Da Strasburgo l’esito del Comitato europeo dei diritti sociali sul riscontro dell’applicazione della legge 194
26 Gennaio 2019Il Comitato europeo dei diritti sociali ha espresso una valutazione sul riscontro alla decisione da lui pronunciata nel 2016 nei confronti dell’Italia dopo il reclamo presentato in forma collettiva dalla Ggil nel 2013 per la violazione della Carta sociale europea nell’applicazione della legge 194 del 1978 che norma la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza.
Il documento contiene, sulla base della documentazione pervenuta, le violazioni riscontrate nel 2016: tutela della salute per il difficile accesso, nel sistema organizzativo, ai servizi sanitari per l’interruzione volontaria di gravidanza – (IVG (art. 11) e la correlata discriminazione nei confronti delle donne che vogliono abortire (art. E), nonché la discriminazione nella differenza di trattamento tra i medici obiettori e non obiettori praticanti l’IVG (art. 1.2) e alla mancata azione di misure preventive contro l’offesa morale (art. 26.2).
Poi riporta le informazioni trasmesse dal Governo nel suo rapporto del febbraio 2018 al Consiglio d’Europa. Emerge «la costante decrescita del numero degli aborti volontari dall’implementazione della legge 194/1978, da cui ne consegue una diminuzione nel carico di lavoro per i ginecologi non obiettori» e dalla Relazione annuale parlamentare del 7 dicembre 2016 sulla attuazione della legge 194 «tra il 1983 e il 2014 il numero di interventi di IVG alla settimana per ogni ginecologo non obiettore è diminuito della metà a livello nazionale, da 3.3 alla settimana a 1.6». Nel 2014 sono riportate 96.758 IVG effettuate da 1408 ginecologi non obiettori nelle 44 settimane lavorative, e da ciascuno in media 1.6 a settimana e cresce a 4.7 in Molise e 9.4 se il carico di lavoro viene calcolato nei termini di FTE (Full Time Equivalent). Dai dati forniti per il servizio IVG «la situazione è relativamente uniforme in ciascuna regione eccetto tre asl su 140 dove la media settimanale delle IVG effettuate da ginecologi non obiettori eccede ampiamente la media regionale, raggiungendo tra 12.2 e 15.8 per settimana in Puglia, Piemonte e Sicilia». E che dai dati parziali del 2016 «un numero di ginecologi non obiettori non ha effettuato IVG – l’11 % a livello nazionale nelle regioni censite – perché è stato assegnato ad altri servizi, ma poteva essere richiamato ai servizi di IVG se necessitava».
Si riferisce che «se un confronto viene fatto tra il numero dei punti nascita e i servizi di IVG in relazione al numero delle donne in età fertile, il numero dei servizi di IVG è perfettamente adeguato al rapporto nascite/aborti». Nel 2014 su 654 strutture con reparti di ostetricia e/o ginecologia 390 (59.6%) praticano l’IVG e in sole tre regioni Provincia Autonoma di Bolzano, Molise e Campania il servizio di IVG è inferiore al 30% delle strutture censite.
Pertanto, secondo il Governo, i dati «confermano che i problemi di accesso ai servizi di IVG non sono generalmente il risultato di una mancanza di medici non obiettori ma probabilmente deriva dalla situazione in specifiche strutture o scelte politiche sanitarie regionali». E «i tempi di attesa non sono necessariamente più lunghi nelle regioni con meno medici non obiettori. Secondo i dati forniti, che confermano disparità regionali, i tempi di attesa diminuiscono del tutto tra il 2006 e il 2014 mentre il numero di ginecologi obiettori cresce lievemente – dal 69.2% al 70.7% – e il tasso di abortività e il numero di aborti diminuisce».
Inoltre, dai dati del 2016 sui consultori familiari raccolti per l’85%, considerando le differenze organizzative regionali sui servizi di IVG, si evince, secondo il Governo, che «il numero di obiettori di coscienza presso i consultori è molto inferiore a quello presso gli ospedali (15% a confronto con il 70.7%) e il numero di colloqui di pre-aborto – 76.8500 in totale – è superiore al numero di certificati di aborto rilasciati – 31.277; il che può indicare, secondo il parere del Governo, che misure pratiche sono state intraprese per aiutare le donne ” a sradicare le cause che portano loro a interrompere la gravidanza».
Nelle osservazioni conclusive della Relazione del 2017 il Comitato europeo dei diritti sociali invitava, preoccupato sulle «difficoltà di accesso ai servizi IV a seguito dell’alto numero di dottori che rifiutano di eseguire gli aborti per obiezione di coscienza e la distribuzione di tali dottori sul territorio, a prendere misure per garantire appieno l’accesso ai servizi di IVG a livello territoriale e istituire un sistema di riferimento efficace per le donne alla ricerca di tali servizi».
Così dai dati osservati e analizzati finora, in riferimento alla questione sulla discriminazione contro le donne a favore dell’interruzione volontaria di gravidanza e alla violazione della loro tutela alla salute per problemi di accesso ai servizi di aborto il Comitato si è espresso annunciando il prossimo esito sulla base di informazioni che saranno pervenute il prossimo ottobre 2019. Affermando che «sebbene la situazione sembra stia migliorando, ci sono ancora maggiori disparità a livello locale. E sono chieste informazioni nel successivo rapporto sulle misure da intraprendere per ridurre le disparità rimanenti a livello locale e regionale e i risultati ottenuti, alla luce dei dati aggiornati», per poter venire anche meno del tutto la discriminazione verso le donne intenzionate all’IVG per problemi di accesso ai servizi.
Anche il rinvio a ottobre 2019 di informazioni aggiornate dal Governo per dare poi una valutazione sugli sviluppi della situazione è per la discriminazione contro i ginecologi non obiettori e l’incapacità di proteggere tali medici dall’offesa morale. Considera i dati forniti rilevando che «la situazione è chiaramente migliorata riguardo al carico di lavoro medio dei medici non obiettori dal confronto tra la media nazionale tra il 1983 e il 2014, che rappresenta uno sviluppo positivo nel rispetto della situazione precedente analizzata». Tuttavia per le alte disparità presenti a livello locale per i numeri di non obiettori non assegnati ai servizi di IVG o che non lavorano full time, sono chieste informazioni nel successivo rapporto sulle misure prese per assicurare che i non obiettori praticanti IVG siano più distribuiti in modo uniforme sul territorio nazionale e siano disponibili ai servizi di IVG. Per il secondo punto la richiesta riguarderà le misure preventive che saranno adottate o rispettate nell’assicurare la protezione necessaria contro ogni infamia morale verso i non obiettori.