C’è bisogno di ricerca sugli antibiotici. La farmaco resistenza è in crescita, pochi gli antibiotici a disposizione.
25 Giugno 202212 nuovi antibiotici sono stati approvati dal 2017, dieci dei quali appartengono a classi con consolidati meccanismi di resistenza antimicrobica. Troppo pochi, è una sfida seria, che lascia ogni persona sempre più esposta a infezioni batteriche comprese quelle più semplici. Ė la dichiarazione di Hanan Balkhy assistente del direttore generale dell’Oms sull’Antibiotico resistenza, che commenta il nuovo Rapporto 2021 sulla situazione degli antibiotici, tradizionali e innovativi, nell’uso clinico e preclinico.
Nel 2021, osserva l’Oms, ci sono stati appena 27 nuovi antibiotici in fase di sviluppo clinico, contro i patogeni prioritari, in calo rispetto ai 31 prodotti nel 2017 e nella fase preclinica, prima che i trials clinici iniziano, il numero dei prodotti è rimasto relativamente costante per almeno 3 anni; e più in generale dei 77 agenti antibatterici in fase di sviluppo clinico 45 sono piccole molecole tradizionali ad azione diretta e 32 sono agenti non tradizionali come gli anticorpi monoclonali e i batteriofagi, virus che possono distruggere i batteri. Gli antibiotici innovativi offrono nuove opportunità nell’affrontare le infezioni da antibiotico resistenza da differenti prospettive perché possono venir usate in modo complementare e sinergico o come alternative a terapie consolidate.
Lungaggine dei tempi di approvazione, costi elevati, basse percentuali dei risultati, durata dai 10 ai 15 anni per sviluppare un antibiotico candidato dalle fasi preclinica a clinica: sono gli ostacoli per lo sviluppo di prodotti nuovi, spiega il Rapporto. Per le classi esistenti solo uno ogni 15 farmaci in stato di sviluppo preclinico raggiungerà i pazienti e per le nuove classi solo uno su 30 candidati raggiungerà i pazienti.
C’è ancora molto da fare sul campo della “sepsi” neonatale
La sepsi neonatale non è ancora stata vinta. Lo fa notare Haileyesus Getahu, direttore del coordinamento generale dell’antibiotico resistenza dell’Oms. Il 30% circa dei neonati con sepsi muoiono a causa delle infezioni batteriche resistenti agli antibiotici di prima linea.
In generale la sepsi si può prevenire, causa la disfunzione severa di un organo, capace di portare una persona fino alla fase finale della morta in risposta a malattie gravi infettive. l’Oms ha stimato nel 2017 49 milioni di individui ne sono stati affetti e 11milioni circa di morti nel mondo potevano essere evitabili. Questa infezione è spesso correlata come viene spiegato a una qualità di cura inferiore, a strutture sanitarie inadeguate, a scarse misure preventive per l’infezione nei luoghi, a diagnosi tardive e ad una gestione clinica inappropriata; poi l’antibiotica resistenza complica ulteriormente la gestione della sepsi in tutti gli scenari, in particolari nelle popolazioni ad alto rischio come i neonati e i pazienti in unità di cura intensiva. L’Oms in un primo rapporto dedicato, pubblicato nel 2020, intitolato On the Epidemiology and burden of Sepsis: current evidence, identifying gaps and future directions, mette in luce come ci sia un marcato aumento di incidenza per sepsi e per mortalità associata a ferite e a malattie non trasmissibili. Poiché colpisce in numero maggiore le persone più vulnerabili come le donne in stato di gravidanza e puerpere, neonati, bambini e persone anziane, individui in stato di cronicità e immunocompromessi, l’Oms ha condotto una ricerca sulla sepsi materna e neonatale, acquisiti in ospedale e nelle unità intensive.
Dal rapporto On the Epidemiology nel mondo si stimano 49 milioni di casi di sepsi e 11milioni correlati a decessi nel 2017 e quasi metà ( 20 milioni) dei casi stimati di sepsi nel 2017 ne sono stati affetti i bambini sotto i cinque anni; nel 2018 tra la mortalità neonatale il 15% circa è dovuto a questa infezione che avviene, secondo studi, soprattutto nei neonati sottopeso alla nascita e in quelli pretermine, e tra i paesi quelli a basso reddito. Sta migliorando la sopravvivenza degli infanti pretermine mentre rimangono a rischio i neonati per le infezioni associate a cure sanitarie in scenari con poche risorse assistenziali.
Poi le infezioni associate alla ostetricia, compreso le complicanze legate all’aborto, rappresentano la terza causa più comune di mortalità materna. On the Epidemiology stima ogni 1000 donne che partoriscono 11 fanno esperienza di disfunzione severa di un organo o morte. Allo stesso modo morbidità e mortalità per sepsi materna sono tra le più elevate nei paesi a basso e medio reddito: uno studio osservazionale prospettico mostra che percentuali di esiti correlati a infezione severa materna rappresenta 12 su 15 ogni 1000 nati vivi nei paesi a basso e medio reddito in confronto a 0,6 per ogni 1000 nati vivi in paesi ad alto reddito.
Riguardo a quelle prese in ospedali, una su 4 casi, e uno su 2 casi di sepsi in unità intensive sono dovute a infezioni di cura sanitaria. Ogni 1000 ricoverati 15 pazienti circa svilupperanno la sepsi come complicanza nel ricevere la cura sanitaria. In ospedale la mortalità negli adulti è stimata tra il 20% e il 30%, e si contrae più facilmente durante lunghi ricoveri ospedalieri e in presenza di una resistenza antimicrobica elevata piuttosto che nella comunità. Ma quel che il Rapporto On the Epidemiology fa notare, più della metà dei casi di sepsi associate a cure sanitarie possono essere evitate mediante appropriate misure di prevenzione e controllo (IPC). Tra i sopravvissuti adulti uno su tre muore entro l’anno ed uno su sei riporta una significativa morbidità per lungo periodo.
(aggiornamento 27 giugno 2022 ore 9.02)
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