non solo nei termini di attribuzioni di ruolo o di uguaglianza legislativa e sociale ma soprattutto a livello di identità sganciando quest’ultima dalla determinazione sessuale. All’inizio della trattazione di queste tematiche, per sgomberare il campo da equivoci e confusioni,  la Dichiarazione denuncia (56) le violenze e le discriminazioni ai danni delle persone omosessuali ribadendo che “ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto” (Catechismo, n. 2358 citato da Amoris laetitiœ, n. 250). Ma, nello stesso tempo, si esprime con chiarezza la condanna delle teorie gender (57-59) e dei loro sviluppi in quanto esse sostengono che la natura sia del tutto indifferente per l’identità sessuale. Non ci sarebbe, infatti, relazione tra caratteristiche biologiche e socio-culturali. 

Se ciò è vero, se cioè l’identità sessuale è definita solo dalla cultura, ne consegue che può essere trasformata a piacimento secondo il desiderio dei singoli e le influenze del contesto storico e diviene il prodotto di scelte individuali insindacabili e meritevoli sempre di riconoscimento pubblico. In questa logica la sessualità viene interpretata come un continuum che dal maschile porta al femminile e dall’eterosessualità all’omosessualità: sia gli estremi sia ogni altra posizione intermedia, come per esempio la transessualità, la sessualità indeterminata, la intersessualità, la  bisessualità, sono ugualmente possibili  e legittimi.  

Molte problematiche, conseguenti proprio alla negazione della naturale differenza tra i sessi come fondamento antropologico dell’identità, si constatano sul piano sociale, politico, giuridico ed inducono nuove riflessioni bioetiche. È di questo che si occupa il n 60 ribadendo il ruolo fondamentale della corporeità. Il corpo umano, infatti, partecipa della dignità della persona in quanto dotato di significati personali, particolarmente nella sua condizione sessuata. Dunque gli interventi sul corpo non sono mai solo interventi sul corpo in quanto tale ma sulla persona con la sua piena dignità. Ne deriva che “qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia  di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Consegue una condanna degli interventi operati nella disforia di genere. Tuttavia tale condanna non pare chiaramente motivata almeno nei casi in cui non siano possibili altre terapie per ricomporre l’armonia fra interiorità ed esteriorità della persona. Sembra che gli interventi di adeguamento dell’aspetto corporeo all’identità di genere discrepante siano frutto di un capriccio insano e arbitrario, e vengono respinti in nome dell’intangibilità del corpo così che per rispettare una astratta dignità del corpo si può arrivare a sacrificare la serenità di una persona. La dichiarazione probabilmente vuole prendere le distanze da coloro che parlano di autodeterminazione nei confronti del corpo sessuato, come se fosse una oggetto plasmabile a volontà, ma l’enfasi polemica ha portato a colpire in modo indistinto i teorici estremi del gender e le persone sofferenti per la disforia.

Essendo il tema della dignità umana profondamente cristiano, ma di capitale importanza anche nel mondo laico, esso può diventare terreno di dialogo e confronto con la cultura contemporanea, ma bisogna evitare condanne affrettate, affermazioni sloganistiche, valutazioni univoche e prive di sfumature. D’altra parte, la dichiarazione stessa ce lo ha detto: stiamo crescendo nella percezione della profondità della dignità umana e delle sue conseguenze per la vita nostra e della comunità umana. Un’etica in cammino.

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