«Si dice che il paesaggio è uno stato d’animo, che il
paesaggio di fuori lo vediamo con gli occhi di dentro,
sarà perché questi straordinari organi interiori della
vista non hanno saputo vedere queste fabbriche e
questi hangar, questi fumi che divorano il cielo,
queste polveri tossiche, questi fanghi eterni, queste
croste di fuliggine, l’immondizia di ieri spazzata in
superficie dall’immondizia di tutti i giorni,
l’immondizia di domani spazzata dall’immondizia di
oggi […] qui basterebbero i semplici occhi del viso per
convincere la più soddisfatta delle anime a dubitare
della buona ventura in cui supponeva di rinfrancarsi»
Josè Saramago, La caverna1
Saper vedere per non restare imbrigliati nell’idea confortevole e illusoria di una soluzione unica e per tutto
Vedere e creare paesaggi nuovi, sperimentare creatività, far affiorare gli occhi interiori e non ricadere nel vuoto dell’indifferenza, della cecità o fermarsi sul limite della denuncia senza guardare oltre. È il monito che affiora dalla caverna di Saramago.
Ed è ciò che non riesce a vedere l’assemblea di decisori, che discutono le misure da adottare per combattere il riscaldamento globale, nel paesaggio di Isaac Cordal2. L’artista spagnolo nella serie «Follow the leaders» ritrae piccoli leaders, mentre sprofondano nelle acque del lago3. Reali e vivi, inseriti in interazione con l’ambiente, e ciechi nella loro incapacità di voler vedere e comprendere la realtà. I personaggi in miniatura, in resina poliuretanica e site specific, sono ignari del tempo e della realtà, incapaci di guardare.
Simili nell’abbigliamento, in giacca e cravatta, sono sorpresi dal moto dell’acqua che li avvolge, coi loro cellulari in mano, lo sguardo dimesso, alcuni con le mani al capo. Raggiunti dal tempo che non dà più possibilità. Interrogano sul nostro rapporto con la natura, svelano lo straniamento e l’alienazione dal mondo naturale, l’incapacità di comprenderlo.
Sono plasmati nella loro piccolezza dallo sguardo critico e dall’ironia dell’arte. In un naufragio che è morale, delle coscienze, della capacità di progettazione e reazione, gli omini in grisaglia mostrano la dicotomia tra lavoro frenetico e apatia, immobilismo.
Isaac Cordal guarda agli uomini d’affari e di potere che gestiscono la società globale, li miniaturizza e compone una narrazione, metafora della condizione umana che non vede. Provoca a reagire alla passività edulcorata della delega, superare la denuncia e soprattutto saper vedere.
Arte e pratiche resistenti di transizione ecologica
Saper vedere per non restare imbrigliati nell’idea confortevole e illusoria di una soluzione unica e prossima per tutto e per tutti alla questione ambientale e climatica. Alla pratica e alla creatività della contaminazione sociale di arte e sostenibilità attraverso esperienze diffuse di comunità e di rigenerazione si inseriscono i lavori della mostra «SUSTAINING ASSEMBLY. Pratiche artistiche per una transizione ecologica dal basso» al PAV di Torino4. È una mostra ed è soprattutto un progetto che coniuga arte e impegno, azioni di rigenerazione urbana e economia circolare, interazione con la natura. Esperienze plurali, di comunità che hanno radici in luoghi devastati dallo sfruttamento del suolo, marginali socialmente e segnati da una storia di pratiche coloniali. Parla di sostenibilità declinata nel fare dal basso, tra gruppi, in assemblee e assemblaggi di idee e di pratiche.
Le parole di Friday, profugo dalla Nigeria, le persone in equilibrio sul barcone che evocano teatralmente moti di andare e venire, le popolazioni indigene resistenti, il riso cinese e l’opera ceramica dei tronchi della terra dei Fuochi sono tanti tasselli che compongono la mostra; cosa hanno in comune tra loro?
Tra realtà e teatro, rappresentazione e documentazione, video e scultura, arte e sostenibilità, con linguaggi che annodano fantastico e onirico alla documentazione della realtà, svelano comuni destini di uomo e natura. Esperienze in tempi e luoghi distanti tra loro, in frammenti di quel fare comunità, ricercare armonia nella terra, impastata di sudore e lavoro, e rispetto per uomini e natura. E si mostrano, mettendo a nudo l’aggettivo sostenibile, oggi sempre più ambiguo e abusato nella comunicazione, nel quotidiano politico ed economico e lo coniugano al collettivo. Un’assemblea sostenibile è in mostra al PAV, che pensa, progetta, agisce, manifesta coralità nella molteplicità di attori e pratiche disseminati in spazi e luoghi distanti. Assemblaggi di storie, idee, moti del fare, anche non a lieto fine, anche in sviluppi incerti. Ricompongono sostenibilità in sperimentazioni particolarissime e sparse in riserve resistenti distanti tra loro.
Narrazioni di viaggio dei migranti
Sanno guardare con lo sguardo invocato da Saramago, oltre le apparenze, anche andando oltre la realtà asfittica e seminando sogno, idee, forza. Si presentano come esperienze artistiche di cura e vicinanza tra uomo, natura e territorio. Propongono possibili soluzioni nella interazione tra pratiche esistenti e sostenibili, alleanze di comunità indigene, di mondi rurali, svelano il senso collettivo di opere e narrazioni di resistenza e di idee contro antichi e nuovi sfruttamenti e colonialismi economici, ambientali e culturali.
La video-installazione «Traana (Migrante Temporaneo)» evoca il viaggio e la migrazione e richiama il fallimento dei movimenti di liberazione in Senegal e Mali5.
È l’esodo dalla campagna alla città e all’Europa, pensa alle migrazioni degli anni 70, le rilegge con le migrazioni successive e l’adattarsi dei pescatori a scafisti verso la Spagna6. Ecologia, decolonizzazione, lotte dei contadini e dei lavoratori immigrati sono voci che fanno affiorare ricordi di esperienze attraverso Bouba Touré, anima e attore del movimento, e li innestano nella possibilità di futuri immaginati e voluti spesso diversi e dai risultati contraddittori.
Risorse alternative
La mostra ribalta certezze e accompagna nella ricerca. Non una ricetta univoca e depoliticizzata, non una soluzione ecologica e green connotata e plasmata sull’Occidente, ma il progetto di un’arte del fare sostenibilità; assemblare, intersecare, far incontrare azioni sostenibili e sociali.
La mostra, con le sue opere, installazioni e video, guarda alla decolonizzazione, all’emersione delle memorie collettive, al collasso della crescita esponenziale. Pensa alle alternative e le espone ad arte, come Michele Guido che crea sculture di forme e pensieri dalle vinacce come risorse combustibili.
Bonifica dei rifiuti industriali
La terra violentata è salvata dal respiro delle piante e dalla preziosità della glassa porcellanata che le riveste. L’opera Terra dei fuochi è ispirata ad un esperimento di fitorisanamento realizzato nelle terre devastate dai rifiuti dell’inquinamento industriale7.
L’artista australiana Yesmin Smith guarda alla relazione tra uomo e alberi e lo fa presentando 20 porcellane di Limogès, da fusti di pioppo, per una azione di risanamento della terra condivisa con il mondo vegetale.
Modella foglie e legno generando una estetica di salvezza e trasformazione.
Ecosistemi e cure di comunità
Tra vetri e alambicchi che compongono il paesaggio affiora il processo di sfruttamento delle piante di Eucalipto nel nord della Spagna.
Fernando Garcia Dory narra del prendersi cura, partendo da uno spazio montano ferito nella Spagna settentrionale, e ripensa il suo ecosistema originario attraverso gli alambicchi alchemici che curano e guariscono, riconciliano l’opposizione di cultura e natura.
Alchimia di arte e realtà progettuale attraverso INLAND, agenzia collettiva, dedicata alla produzione agricola, sociale e culturale.
La riflessione sulla terra e sul senso della coltivazione appare nei fotogrammi di Mao Chenyu. Qui l’arte è pensiero critico sulla cultura del riso, si fa ricerca sul seme, guarda al centro dell’essenza, dell’anima del riso inserita nell’industria intensiva e globalizzata della Cina.
Maria Thereza Alvarez con To See the Forest Standing dà voce alla popolazione indigena ad Acre in Brasile e presenta la narrazione di zone che hanno subito disboscamenti e sulle quali si sperimentano nuovi metodi agroforestali.
Una serie di video interviste sono proiettate contemporaneamente su diversi schermi e ascoltabili individualmente, mentre affiorano nell’ambiente le voci diffuse non sincronizzate con i tempi del video.
È un fluire di voci e pensieri, di immagini, di storie di resistenza, di difesa, educazione e protezione ambientale. Parlano 34 agenti agroforestali, provengono da varie riserve e da vari popoli indigeni, sopravvissuti ai genocidi portoghesi e brasiliani. Sono responsabili del rimboschimento, dell’allevamento di sussistenza, della difesa delle fonti d’acqua, e mostrano e dimostrano un puzzle di foresta che resiste in una sperimentazione voluta dalle comunità e non finanziata dal governo.
Arte e indagine. Disseminare sostenibilità
La mostra propone un percorso di arte e di indagine, sulle condizioni sociali contemporanee di disuguaglianza e sulle traiettorie di storie del passato. Alla semplificazione di una soluzione ambientale dell’Occidente accosta microcosmi di pratiche di sostenibilità.
Presenta, attraverso il video di Karrabing Collective, ambientato in un futuro distopico, in una terra e un mare avvelenati dal capitalismo, una surreale contaminazione tossica in cui gli europei non sono in grado di sopravvivere all’aperto, mentre gli indigeni sì. Emerge in una lettura parallela la storia coloniale australiana e la separazione e internamento dei bambini indigeni.
Disseminare idee, valori, far affiorare esperienze. Nelle piccole realtà diffuse di comunità e sostenibilità, di cittadinanza e natura, che la mostra presenta come esperienze di arte, sono tracciati percorsi, frammenti di agire, immagini di vita e di relazioni, che tutelano dal “castigo” della hybris umana nel momento in cui essa supera la misura sostenibile della propria azione sul mondo. Così Té égalité fr nell’area verde del PAV è opera di fili d’erba e piante, che riproduce la sperimentazione artistica del 2017 a Shenzen. Zheng Bo, l’autore, partendo dalle parole rivoluzionarie Liberté Égalité Fraternité, riflette come abbiano da tre secoli appassionato l’umanità, senza generare una visione inclusiva e allontanarci dall’odierna crisi ecologica. Pianta così un frammento di Liberté Égalité Fraternité e lascia che lo slogan cresca e si diffonda tra le specie sul nostro pianeta. Qui l’opera è la natura e dissemina l’ambiente.
Al concludersi della mostra al PAV si avvia alla Kunsthaus di Zurigo «Earth Beats»9. Propone un altro sguardo. L’arte parla di natura da sempre, ma solo dalla fine del XX secolo emerge in arte la sua fragilità e necessità di protezione. Qui circa 120 opere raccontano con altra narrazione attraverso il tempo l’immagine artistica della natura e il cambiamento climatico, mettono in scena il respiro della terra.
1 J. SARAMAGO, La caverna, Einaudi, Torino 2000, p. 82
2 http://cementeclipses.com/ ISAAC CORDAL è artista spagnolo e realizza piccole statue in miniatura che, inserite in ambientazioni reali, interrogano e sollecitano la riflessione su grandi temi contemporanei della società globale, come i cambiamenti climatici, la natura, gli homeless, la cementificazione, il consumismo
3 IISAAC CORDAL, Follow the leaders, Lac d´Annecy / Parc Charles Brosson 6 Jullier – 15 September 2019
http://cementeclipses.com/Works/follow-leaders-annecy-paysages-annecy-france
https://www.annecy-paysages.com/en/follow-the-leaders-2/
4 La mostra è a cura di Piero Gilardi e Marco Scotini. Vi partecipa un composito e rappresentativo gruppo di artisti, Maria Thereza Alves, Mao Chenyu, Fernando García-Dory, Michele Guido, Karrabing Film Collective, Alessandra Pomarico / Free Home University Collective, Yasmin Smith, Bouba Touré e Raphaël Grisey, Zheng Bo. La mostra è realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino e il patrocinio dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
http://parcoartevivente.it/mostre/archivio/mostre-2021/sustaining-assembly/
5 Si tratta della messa in scena attraverso un workshop della sceneggiatura teatrale scritta nel 1977
6 Dialoga con l’esposizione di materiali documentari, pubblicazioni, foto, opuscoli esposti e tra questi l’opera Sowing Somankidi Cura, a Generative Archive, pubblicazione ricerca di Raphael Grisey con Bouba Touré (2017) sulla memoria e sulle testimonianze di Somankidi Cura. Frammenti di documenti video e fotografici raccontano la storia della cooperativa agricola del Mali, collettivo di lavoratori migranti e attivisti africani, in Francia, e delle esperienze di ritorno sul fiume Senegal, per promuovere pratiche agricole e economiche alternative e sostenibili
7 Progetto di ecobonifica sperimentale realizzato dall’Università di Napoli
8 Té égalité fr di Zheng Bo, 2017, convallaria, begonie, 2 x 10 m. Riproduzione dell’opera originale realizzata presso l’OCT , Shenzhen (Cina)
9 Sino al 6 febbraio 2022 https://www.kunsthaus.ch/en/besuch-planen/ausstellungen/earthbeats/
© Bioetica News Torino, Ottobre 2021 - Riproduzione Vietata