«Difendere l’amore fedele, non puntare il dito giudicando gli altri»
04 Ottobre 2015La Chiesa difende l’amore fedele e duraturo, verso il quale «anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato» e non punta «il dito per giudicare gli altri» ma cerca e cura «le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa che ha concelebrato con i 270 padri sinodali, impegnati con lui da domani per tre settimane a discutere sulla famiglia. Le letture bibliche di questa domenica, ha sottolineato Bergoglio, «sembrano scelte appositamente per l’evento di grazia che la Chiesa sta vivendo». Il Papa ha proposto tre argomenti di riflessione, il dramma della solitudine, l’amore tra uomo e donna, la famiglia.
Solitudine
Francesco ha fatto notare come Adamo vivesse nel Paradiso, imponendo «i nomi alle altre creature» ed «esercitando un dominio che dimostra la sua indiscutibile e incomparabile superiorità». Nonostante ciò si sentiva solo. «La solitudine, il dramma che ancora oggi affligge tanti uomini e donne – ha continuato il Papa – Penso agli anziani abbandonati perfino dai loro cari e dai propri figli; ai vedovi e alle vedove; ai tanti uomini e donne lasciati dalla propria moglie e dal proprio marito; a tante persone che di fatto si sentono sole, non capite e non ascoltate; ai migranti e ai profughi che scappano da guerre e persecuzioni; e ai tanti giovani vittime della cultura del consumismo, dell’usa e getta e della cultura dello scarto».
Oggi, ha detto Bergoglio, «si vive il paradosso di un mondo globalizzato dove vediamo tante abitazioni lussuose e grattacieli, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanti progetti ambiziosi, ma poco tempo per vivere ciò che è stato realizzato; tanti mezzi sofisticati di divertimento, ma sempre di più un vuoto profondo nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia… Sono sempre più in aumento le persone che si sentono sole, ma anche quelle che si chiudono nell’egoismo, nella malinconia, nella violenza distruttiva e nello schiavismo del piacere e del dio denaro».
L’esperienza vissuta dall’uomo d’oggi è simile a quella di Adamo, ha sottolineato il Pontefice: «tanta potenza accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità; e la famiglia ne è l’icona. Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale».
Amore tra uomo e donna
Continuando il commento alla Lettura della Genesi, Francesco ricorda che Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Queste parole «dimostrano che nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo». Dio ha creato l’essere umano «per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare; per vivere la stupenda esperienza dell’amore: cioè amare ed essere amato; e per vedere il suo amore fecondo nei figli».
Gesù, nel Vangelo del giorno, di fronte alla domanda retorica se sia lecito ripudiare la propria moglie, che gli viene fatta, «probabilmente come un tranello, per farlo diventare all’improvviso antipatico alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile», risponde, dice Francesco, «in maniera schietta e inaspettata». «Riporta tutto all’origine della creazione, per insegnarci che Dio benedice l’amore umano, è Lui che unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità. Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre!».
La famiglia
«L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto», risponde Gesù. Si tratta, spiega il Papa, di «una esortazione ai credenti a superare ogni forma di individualismo e di legalismo, che nascondono un gretto egoismo e una paura di aderire all’autentico significato della coppia e della sessualità umana nel progetto di Dio». Solo «alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem», commenta Francesco. Per Dio «il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! Infatti la paura di aderire a questo progetto paralizza il cuore umano».
«Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale». Francesco ha quindi citato una frase di Joseph Ratzinger: «I piaceri proibiti hanno perso la loro attrattiva appena han cessato di essere proibiti. Anche se vengono spinti all’estremo e vengono rinnovati all’infinito, risultano insipidi perché sono cose finite, e noi, invece, abbiamo sete di infinito».
Il Papa ha quindi indicato, in questo «contesto sociale e matrimoniale assai difficile», la missione della Chiesa. Essa, ha spiegato, deve «difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; difendere la sacralità della vita, di ogni vita; difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente». Deve «vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti».
Una missione da esercitare «nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma – fedele alla sua natura di madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere “ospedale da campo”, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente della salvezza». Una Chiesa che «insegna e difende i valori fondamentali, senza dimenticare che “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”; e che Gesù ha detto anche: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”».
Francesco ha infine citato san Giovanni Paolo II che diceva: «L’errore e il male devono essere sempre condannati e combattuti; ma l’uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso e amato… Noi dobbiamo amare il nostro tempo e aiutare l’uomo del nostro tempo». La Chiesa «deve cercarlo, accoglierlo e accompagnarlo, perché una Chiesa con le porte chiuse tradisce sé stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera».
Durante la preghiera dell’Angelus, Bergoglio ha pregato così: «Il Signore ci aiuti a non essere società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere». «Accogliere sempre – ha aggiunto il Pontefice a braccio – con amore». «Oggi – ha detto – chiediamo al Signore che tutti i genitori e gli educatori del mondo, come anche l’intera società, si facciano strumenti di quell’accoglienza e di quell’amore con cui Gesù abbraccia i più piccoli. Egli guarda nei loro cuori con la tenerezza e la sollecitudine di un padre e al tempo stesso di una madre. Penso a tanti bambini affamati, abbandonati, sfruttati, costretti alla guerra, rifiutati». «È doloroso – ha confidato Francesco – vedere le immagini di bambini infelici, con lo sguardo smarrito, che scappano da povertà e conflitti, bussano alle nostre porte e ai nostri cuori implorando aiuto».
Andrea Tornielli
Fonte: «Vatican Insider.it»