Sabato 21 novembre si è tenuto il convegno Covid-19 e Salute Mentale: problemi, prospettive e sviluppi, organizzato dall’Ufficio Pastorale Salute di Torino, in collaborazione con la Caritas diocesana ed il Tavolo diocesano Salute Mentale. L’iniziativa, inizialmente prevista in presenza nel mese di ottobre, si è tenuta online (utilizzando la piattaforma Zoom) in ottemperanza alla vigente normativa di contrasto al Covid-19.
Durante il convegno abbiamo analizzato, sia dal punto di vista medico che da quello sociale, l’impatto che l’esperienza della pandemia sta avendo e soprattutto avrà sul livello e sulla qualità della Salute mentale nella nostra popolazione.
Le conseguenze sulla Salute mentale infatti possono essere pesanti, sia nelle persone che già presentano disturbi mentali, sia in coloro che vivono con estrema fatica questa nuova realtà. Emergono sempre più frequentemente le storie di chi va incontro a situazioni di povertà, di chi si isola dal contesto sociale a causa dell’angoscia scatenata dalla pandemia e di chi vede la propria vita frantumarsi sotto i colpi inferti dall’emergenza coronavirus. Anche le situazioni di solitudine, autentica emergenza sociale della nostra epoca soprattutto per gli anziani, sono in costante aumento a causa delle limitazioni dovute alla pandemia.
Il convegno è stato aperto da don Paolo Fini, direttore dell’Ufficio Pastorale Salute di Torino che ha sottolineato l’importanza di questi momenti formativi e l’aiuto che possono dare per fare chiarezza e fornire informazioni utili.
Subito dopo, è intervenuto il professor Vincenzo Villari, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale della Città della Salute e della Scienza di Torino. Nella sua articolata relazione ha ricordato alcuni punti fondamentali, anche in tempi di pandemia. Ha da subito sottolineato l’importanza di distinguere le reazioni emotive “comuni” da quelle che per quantità e qualità diventano sintomi di disturbi; si deve evitare la tentazione di “psichiatrizzare” ogni tipo di manifestazione emotiva. È importante abituarsi a parlare di dolore mentale esattamente come facciamo con il dolore fisico; questo, secondo me, anche per abbattere la gran quantità di pregiudizi che è certamente presente quando si affronta il tema del dolore mentale. Occorre anche ricordare che la tristezza non è depressione e non lo diventa automaticamente. In questo periodo di pandemia, le fobie (ad esempio la paura di infettare o venire infettati) coinvolgono in modo particolare gli operatori sanitari. Il prof. Villari ci ha aiutato ad affrontare molti pregiudizi ed a contestualizzare il tema della Salute mentale in tempo di Covid dandoci strumenti importanti di analisi e comprensione.
Successivamente, i partecipanti hanno ascoltato la relazione del professor Franco Fava docente di Sociologia all’Università degli Studi di Torino e presso la Pontificia Università Salesiana. Premettendo ovviamente che non vi sono ancora sufficienti elementi per una esaustiva analisi degli effetti del Covid, ha impostato la sua relazione presentando un interessante parallelismo, evidenziando alcune analogie, tra l’attuale esperienza e quella vissuta un secolo fa a causa dell’influenza “Spagnola”.
Dopo una breve pausa ed alcune domande da parte dei partecipanti, vi è stata una tavola rotonda a carattere esperienziale, a più voci. Abbiamo cercato di evidenziare esperienze concrete di vita durante la pandemia in alcuni settori particolarmente abitati dalla fragilità: centro diurni e Sostegno territoriale, centri di Ascolto, famiglie e sofferenti psichici, senza fissa dimora, anziani fragili.
Di seguito, le sintesi relative ad alcuni di questi ambiti elaborate dai relatori stessi:
di Anna Laura Ventresca, educatrice professionale referente del Sostegno territoriale integrato Cooperativa sociale La rondine, ASL Città di Torino ROT Sud-Ovest
di Maria Cristina Tresso, vicepresidente dell’Associazione DI.A.Psi – Difesa Ammalati Psichici del Piemonte – Onlus
di don Peppe Logruosso, coordinatore dell’accoglienza notturna Gran Madre in Torino.
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