«Problemi di rilevanza etica nella cura della persona»: questo il tema attorno al quale sono intervenuti i relatori Enrico Larghero, Pier Davide Guenzi e Giancarlo Tamanza nella lezione di apertura del Corso di Alta Formazione in Human Management: la cura olistica della fragilità in un contesto interculturale, tenuto dall’Università Cattolica di Brescia in collaborazione con i Fatebenefratelli.
Sul senso dell’esistenza dalla nascita al suo compimento si è incentrata la relazione di Larghero, (medico, teologo, giornalista, responsabile del Master in Bioetica della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) che ha voluto porre l’attenzione sullo stato dell’arte della medicina:
[…] nel mondo contemporaneo si cerca spesso di nascondere la sofferenza e il dato ineludibile della morte imminente. Privilegiando il benessere fisico e psichico, l’efficientismo, allontanando ogni fonte di disagio, il mondo odierno ricerca in modo ossessivo e nevrotico unicamente il piacere nelle sue varie forme. L’uso sempre crescente di farmaci e di prodotti medicali di sostegno dimostra quanto si stia diffondendo una nuova visione della salute, ormai percepita come un diritto. Siamo in piena “era analgesica”, di medicalizzazione esasperata dell’esistenza.1
Il relatore ha messo in evidenza come tali eccessi, uniti al sovraccarico tecnologico, possano far perdere di vista la dignità della persona malata e la visione di una medicina umana e solidale; non ultimo l’impoverimento della cultura antropologica in ambito sanitario e la conseguente perdita di capacità di accogliere le varie forme di diversità, che sono responsabili della sempre maggior distanza relazionale tra operatori e pazienti.
Larghero ha quindi richiamato il valore etico del nostro operato quotidiano, l’etica della responsabilità: tutti i giorni ognuno di noi è chiamato a riflettere sul significato del proprio agire rispetto alle persone malate che si incontrano, con la mente sgombra dal pregiudizio, con la capacità di argomentare il proprio operato e con la necessaria apertura al cambiamento.
Interessante è stato il richiamo alla sacralità della vita: Larghero ha infatti evidenziato quanto sia da considerarsi arbitraria qualsiasi distinzione tra vite degne di essere vissute o non degne; la dignità non può essere attribuita, in modo variabile in base alle condizioni dell’esistenza. Ogni operatore ha la responsabilità, il “dovere etico”, di umanizzare la medicina allo scopo di rispettare e far rispettare l’uomo nelle varie fasi della sua esistenza.
Sull’approccio etico alla fragilità umana, Pier Davide Guenzi, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Ufficio diocesano della Pastorale della Salute di Novara, ha voluto indicare possibili risposte a tre tipi di situazione:
la “paura di perdere il mondo” intesa come paura dell’uomo di perdere i punti fermi della sua esistenza e del suo ruolo nel mondo, dove la possibile risposta è il richiamo alla solidarietà responsabile in un gioco di relazione e di reciprocità, gli uni verso gli altri;
il “precariato” e la “perdita di sé” dell’«uomo di sabbia» che si può recuperare ridando significato ai legami per non trovarsi “soli”;
la “condizione umana” e il suo “limite”: la fragilità come condizione umana che si confronta con il suo limite, dove la risposta può trovarsi nel recuperare la relazionalità tra le persone inteso come valore etico della relazione che dobbiamo vivere gli uni verso gli altri, riconoscendo la propria ed altrui vulnerabilità e sottolineando l’importanza della tenacia nel tessere relazioni.
In tal senso Guenzi ha evidenziato che per un’etica a servizio della persona fragile, occorre partire dallo sviluppo di una attitudine a re-interpretare quanto avviene attraverso le azioni descritte dai protocolli tecnici per far emergere ciò che è implicato a livello esistenziale.
Ne deriva l’impegno a leggere (o “rileggere”) attraverso i dati della biologia e della fisiologia corporea la sottostante scrittura di una biografia spirituale, in cui si definisce il senso complessivo dell’esistenza soggettiva. L’approccio curativo, pertanto, se da una parte si applica sulla realtà del corpo, fragile e ammalato, deve acconsentire ad una verità più profonda che si mostra a partire dal dato somatico: il compiersi dell’esistenza di una persona nel tempo della vita, dall’inizio al suo tramonto.
Questa attenzione non richiede, tuttavia, solo l’attenzione al rispetto della persona, mentre ci si accosta al suo corpo in cui mostra a vivo una condizione di fragilità, ma richiama l’importanza di far leva sulla stessa realtà spirituale del soggetto per accedere anche ad una migliore possibilità di cura del suo corpo.2
Infine Giancarlo Tamanza, psicologo e docente presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, riprendendo alcuni spunti di Guenzi, ha voluto sottolineare come l’etica incaselli questioni profondamente esistenziali che sono più legate alla consapevolezza del nostro saper essere e alla nostra persona e che si integrano con la parte deontologica, il saper fare. La deontologia, a sua volta, deve legarsi all’etica della conoscenza e del saper essere.
Anche Tamanza ha quindi insistito sull’aspetto della relazionalità, calandola nel quotidiano, nell’esperienza pratica della relazione tra operatore e paziente. Questo rapporto con l’alterità ha come tema il riconoscimento dell’altro sul piano etico e della gestione del potere: la relazione di cura è “asimmetrica” e la persona malata si trova nella posizione di svantaggio, tanto più se è particolarmente compromessa dalla malattia. Partendo da questa consapevolezza, è possibile gestire in modo adeguato questa sorta di “potere” per fare il bene, portando la relazione ad una dimensione altamente umanizzata.
L’incontro è proseguito con momenti di laboratorio e di condivisione: si è lavorato in particolare sui contenuti della pastorale e sulle competenze che si devono avere nell’operatività quotidiana per la cura olistica della fragilità. I partecipanti dopo un lungo momento di confronto hanno evidenziato quattro aree di competenza: umanità e competenza tecnica, capacità di lettura della realtà, competenza relazionale con l’altro.
Prendo a prestito una citazione riportata da Larghero per esprimere le sensazioni di queste prime giornate di corso e come augurio affinché questo percorso sia una proficua esperienza per tutti noi:
Siamo una grande famiglia globale comprendente tutte le età, classi, religioni, sessi e lingue e dovremmo plasmare insieme e in pace questa unica terra su cui viviamo […] In questo vedo il mio dovere di uomo, scienziato e medico. Rimanere umani nel rispetto della maggiore opera d’arte: la vita.3 (Grönemeyer G., Rimanere Umani).
Bibliografia
1 LARGHERO E., stralcio tratto dalla lezione al Corso di Alta Formazione in Human management: la cura olistica della fragilità in un contesto interculturale , svoltasi il 1 febbraio 2013 presso IRCCS – FBF, Brescia
2 GUENZI P.D., stralcio tratto dalla lezione al Corso di Alta Formazione in Human management: la cura olistica della fragilità in un contesto interculturale, tenutasi il 2 febbraio 2013 presso IRCCS – FBF, Brescia
3 GRÖNEMEYER D., Rimanere umani. High tech e cuore. Per una medicina dal volto umano, Queriniana, Brescia 2006
© Bioetica News Torino, Marzo 2013 - Riproduzione Vietata