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Covid-19. Quanto incide l’uso dei DPI sullo stress dovuto al caldo per gli operatori sanitari? Il Consiglio nazionale delle Ricerche (CNR) ha avviato un'indagine nell'ambito del progetto di ricerca "Worklimate" del BRIC (Bando di Ricerca In Collaborazione) Inail 2019

18 Agosto 2020

Per conoscere i risultati dell’impatto del caldo ambientale sulla salute, produttività e sicurezza dei lavoratori correlato all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali e di misure igieniche eseguite durante l’epidemia da Covid -19 i ricercatori del progetto Worklimate hanno sviluppato un questionario di indagine che è disponibile ai fini di ricerca per la compilazione sulla piattaforma dedicata: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScLPcXGjD9FHBnQkPG6P_RrhmBJwMTRRie0mfP3TI-DDkmV6g/viewform .

Il Progetto avviato lo scorso luglio, rientra nell’ambito dell’attività di ricerca dell’Inail – Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del lavoro e ambientale a cui partecipa come capofila l’Istituto per la BioEconomia (IBE) del Consiglio nazionale delle ricerche in collaborazione con le aziende sanitarie locali Toscana Centro per i servizi di epidemiologia e prevenzione e Toscana Sud-Est per quelli di laboratorio di Sanità pubblica Agenti Fisici, il dipartimento di Epidemiologia regionale del Lazio e Asl Roma 1 e il Consorzio laMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale per lo sviluppo sostenibile) di Firenze.

Il questionario, formulato con domande e risposte, raccoglie in modo anonimo e riservato le esperienze professionali di coloro che sono impegnati nel settore sanitario, come medici, operatori socio-sanitari, terapisti, tecnici, durante i mesi caldi, tra maggio e settembre, in concomitanza con l’adozione delle misure anticontagio da Covid-19. Farà emergere informazioni sull’utilizzo dei DPI riguardo sia alle misure di sicurezza adottate nelle aziende specificando tipologia (mascherine FFP2 o FFP3, guanti – un paio o due paia sovrapposti – , copricapo, visiera, camice monouso etc.) e durata delle ore in cui vengono indossati, le modalità di rimozione impiegate durante la pausa di lavoro e sia all’aspetto medico sulla sintomatologia, come stanchezza, irritazioni cutanee, e sulla sensazione termica durante il loro utilizzo.

I ricercatori del Progetto Worklimate sono interessati anche ad un’altra indagine, sempre a livello nazionale e sempre avente per tema gli effetti del caldo sulla salute durante l’epidemia da Covid-19 ma rivolta ai lavoratori in generale, a cui si può partecipare rispondendo al questionario da loro realizzato e pubblicato sulla stessa piattaforma che ospita il Progetto, intitolato Indagine caldo e lavoro (https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfDfLc0cDEEq-fInwrINL3WWuqWoF0EE6YMZXslB7_B_Ifj2Q/viewform). Si contribuisce a fornire informazioni utili per valutare gli effetti del caldo negli ambienti di lavoro e individuare delle strategie di intervento e di sviluppo integrato di un sistema di allerta meteo-climatica ed epidemiologica con cui ridurre il rischio da caldo per la salute in ciascun specifico settore occupazionale.

I ricercatori del Progetto e dell’indagine, Marco Morabito del IBE-CNR e Michela Bonafede dell’INAIL, si mettono a disposizione per accogliere osservazioni e fornire ulteriori informazioni nella compilazione del questionario scrivendo ai rispettivi indirizzi di posta elettronica: marco.morabito@ibe.cnr.it e m.bonafede@inail.it.

Il progetto è iniziato partendo dalla consapevolezza che la temperatura atmosferica è cresciuta a cui circa il 30% della popolazione mondiale è attualmente esposta per almeno 20 giorni all’anno a condizioni critiche per la salute e di un fenomeno che continuerà nei prossimi anni. L’attenzione è rivolta in particolar modo alle categorie di lavoratori più esposti all’impatto del caldo che svolgono attività all’aperto, il settore agricolo e delle costruzioni. Attinge informazioni alla banca dati sugli infortuni dell’Inail.

Una sfida internazionale alquanto spinosa e urgente, a cui i ricercatori del progetto italiano Worklimate hanno cercato di dare un contributo, alla luce delle recenti raccomandazioni dell’OMS (Preparing for long, hot summer with Covid-19, 11 maggio 2020) che ha consigliato di rivedere i piani di azione della Salute HHAPs correlati al caldo per prevenire il contagio e la diffusione della trasmissione del SarsCoV-2, è su come affrontare le grandi ondate di calore per la popolazione in generale, e in particolar modo per le persone più a rischio, più vulnerabili, e sui luoghi di lavoro, dovendo anche contemporaneamente proteggere la salute dalla trasmissione di contagio da SarsCoV-2, che è la priorità in questo periodo pandemico.

Marco Morabito, Alessandro Messeri insieme agli altri Autori dello studio pubblicato sulla rivista «Science of the Total Environment» (vol. 738), Heat warning and public workers’ health at the time of Covid-19, pandemic (www.directscience.com, 18 giugno 2020), hanno incentrato la loro ricerca sperimentale sul campo su come l’uso di alcuni dispositivi protettivi individuali, quali mascherine e guanti incide/interagisce nella gestione dello stress termico. Non vi è attualmente una letteratura scientifica approfondita sugli effetti da stress per il caldo in relazione al microclima che si sviluppa all’interno di tali dispositivi sia a livello locale, relativo alla sola parte coperta, sia a livello globale, su tutto il corpo. Lo studio di Morabito et al. condotto su persone con indosso la mascherina chirurgica per un’ora, in attività sedentaria o in movimento, con un monitoraggio anche della temperatura e dell’umidità della pelle all’interno della mascherina chirurgica generica e dei guanti in lattice, ha rilevato un’aumentata percezione del disagio termico a livello locale e su tutto il corpo, che può essere attribuita a fattori combinanti quali le caratteristiche dei DPI, le condizioni ambientali e il livello di attività fisica suggeriti – come citano gli Autori – già da Xu et al. (Heat strain imposed by personal protective ensembles: quantitative analysis using a thermoregulation model, 2016).

Le mascherine chirurgiche generiche per essere idonee devono avere le seguenti caratteristiche tecniche UNI EN 14683:2019 di resistenza a schizzi liquidi, traspirabilità, efficienza di filtrazione batterica e pulizia da microbi (Ministero della Salute, salute.gov.it Mascherine, le norme tecniche per la produzione, 31 marzo 2020). «Sebbene la permeabilità dell’aria della mascherina sia misurata determinando la differenza di pressione attraverso la mascherina in specifiche condizioni di flusso dell’aria, temperatura e umidità, non vi sono finora test indirizzati nello specifico al microclima e alla valutazione del comfort termico», spiegano gli Autori. Gli approfondimenti sulla correlazione tra stress termico e uso dei DPI diventano allora importanti per poter trovare strategie di adattamento nel contrasto degli effetti del caldo sia per la popolazione generale sia per i lavoratori. Morabito et al. propongono alcuni interventi (espressi in sintesi nella tabella 1) attingendo alle recenti raccomandazioni del Global Heat Health Information Network su Caldo e Covid-19 .

Redazione Bioetica News Torino