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104 Giugno
Bioetica News Torino

Desistenza terapeutica e proporzionalità delle cure. Le nuove frontiere della medicina Convegno di studi promosso dal Centro Cattolico di Bioetica dell'Arcidiocesi di Torino, Sabato 15 giugno 2024, Aula Magna Facoltà Teologica di Torino

Nell’aula magna del Polo Teologico Torinese, la mattinata del 15 giugno u. s. ha visto concretizzarsi un importante e partecipatissimo convegno di studi sull’importante e quanto mai attuale tema della “Desistenza terapeutica e proporzionalità delle cure. Le nuove frontiere della Medicina e della Bioetica”. Il convegno, sviluppatosi in due momenti (il primo dotato di un taglio teoretico -volto soprattutto ad aiutare gli astanti a capire e a riflettere circa la natura del concetto polisemantico di persona – il secondo, più pratico/concreto) ha visto come relatori Don Alberto Piola, docente di teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione parallela di Torino, il dottor Guido Giustetto, Presidente dell’Ordine dei Medici di Torino, il dottor Alessandro Comandone, Oncologo, il dottor Pierpaolo Donadio, anestesista e rianimatore e il dottor Ferdinando Garetto, Direttore Medico dell’Hospice Cottolengo di Chieri.

I lavori esordiscono alle ore nove con i saluti delle autorità, tra le quali vengono registrati gli interventi del vescovo di Alba, mons. Marco Brunetti, il quale sottolinea la complessità della tematica affrontata e la relativa urgenza ed emergenza nell’essere affrontata con condizione di causa e professionalità, scommettendo sull’importante ruolo che la relazione terapeutica medico – paziente deve avere in quei momenti limite dove le leggi e la deontologia medica vivono in zone d’ombra. Temi quali l’accanimento terapeutico, la desistenza e le cure palliative impongono confini sfumati che rendono l’agire meno certo e che porta ad interrogativi etici non indifferenti.

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Mons. Marco. Brunetti

Segue l’intervento del professor Palestro, Professore Ordinario Emerito di Anatomia e Istologia Patologica presso Università degli Studi di Torino e Presidente del Centro Cattolico di Bioetica dellArcidiocesi di Torino. Il tema della desistenza terapeutica è un argomento delicato e divisivo, come l’aborto e l’eutanasia. Esso nasce in ambito anestesiologico ed ha come controfaccia un altro tema caldo, l’accanimento terapeutico. Citando il padre francescano, nonchè medico e bioeticista M. P. Faggioni, onde garantire un trattamento e un fine vita dignitoso del malato, da accompagnare e sostenere umanamente fino alla fine, il dottor Palestro richiama concetti quali proporzionalità e sproporzionalità delle cure piuttosto che la differenza tra mezzi ordinari e straordinari. Conclude il suo intervento con una riflessione circa la liceità dell’agire scientifico tecnologico: la fattibilità proposta da determinate tecniche ne giustifica sempre l’applicazione?

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Giorgio. Palestro

Segue l’intervento del prof. Giuseppe Zeppegno, professore di Bioetica e nuovo presidente del Centro Cattolico di Bioetica, il quale propone subito un caso clinico concreto, ossia quello di un paziente caratterizzato da una prognosi altamente infausta, che lo vede incapace di nutrirsi, di essere autonomo e non più rispondente ad alcuna terapia specifica. Qual è il dovere del medico e dei sanitari nei suoi confronti? Il medico, per sua natura e propensione, è sempre al servizio della vita. In questo caso deve scegliere: accanimento o desistenza terapeutica? La morte segna il fallimento dell’atto medico? Se non si tenta il tutto per tutti si rischia la denuncia? Deontologicamente qual è il dovere del medico? Citando la Samaritanus bonus, precisamente il numero 2 e il numero 6, Zeppegno ricorda che “La sospensione di ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione dei trattamenti non deve essere desistenza terapeutica” e che “La sospensione di terapie sproporzionate non può condurre alla sospensione delle cure”. Aiutare e accompagnare il malato con dignità, fino alla fine, mantenendo la relazione terapeutica nel rispetto reciproco dei ruoli e dell’umanità dei partecipanti.

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Giuseppe Zeppegno

La prima parte della mattinata è affidata, come su detto, al professor Alberto Piola il quale propone una interessante riflessione antropologica sui concetti di “Persona” e “Persone”. Termini usati e abusati, afferma il teologo, ma dei quali spesso non si conoscono la vera essenza e il signifcato profondo. Si parla spesso di dignità della persona umana, ma se non si definisce bene il concetto di persona, avvicinare questi due termini, dignità e persona, diventa impresa alquanto ardua. per l’antropologia cristiana il termine viene assunto in una logica legata alla teologia trinitaria, che collega la creatura direttamente al suo Creatore, Dio e dove la filialità diventa garanzia ultima della dignità intrinseca in ogni essere umano, a livello ontologico e non solo esistenziale o morale. Questo da un punto di vista singolare. Adottando in vece un punto di vista plurale, quando si parla di “persone” diviene fondamentale la categoria della relazione. L’Adam viene creato sin da subito come essere relazionale, verso la propria compagna, verso gli animali e verso il creato tutto, nei confronti dei quali la categoria della responsabilità assume un ruolo fondamentale. Riconosce la sua e le altrui libertà nei volti, dei quali deve prendersi cura responsabilmente.

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Alberto. Piola

La seconda parte della mattinata assume fin da subito un risvolto pratico, mettendo sul banco della discussione l’epserienza diretta di alcuni professionisti che vivono nella loro esperienza diretta professionale episodi e casi concreti nei quali il discernimento diventa fondamentale, basandosi sempre su scienza e coscienza.

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Tavola rotonda

Il dottor Giustetto, citando uno dei primi codici di deontologia medica (tra l’altro, composto proprio a Torino nel 1912), riporta che è dovere del medico non abbandonare il paziente incurabile e/o terminale, deve assisterlo sempre, astenendosi da misure sproporzionale, inefficaci e inadeguate (definizione di accanimento terapeutico del CNB). Altro grande problema, continua il dottor Giustetto, è la differenza tra iniziare e interrompere un trattamento: da un punto di vista bioetico sono equivalenti, mentre da un punto di vista pratico vi sono rilevanti ricadute (S’è tentato abbastanza? E’ la domanda che spesso i parenti dei malati terminali si pongono e pongono ai sanitari, con relative possibili cause legali). Valore della comunicazione nella alleanza terapeutica, rispetto dell’autonomia del paziente, conlude giustetto, divengono i cardini intorno ai quali sviluppare il discernimento.

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Guido Giustetto

L’intervento del dottor Donadio esordisce citando Benedetto XVI il quale quando si riferisce alla legge morale naturale afferma che quest’ultima è sempre incentrata verso il fare del bene e mai verso il male, e che in essa il rispetto della vita non viene mai meno. Ma visti i progressi della scienza e della medicina, continua Donadio, oggi si può ancora parlare di “morte naturale”? Di primo acchito la risposta sembrerebbe essere negativa: nei reparti di terapia intensiva ci troviamo di fronte a dei titani tecnologici che si contrano con lillipuziani etici, usando una metafora e la domanda sul da farsi, le scelte di accanimento o desistenza dovrebbero essere accompagnati, citando Papa Francesco, da un supplemento di saggezza in più. Trattamenti inappropriati come anche costi inutili dovrebbero volgere verso atti di desistenza aventi come unico scopo quello di aiutare a accompagnare il malato in un fine vita degno.

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F.erdinando Garetto

Il penultimo intervento della tavola rotona è affidato al dottor Comandone, oncologo. Dopo una panoramico sul cancro, malattia del secolo, sulla sua curabilità e sugli aspetti cronicizzanti dello stesso, che portano spesso gli operatori nell’ambito oncologico a porsi delle domande circa questioni riguardanti il passaggio tra trattamenti curatiiivi e cure palliative, il rispetto per l’autonomia decisionale del paziente, i costi delle cure e la loro effettiva efficacia, tutto ciò porta a degli interrogativi etici e professionali che abbisognano di un giusto discernimento.

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Alessandro Comandone

Ultimo intervento della giornata, quello del dottor Garetto, direttore medico dell’Hospice Cottolengo di Chieri. Le cure palliative, esordisce Garetto, non desistono mai. Citando C. Saunders, il medico britannico che ha inventato e introdotto nel mondo della sanità le cure palliative, garetto afferma che le cure palliative sono un percorso sempre in relazione, un relazione basata su criteri specifici volti sempre a ripsettare la dignità del paziente morente, con criteri quali l’evitamento degli eccessi e delle omissioni, di un attenta e graduale rivalutazione periodica delle esigenze del malato come anche di tenere in considerazione quello che la Saunders definiva il “dolore totale”, ossia una componente multifattoriale dell’esperienza del fine vita che tenga conto non solo della dimensione medico – fisiologica ma anche quella psicologica, sociale e spirituale del malato.

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Ferdinando Garetto

Tantissime sono state le idee e le provocazioni intellettuali, da un punto di vista bioetico come anche da un punto di vista scientifico, sorte da questo convegno. Molto interessante il dibattito svoltosi alla fine della tavola rotonda, che ha visto molti dei numerosi partecipanti prendere la parola e contribuire alla discussione. Sicuramente un ottimo punto di partenza per una tematica che necessita di riflessione e di approfondimento continuo, sempre nell’ottica di salvaguardare l’umano in quanto tale, durante tutto l’arco temporale della sua esistenza, dall’inizio al fine vita.

Clicca qui per rivedere il convegno

© Bioetica News Torino, Luglio 2024 - Riproduzione Vietata