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Appropriatezza, Chiamenti (Fimp): non terrorizzare medici con minaccia sanzioni

07 Ottobre 2015

«È necessario rivedere l’organizzazione generale di compiti e funzioni, affinché ciascuno di noi possa portare competenze proprie, sempre diverse, in grado di dare risposte efficienti a bisogni nuovi». Il presidente della Fimp (Federazione italiana di medici pediatri), Giampietro Chiamenti, delinea i nuovi scenari della pediatria emersi dal IX Congresso nazionale di Roma. Vecchi modelli e nuovi paradigmi che danno vita al passaggio dal concetto di genoma a quello di epigenoma e che impongono al pediatra la presa in carico del bambino ancor prima della sua nascita. E fra i temi scientifico-professionali, anche quello dell’appropriatezza che nel decreto ha riguardato le visite allergologiche. «Attendiamo che il ministro Lorenzin ci dia indicazioni sulla possibilità di fare nei nostri ambulatori esami di questo tipo», ha aggiunto Chiamenti.

Presidente, nell’intervento che il ministro Lorenzin ha fatto al vostro ultimo Congresso, ha riproposto il discusso tema dell’appropriatezza. Quanto riguarda anche l’ambito pediatrico?
Ci riguarda perché anche nel bambino bisogna scegliere se fare determinati esami oppure no, ma molto meno di quanto possa riguardare i colleghi della medicina generale. Io credo che bisognerebbe comunque spostare il problema dal concetto di appropriatezza a quello della coscienza del medico nel saper individuare di che cosa ha veramente bisogno il paziente. Per noi il problema che la legge andava a toccare, era quello delle visite allergologiche e per le quali abbiamo rivendicato che possa essere proprio il pediatra a espletare alcuni esami nel proprio studio senza il ricorso allo specialista. Su questo punto attendiamo un chiarimento da parte del ministro. Credo, più in generale, che non sia giusto terrorizzare il medico con la minaccia di una sanzione, ma piuttosto responsabilizzarlo a giuste prescrizioni.

Sempre il ministro ha toccato un altro tema caldo, quello dei vaccini. Secondo i dati dell’Iss i bambini vaccinati sono troppo pochi e spesso gli stessi operatori sanitari sconsigliano di farli...
Questo innesco della paura è capovolto e proprio la paura di una malattia come la meningite, ad esempio, dovrebbe spingere i genitori a vaccinare i bambini e non il contrario. Non si capisce invece da cosa nasca la paura a vaccinare, forse da un’ondata di mala informazione strumentalizzata da alcuni che ha fatto dilagare il concetto che di per sé il vaccino possa essere più rischioso della malattia e, questa, è una stortura assoluta. Se utilizzando internet, che ormai è il mezzo di comunicazione maggiore, si fanno passare messaggi distorti si faranno poi scelte sbagliate. Chi non condivide l’efficacia e l’importanza dei vaccini è giusto che non abbia responsabilità di governo e della salute dei bambini.

Oltre l’appropriatezza e i vaccini, quali sono state le questioni principali emerse dal vostro ultimo congresso di Roma?
È stato un congresso scientifico-professionale e non sindacale. Quello che volevamo ergesse è soprattutto il ruolo del pediatra di famiglia proiettato verso i bisogni dei bambini nei prossimi anni, e cioè la tendenza a un’apertura sempre maggiore verso il loro inserimento nella società. Penso quindi ai rapporti con la famiglia, con la scuola, ai disturbi della sfera neuro-cognitiva che si affiancano ai vecchi temi tradizionali come il controllo dello sviluppo motorio, psico-evolutivo, la prevenzione delle malattie infettive e gli stili di vita.

Uno dei concetti più interessanti venuti fuori dalla tre giorni di lavori, è anche il passaggio dal concetto di genoma a quello di epigenoma. Ci spiega meglio?
Questo concetto parte dalla consapevolezza, sempre maggiore, che la scienza sta acquisendo che il genoma dell’individuo venga condizionato da una serie di fattori che ne influenzano la sua evoluzione. E proprio in funzione di questo passaggio all’epigenoma, è necessario che i pediatri del futuro si preoccupino di quei fattori ambientali e non, in cui si sviluppa la gravidanza e poi quindi il feto e i primi anni di vita. Fattori che possono, in qualche modo, condizionare lo sviluppo delle caratteristiche costituzionali congenite che ciascuno individuo ha e che possono indirizzarsi verso uno stato di salute oppure, alterarsi. Se il pediatra è consapevole di questi processi, può agire precocemente lavorando persino già con il ginecologo iniziando fin dalla gravidanza a difendere i bambini dal rischio del fumo, dell’alcol, delle sostanze tossiche tipo le droghe.

Rossella Gemma
Fonte: 
«Doctor 33»

Approfondimenti su coperture vaccinali in Italia 2014:  http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/copertureMin2014.asp 

 

Redazione Bioetica News Torino