Esami per casi sospetti di “Carcinoma a cellule squamose” nelle donne con protesi mammarie Indicazioni del Ministero della Salute per gli operatori sanitari
03 Novembre 2022Un’attenzione informativa rivolta alle donne che hanno protesi mammarie e ai medici viene data dal ministero della salute. Si tratta di una malattia rara di cui non si conosce l’origine, né si hanno avuto finora segnalazioni in Europa ma sono comparsi dei casi rari negli Stati Uniti, sufficienti per l’agenzia americana Food and Drug Administration per darne comunicazione al pubblico sui possibili rischi a cui possono andare incontro le donne che si sottopongono a interventi di protesi mammaria e per una prevenzione e diagnosi il più possibile precoce.
Questo tipo di carcinoma raro viene chiamato “a cellule squamose del tessuto capsulare periprotesico” e colpisce l’area interna cutanea in cui viene collocata la protesi mammaria. Sono arrivate all’agenzia statunitense dei medicinali e dell’alimentazione un paio di mesi fa, nel mese di settembre, segnalazioni di 10 casi confermati di tale malattia in soggetti sottoposti ad impianto mammario. E da una revisione scientifica sul monitoraggio degli impianti di protesi mammarie installati sono emersi dagli anni Novanta ad oggi 14 casi diagnosticati che presentavano per lo più una crescita del volume di una mammella dovuto alla raccolta del siero o sieroematica associata alla presenza di una massa all’interno della capsula periprotesica non dovuta a infezioni o a trauma. Il carcinoma riguarda impianti sia a base di silicone o di salino, effettuati per motivi estetici o ricostruttivi, a superficie liscia o tesaurizzata.
Non è un carcinoma ma una delle complicanze degli interventi di mastoplastica additiva per ingrandire il volume del seno è ad esempio la formazione di un tessuto fibroso (detto capsula) attorno alla protesi incorporata che se si irrigidisce e contrae porta infiammazione e dolore alla mammella.
Quali indicazioni per gli operatori sanitari?
In Italia il Ministero della Salute non ha ricevuto finora segnalazione di questo tipo di tumore in pazienti con protesi mammarie. Tuttavia in quanto raro che può svilupparsi, considerando i dati della revisione e della Food and Drug Administration consiglia in una circolare (2 novembre 2022; pubblicata sul portale Fnomceo) di far eseguire un esame citologico di agoaspirato se ad un controllo ecografico si presentano nella cavità mammaria adiacente alla protesi una sacca di siero o sieroematica, non dovuta a traumi o infezioni. La sacca deve essere presente da tempo, recidiva e sviluppatasi in un seno. Se nell’ecografia appare anche la presenza di un nodulo o di una massa capsulare periprotesica (ovvero un tessuto fibroso consistente nella cavità che riveste la protesi) ritiene più appropriato l’esame istologico.
Nei casi in cui vi sia un qualche sospetto viene suggerito di fare richiesta di verifica della presenza di cellule squamose nel versamento periprotesico e del carcinoma squamoso nella capsula periprotesica asportata.
Se una diagnosi viene confermata si dovrà provvedere ad una presa in carico multidisciplinare del paziente con terapie adeguate indicate dalla letteratura scientifica aggiornata. La segnalazione dei casi confermati potrà pervenire al Ministero della Salute inviando un documento apposito preparato dello stesso ministero tratto dal portale sul rapporto di incidente da parte degli operatori sanitari nella Vigilanza dei dispositivi medici.
Quali dati informativi deve contenere la segnalazione?
Essa deve contenere le informazioni su:
- tipo di protesi mammaria presente durante la diagnosi e indicare altre protesi se si sono avute in precedenza
- data dell’impianto
- tempo intercorso tra impianto e comparsa dei sintomi
- sintomatologia in corso
- iter diagnostico
- stadiazione della neoplasia
- terapia effettuata o programmata
Registro nazionale degli impianti protesici mammari: conclusa la fase “pilota”. Alcune osservazioni
Il 31 agosto 2021 si è conclusa la prima fase del registro nazionale durato due anni circa (iniziato il 25 marzo 2019) con l’intento di fornire tutte le informazioni necessarie per l’istituzione di una piattaforma digitale per monitorare i casi clinici con lo scopo di prevenire complicanze e migliorare la gestione clinica degli effetti indesiderati e a distanza, per poter rintracciare i pazienti in caso di necessità e per effettuare ricerche in campo epidemiologico.
Il registro nazionale esiste già per i medici che possono registrarsi mentre i pazienti possono chiedere ai medici di registrare la loro procedura chirurgica riferendo il tipo di protesi che sarà impiantata o rimossa. Non è ancora obbligatorio ma su base volontaria perché non si è completato l’iter giuridico, attualmente presso il Consiglio di Stato dopo che ha ottenuto il parere favorevole del Consiglio superiore di Sanità, del Garante per la protezione dei dati personali ed è stata firmata l’intesa in Conferenza Stato regioni.
I Paesi in cui il registro è operativo, non obbligatorio, sono la Svezia dal 2012, l’Olanda dal 2015, la Gran Bretagna dal 2016, gli Usa dal 2018, la Francia, anch’essa in fase pilota come l’Italia, dal 2018. L’Italia è la prima a livello internazionale che avrà un registro obbligatorio.
Conclusasi la fase iniziale pilota 201-2021 dal Rapporto pubblicato nel giugno 2022 emergono tre osservazioni dal direttore generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico Achille Iachino. La prima riguarda l’incidenza della pandemia nel ridurre gli interventi chirurgici che recupereranno successivamente. La seconda riguarda la distribuzione territoriale: la maggior presenza coincide con ile strutture in cui i livelli performanti sono più elevati. Risultano registrati nella piattaforma dedicata 269 chirurghi che svolgono attività presso 230 strutture sanitarie e su 4978 pazienti si sono eseguiti e registrati 5.003 interventi. Sono 85.951 i dispositivi caricati in piattaforma dai distributori di protesi mammarie e tra i 269 medici chirurghi 134 hanno inserito dati degli interventi.
Nel Rapporto 139 medici chirurghi hanno registrato 7.456 protesi impiantate e 1.966 dispositivi rimossi per il 50% nelle strutture sanitarie pubbliche, nel 40% private e nel 10% in private accreditate. Per il 74% si tratta di procedure di impianto e per il 25% di revisioni per sostituzione o rimozione dell’impianto. La finalità ricostruttiva è di gran lunga maggiore di quella estetica, arrivando al 60% rispetto al 40% con una media di età che si aggira attorno ai 52 anni per il primo impianto per motivi ricostruttivi e sui 36 anni per finalità estetiche. In ambito ricostruttivo l’impianto segue diagnosi di neoplasia mammaria per il 64% dovuto a mastectomia radicale eccetto cute e capezzolo e per il 70% nell’immediato. Sono state preferite più quelle con superficie microtesturizzata rispetto a quelle in poliuterano.
Nel caso di impianti per motivi estetici la maggior parte è dovuta al desiderio delle pazienti di vedersi aumentare il volume del seno. Per cercare di evitare infezioni, ematomi, sieromi e contrattura capsulare sono ricorsi a trattare la tasca in cui inserire la protesi con antisettici, con antibiotici, con il cambio dei guanti prima di impiantare la protesi, con drenaggi nel postoperatorio immediato.
In Italia tra il 2011 e il 2021 ogni anno si sono avute circa 55mila protesi mammarie, il 60% per motivi estetici e il 37% ricostruttivi.
Cos’è un carcinoma a cellule squamose?
Si tratta di un tipo di cancro della pelle; infatti le cellule squamose sono un tipo di cellula della pelle che colpisce partendo dall’epidermide, la parte più esterna della pelle. Nel descriverlo il manuale MSD presenta questa patologia seconda per frequenza tra i tumori della pelle, l’esposizione al sole come possibile causa del suo sviluppo specialmente tra le persone con capelli biondi, occhi e pelle chiari. La pelle mostra arrossamento, è ispessita e squamosa, ha delle croste. Assume forma simile ad una verruca o ad un’ulcera aperta. Se le lesioni sono trattate in tempo e asportate si può guarire; alle volte la guarigione è più difficile.
(aggiornamento 03 novembre 2022 ore 22.24)