Commissione della Chiesa Cattolica nell’Ue: Perché la Commissione Eu per il Covid non l’ha interpellata su competenze religiose? Si è trascurato l'articolo 17 del trattato di Lisbona sul dialogo tra chiese e le comunità religiose e stato
19 Dicembre 2020Le Istituzioni europee dovrebbero coinvolgere le autorità religiose in materia di celebrazioni religiose, nel pieno rispetto della libertà religiosa. Non è stato fatto, è in sostanza il richiamo e rimprovero da Brussel da parte della Commissione delle Conferenze episcopali cattoliche dell’Unione Europea attraverso il suo segretario generale padre Manuel Barrios Prieto, alle istituzioni dell’U.E.. Il commento critico è rivolto al «metodo» con cui la Commissione Europea ha trattato la questione religiosa nel recente documento di piano strategico per la gestione della pandemia infettiva da da Sars-CoV-2.
Il documento in questione è Staying safe from Covid-19 durin winter, pubblicato il 2 dicembre scorso, indirizzato dalla Commissione europea al Parlamento e al Consiglio d’Europa, e precisamente al punto in cui recita «In case of ceremonies, consider avoiding large services or using online, TV or radio broadcasts, allocating specific spots for close families (“household bubbles”) to sit together, and banning of communal singing. The use of masks is particularly relevant during these types of gatherings» (In caso di cerimonie, considerare di evitare i servizi a molte persone o utilizzare la modalità on line, Tv o radio, avendo cura di porre specifici posti per i familiari stretti per sedersi insieme, e vietare di cantare in coro. L’uso di mascherine è particolarmente rilevante durante questi tipi di assembramenti, trad. it. mia )».
Nel loro testo i presidenti della COMECE fanno riferimento alla metafora della barca citata dal Santo Padre Francesco I nella lettera augurale presentata più di due mesi fa per il 40° anniversario della Comece, il 50° anniversario delle relazioni tra Santa Sede e Unione Europea, nonché per i 50 anni di presenza della Santa Sede nel ruolo di osservatore permanente al Consiglio di Europa. L’allusione richiama la situazione odierna, alla preoccupazione e alla vulnerabilità che il Covid-19 ha portato nelle vite, che accomuna tutti e il cui salvataggio è dovuto al solo stare insieme.
Alla speranza e alla solidarietà guarda con auspicio il messaggio indirizzato dai vescovi delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea alle istituzioni europee e ai Paesi membri, datato il 18 novembre. Si intitola «Regaining hope and solidariety» e riporta la firma di 25 vescovi, tra cui quello italiano Gualtiero Bassetti. Sostiene l’importanza del principio del «rispetto per la libertà di religione dei credenti, in particolare la libertà di riunirsi per esercitare la propria libertà di culto, nel pieno rispetto delle esigenze sanitarie», perché, proseguono i vescovi: «Ciò risulta ancora più evidente se si considera che le opere caritative nascono e sono radicate anche in una fede vissuta. Dichiariamo la nostra buona volontà di mantenere il dialogo tra le autorità statali ed ecclesiastiche per trovare il miglior modo per conciliare il rispetto di misure necessarie e la libertà di religione e di culto». Il loro discorso si conclude con un’apertura al sostegno e all’ impegno con le istituzioni europee: «Assicuriamo a tutti coloro che guidano le istituzioni europee e gli Stati Membri e contribuiscono al loro lavoro, che la Chiesa è al vostro fianco nel nostro impegno comune per costruire un futuro migliore per il nostro continente e per il mondo. Tutte le iniziative che promuovono i valori autentici dell’Europa saranno da noi sostenute».
Dunque, quel che lamentano i presidenti della Comece, scrivendo in risposta al documento Staying safe è che le istituzioni europee sono venute meno a quell’impegno citato nell’articolo 17 del Trattato di Lisbona che istituisce e riconosce un dialogo “aperto, trasparente e regolare” tra lo stato e la chiesa, che recita: «la Commissione europea mantiene un regolare dialogo con gli interlocutori su vari livelli nella forma di scambi scritti, incontri o specifici eventi» in Guidelines on the implementation of Article 17 Tfeu by European Commission. Infatti spiegano i presidenti Comece che con tale art. 17 la competenza esclusiva nazionale concerne il determinare le relazioni tra chiesa e stato e la non interferenza dell’Unione Europea in questo tipo di relazioni.
Infine, i presidenti concludono precisando che «le raccomandazioni non vincolanti in questa materia, specialmente se prese senza consultare le chiese e le comunità religiose si possono mettere a rischio gli sforzi fatti in questi mesi recenti dagli stati membri dell’U.E., insieme a chiese locali e comunità religiose, per assicurare che le misure sanitarie siano intraprese durante le celebrazioni mentre si evitino le violazioni di libertà di religione» ( trad. mia, Non-binding EU recommendations on this matter, especially if taken without consulting with Churches and religious communities, may put at risk the efforts made in these recent months by EU Member States, together with local Churches and religious communities, to ensure that health measures are in place during celebrations, while avoiding violations of freedom of religion.»).
Padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece, lo riafferma in un’intervista di ieri a Vaticannews.it:
Anche perché io credo non solo che il culto sia un diritto, molto legato al diritto fondamentale della libertà religiosa e che va rispettato, ma anche perché in certi momenti bui, di solitudine, il poter celebrare il culto cristiano per molti è importantissimo, fondamentale per la vita. Quindi io credo che la via sia quella di mantenere entrambe le cose: la sicurezza sanitaria e il diritto di celebrare la propria fede sempre attraverso il dialogo.