Ho letto su Il Caffè di Gramellini, pubblicato sul Corriere della sera il 3 ottobre scorso, che il guru Jaggi Vasudev, noto con lo pseudonimo Sadhguru che significa Guru ignorante, ha riunito al Palazzetto di Milano 4.000 persone disposte a sborsare anche 900 euro per poterlo ascoltare dalle prime file. Nato nel Sud-Ovest dell’India, è ritenuto il più famoso guru operante in Occidente. È stato accolto da un applauso così forte che sembrava un boato e ha parlato quasi ininterrottamente per cinque ore. È stato centrale nel suo discorso l’asserto secondo cui gli innumerevoli cataclismi presenti nel mondo sono il frutto del disordine presente nell’intimo dell’uomo. Tale disordine – a suo dire – può essere debellato prendendo il controllo del proprio corpo, della propria mente e delle proprie emozioni.
Gramellini ha notato che la folla che lo ha applaudito è l’emblema di un malessere diffuso e di un bisogno di senso inappagato, non sufficientemente intercettato dalla cultura dominante impregnata, d’illuminismo positivista.
Si può aggiungere che anche in certe realtà ecclesiali si può rilevare la presenza di un fiorente attivismo nell’ambito sociale e caritativo, ma una scarsa disponibilità a trovare i modi più adeguati a “dire Dio” a questo mondo confuso. È pertanto pressante l’auspicio che l’incanto del Natale che ancora una volta il popolo cristiano è invitato a rivivere in questi giorni, offra nuovo slancio alla testimonianza evangelica. Il Natale del Signore, infatti, è il ricordo dell’avvenimento più eclatante della storia di tutti i tempi. L’angelo ne ha manifestato il senso ai pastori: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11) e l’evangelista Giovanni ha testimoniato nel suo prologo che il bimbo nato è «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Il papa San Leone Magno, vissuto nel V secolo, in un suo testo, proposto dal breviario il 25 dicembre, ha inoltre spiegato che l’Emmanuele, il Dio con noi, «distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, è venuto per la liberazione di tutti».
Auguro quindi a quanti operano a diverso titolo per la redazione della rivista, ai membri del Centro di Bioetica e a tutti i lettori, di meditare e fare propria questa certezza di fede. Siano il Natale e il nuovo anno un tempo di grazia e consolazione per tutti voi.
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