Card. Souraphiel: dottrina uguale per tutti, ma approcci pastorali diversi
19 Ottobre 2015Per un bilancio sui lavori del Sinodo all’inizio della terza ed ultima settimana di lavori il cardinale etiopico Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba è stato intervistato da Paolo Ondarza:
R. – Finora, ringraziamo il Signore, sta andando tutto bene. Chi guida la Chiesa è lo Spirito Santo. Tutti i giorni preghiamo al Sinodo e anche tanta gente prega per noi, specialmente le famiglie, da tutte le parti del mondo, non solo cattoliche, anche quelle che non sono cristiane. La famiglia, infatti, è veramente il nucleo della società.
D. – Sta sottolineando un aspetto significativo, chi è fuori da quest’aula, le famiglie che affrontando le crisi cui è sottoposta la famiglia oggi, guardano a questo Sinodo e pregano per il Sinodo. Questo è importante per voi?
R. – Sì, è molto, molto importante. Ci sono crisi ideologiche, che riguardano l’uomo e la donna, l’ideologia gender ad esempio… Ma noi diciamo, come cattolici, che ciò che il Signore ci ha insegnato non cambierà: non siamo qui per cambiare la Dottrina della Chiesa. Il matrimonio è fra una donna e un uomo, e dobbiamo rispettare la vita ovunque: dal concepimento alla morte naturale. Tutto questo è la dottrina della Chiesa. Ma ci sono anche nuovi problemi che necessitano di una guida pastorale. Come si può parlare con i divorziati che si sono sposati per la seconda, la terza volta? Noi stiamo cercando di avere un approccio pastorale più umano ed anche cristiano. La Chiesa cattolica è universale. Io vengo dall’Africa e in Africa le famiglie hanno problemi, non gli stessi problemi dell’Europa o dell’America: lì c’è la povertà, l’immigrazione, il traffico degli esseri umani, la guerra, il commercio di armi, lo sfruttamento delle risorse naturali africane. L’Africa è ricca, ma è povera, perché manca lo sviluppo umano e tecnologico. Allora, per la Chiesa universale avere una soluzione universale può essere difficile. Le dottrine rimangono le stesse per tutti, ma gli approcci pastorali possono essere diversi.
D. – Questo nell’ottica di quanto detto da Papa Francesco, celebrando il 50 del Sinodo, quando ha parlato dell’importanza di camminare insieme cum Petro e sub Petro, auspicando anche un percorso di decentralizzazione della Chiesa…
R. – Sì, è così, perché anche il Concilio Vaticano II lo aveva già previsto: le Chiese, in tutte le parti del mondo, sono cum Petro e sub Petro. Allora c’è l’universalità, ma dopo bisogna lavorare sul posto, guardando alle varie sfide che si affrontano.
D. – Questo può significare anche che in un singolo contesto geografico ci possa essere un’ammissibilità, ad esempio, ai Sacramenti per quelle situazioni cosiddette ferite? I divorziati, risposati in alcuni contesti potranno eventualmente accedere all’Eucaristia e in altri posti no?
R. – No, questo no. A livello dottrinale tutto sarà universale e uguale. Ma per l’approccio pastorale, per esempio, il Santo Padre ha chiesto che i processi di nullità siano studiati localmente con esperti locali. Non deve passare tutto per Roma e non occorre aspettare le risposte da Roma. In questo modo l’iter burocratico può accorciarsi.
D. – Quindi criteri dottrinali universali, potremmo dire, ma applicazione pastorale nei singoli contesti?
R. – Secondo le norme che il Santo Padre ci ha dato.
D. – Il suo auspicio per questa ultima settimana di lavoro…
R. – Questa settimana, la terza, è importante. Speriamo che i lavori dei gruppi siano fatti in modo che l’universalità della Chiesa cattolica venga preservata e che si dia una guida pastorale alle tante famiglie che la aspettano. Ci sono famiglie in difficoltà, ma ci sono anche famiglie fedeli che continuano la loro vita familiare, passando i valori dei nonni ai bambini. Anche queste vogliamo incoraggiare.
D. – È bene parlare anche di loro…
R. – Sì, non devono essere dimenticate.
Fonte: «Radio Vaticana.va»