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49 Giugno 2018
Speciale Prevenzione in Medicina

Ambiti di prevenzione nella donna Cosa è possibile fare oggi per la salute delle donne

Col termine prevenzione si indica l’insieme delle azioni finalizzate a impedire o ridurre il rischio che si verifichino eventi non desiderati. Acquisizione relativamente recente in medicina, il vecchio adagio “prevenire è meglio che curare” è ancor più valido nel tempo attuale di profonda crisi del welfare state. Che la prevenzione abbia un costo immediato è indubbio, ma se ben attuata essa comporta alla lunga un risparmio per la collettività.

Si riconosce una prevenzione primaria, che ha lo scopo di evitare che si manifesti una determinata malattia in soggetti sani (ad es. mediante l’eliminazione delle cause di danno), una prevenzione secondaria, al fine di riconoscere e curare una lesione prima che dia segni clinici (ad es. gli screening oncologici) ed una prevenzione terziaria, che mira attraverso la cura delle morbosità ad evitarne le complicanze (ad es. le patologie d’organo, in malattie croniche come il diabete).

Si può affermare che l’inizio della prevenzione sia coinciso con l’ormai mitica pratica della variolazione (o vaiolizzazione)1 messa in atto da Edward Jenner contro un’infezione, il vaiolo, che allora mieteva molte vittime mentre ora è da tempo debellata a livello mondiale. Iniziava così la profilassi (che di prevenzione è sinonimo) delle malattie infettive, poi diffusasi a macchia d’olio con la scoperta dei vari agenti patogeni ad opera di altre figure mediche simboliche, come Louis Pasteur, Robert Koch e tanti altri.

Successivamente la prevenzione si è andata estendendo, con il definitivo inquadramento nosologico delle patologie, legato all’evoluzione delle conoscenze mediche, anche per far fronte ad una frequenza sempre più alta di alcune di esse, come i tumori. Ma pure in altri campi si è cercato di porre rimedio con condotte di precauzione man mano si è venuti a conoscenza della dannosità potenziale per la salute umana di sostanze adoperate nell’agricoltura (come i pesticidi) o nell’industria (come gli idrocarburi alogenati).

Ampio ventaglio di prevenzione, in ambito ginecologico, dalla pubertà alla menopausa

In ambito ginecologico, dalla pubertà alla menopausa, si è sempre più ampliato il ventaglio di possibili interventi di prevenzione. Molto importante, considerato il progressivo abbassamento dell’età cui in si giunge al primo rapporto sessuale, è la prevenzione delle infezioni a trasmissione sessuale, da quelle più lievi, come le micotiche o le batteriche banali, alle più impegnative, come la gonorrea e la sifilide, o le virali, come l’herpes genitale o il papilloma virus. Verso quest’ultimo, fortemente coinvolto nel determinismo del cancro del collo uterino, è consigliata da più di un decennio la vaccinazione2 alle adolescenti tra gli 11 e i 12 anni. Senza dimenticare le possibilità di contagio per l’epatite C e l’onnipresente HIV (il virus dell’immunodeficienza acquisita o AIDS) contro cui non esiste ancora una protezione vaccinale e quindi la difesa è affidata a comportamenti sessuali opportuni o in alternativa soltanto a meccanismi di barriera (preservativo).

Sempre nell’età dello sviluppo va posta particolare attenzione all’alimentazione, per prevenire comportamenti quali l’anoressia e la bulimia che possono in un tempo successivo interferire con la fertilità. Questa oggi è anche fortemente minacciata dall’inquinamento ambientale: i veleni dell’industria infatti agiscono con effetto competitivo a livello dei recettori per gli ormoni, per cui sono comunemente noti come interferenti endocrini3. Tutte le funzioni del nostro organismo sono sotto guida e controllo del sistema endocrino e se sostanze chimiche simili vanno ad occupare i recettori cellulari attraverso cui gli ormoni agiscono, questi ultimi non sono più in grado di far funzionare i sensibili meccanismi cui sono preposti con tutto quel che ne deriva.

Allorquando si decida di procreare, la prevenzione pregravidica di alcune malformazioni fetali è legata sia alla vaccinazione contro il virus della rosolia, se la donna risulta non protetta da infezione pregressa, sia all’assunzione di acido folico, per contrastare un eccesso di omocisteina4 nel sangue, di cui è provato l’effetto teratogeno. Invece, in caso di assenza di anticorpi contro il toxoplasma gondii5, la gravida dovrà prestare particolare attenzione all’igiene nella preparazione e nella consumazione degli alimenti, così come cautela nel contatto con i gatti, onde evitare ogni possibilità di contagio.

Sono inoltre sempre più sofisticate le indagini6 al fine di svelare alterazioni genetiche (quali ad esempio la trisomia 21 o sindrome di Down, la trisomia 18 o sindrome di Edwards e la trisomia 13 o sindrome di Patau)7. Oltre alle tradizionali amniocentesi (tra la 15° e la 19° settimana di gestazione) e villocentesi (tra la 9° e la 12° settimana di gestazione), esami invasivi sempre meno adoperati in prima battuta, vengono da tempo privilegiati test combinati biochimici ed ecografici per la ricerca delle aneuploidie fetali, da effettuare alla 13° settimana di gravidanza. È questo uno screening basato sulla rilevazione ecografica della translucenza nucale in associazione al dosaggio di due marcatori, un ormone, la Gonadotropina Corionica (free beta hCG) e una glicoproteina, la Plasma Proteina Associata alla Gravidanza (PAPP-A) (Bitest e Tritest). Più di recente è stata messa a punto una nuova tecnica a lungo idealizzata che, intorno alla 12° settimana di gravidanza, attraverso un prelievo di sangue materno, consente di individuare il DNA libero fetale in esso circolante (Non Invasive Prenatal Testing – NIPT)8.

Nell’età matura fondamentali sono gli screening oncologici9. Precursore è stato il pap-test, o esame citologico vaginale, introdotto settanta anni fa da Georgios Papanicolau, che attraverso l’osservazione microscopica di cellule esfoliate dal collo uterino raccolte su vetrino ne evidenzia le modificazioni precancerose o cancerose. Superato dalla molto più sensibile citologia in fase liquida (thin prep), seppur ancora valido, oggi è soppiantato dalla ricerca del virus del Papilloma Umano (HPV-DNA test) che permette di allungare l’intervallo di tempo nella sistematicità dei controlli. Proprio per tal motivo si consiglia di effettuare lo screening a partire dai 25 anni e poi di proseguirlo con regolarità sino a 64 anni.
La diagnosi precoce del cancro del seno è affidata principalmente alla mammografia (tra i 45 anni e i 69 anni) e in modo ancillare all’ecografia in particolari situazioni cliniche, entrambe finalizzate alla ricerca di masse tumorali quanto più piccole possibili. Markers ematici (come il CA 125) unitamente a controlli ecografici periodici possono dare indicazioni per il carcinoma dell’ovaio in soggetti predisposti, nei quali però, come per la mammella, può essere più significativa la ricerca dei geni di suscettibilità BRCA 1 e 2.

Una volta giunta la menopausa10 è possibile contrastare i disturbi da insorta carenza ormonale utilizzando, quando necessario, una terapia estrogenica sostitutiva, per un breve periodo di tempo e ai dosaggi minimi, come raccomandato dalle ultime linee guida. In alternativa vi sono cure non ormonali, come gli integratori alimentari di origine vegetale (isoflavonoidi derivati della soia), oltre a farmaci specifici per la prevenzione dell’osteoporosi, che è opportuno ricercare attraverso la densitometria ossea11. Risultano anche utili un’alimentazione ricca in calcio e vitamina D, un’attività fisica non intensa ma regolare e un’adeguata esposizione al sole. La mancanza di ormoni sessuali comporta altresì  un rischio di cardiopatia ischemica che porta le donne in climaterio a pareggiare quello proprio degli uomini. Onde evitarlo, occorre contrastare l’insorgenza dell’ipertensione e della sindrome metabolica, legate all’aumento dell’insulino-resistenza.

Prevenzione è anche informazione e counseling

Comunque, la prevenzione non si identifica solo con accertamenti strumentali e di laboratorio o la somministrazione di farmaci, ma è anche informazione e counseling. Oggi si parla sempre più spesso di stili di vita, intesi come abitudini buone o cattive che interessano l’individuo nel suo complesso e che possono migliorare o peggiorare le sue condizioni di salute. Così sin dalla giovane età sarebbe opportuno evitare il consumo di alcol, per la minor capacità della donna di metabolizzare le bevande alcoliche rispetto all’uomo, ed il fumo di sigaretta, strettamente legato al cancro del polmone, la cui frequenza è in netto aumento proprio nelle donne.
Un sostegno psicologico precoce ed adeguato può mettere in luce le dinamiche che sono alla base dei disordini alimentari e cercare di correggerli in quanto pericolosi per la vita stessa delle interessate, costituendo la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali.
Allo stesso modo una buona educazione sessuale, purtroppo ancora colpevolmente inesistente nel nostro ordinamento scolastico formativo, potrebbe contribuire a rendere i giovani più accorti e responsabili nei rapporti sessuali, evitando così sia i contagi infettivi, oggi in fase di recrudescenza, sia le gravidanze non desiderate che portano quasi sempre ad un aborto volontario.

In campo etico

Passando da un campo strettamente tecnico ad uno essenzialmente etico si affacciano non pochi problemi.
Pur se invocata da tanti, la perdurante carenza di un’educazione all’affettività e alla sessualità non può far da contrasto alla diffusa tendenza dei giovani di entrambi i sessi di giungere al primo rapporto sessuale ad un’età di gran lunga inferiore che in passato. Per lo stesso motivo manca qualsiasi possibilità di fornire loro tutte le informazioni per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale o di un’eventuale gravidanza. In molti enfatizzano l’uso del profilattico come soluzione pratica per entrambe le questioni. Ma può un banale cappuccio di gomma essere l’alternativa ad una conscia consapevolezza? La risposta è più che ovvia!

All’avvio della campagna vaccinale contro l’HPV2 molto si è discusso sull’opportunità di somministrarlo, com’è d’uso, alla soglia della pubertà, in un primo tempo limitato alle sole femmine, ora suggerito anche ai maschi. Ma come fare altrimenti, considerata sia la persistenza di una maggior efficacia ancora a quell’età, sia la necessità di riceverlo prima che ci sia qualsiasi contatto sessuale? La prima possibilità di prevenire un tumore è venuta così a scontrarsi contro le resistenze di molti genitori preoccupati per il permissivismo autorizzato che ne poteva conseguire. A ciò si aggiunga che negli ultimi anni è andato crescendo un atteggiamento di rifiuto verso tutte le vaccinazioni che, sebbene privo di valide motivazioni scientifiche, coinvolge ormai ampie fasce di padri e madri, il cosiddetto popolo no-vax.

Per preservare la fertilità, visto che è quasi impossibile intervenire sull’inquinamento ambientale, tra le maggiori concause dell’aumento percentuale della sterilità, che ovviamente coinvolge anche gli uomini, ormai privi pur di quel minimo ma importante controllo che era la visita di leva, si può fare prevenzione raccomandando di evitare le altre possibili cause (dagli errori dietetici alle infezioni genitali) e di cercare di riprodursi ad un’età inferiore a quella cui oggi ci si è attestati, essenzialmente per ragioni economiche e sociali.

Indagini genetiche sempre più sofisticate sono eseguibili, nel caso di procreazione medicalmente assistita, sul prodotto del concepimento nelle prime fasi del suo sviluppo in laboratorio o sull’embrione prima che venga trasferito in utero (diagnosi pre-impianto)12, con la possibilità di accertare non solo uno stato di malattia ma anche la suscettibilità alla sua insorgenza. In proposito c’è da chiedersi quale sia la motivazione che è alla base della richiesta della coppia: solo legata al legittimo desiderio di conoscenza o non piuttosto finalizzata all’eliminazione sempre più precoce di chi purtroppo non risponde ai criteri del figlio perfetto? Un cattivo uso di magnifiche opportunità porta così con estrema facilità a pessime operazioni di vera e propria eugenetica.

I geni BRCA 1 e 2 sono stati gli antesignani della cosiddetta medicina predittiva, quella cioè che non svela una patologia bensì la possibilità che essa possa manifestarsi nel tempo. Ciò porta a scelte controverse, come nello specifico a sottoporsi all’asportazione delle mammelle e delle ovaie onde ridurre se non azzerare il rischio. È molto dibattuto se tali decisioni siano sempre giustificate o condivisibili. Comprensibilmente arduo dare delle risposte. Ora si sta affacciando una nuova possibilità diagnostica in oncologia, la biopsia liquida13, cioè cercare nel sangue frammenti di materiale genetico tumorale alterati. Sperando che possa davvero essere utile oltre a rendere la terapia più incisiva per una diagnosi ancor più precoce.

Ad ogni buon conto, la medicina moderna, sempre più ipertecnologica e sempre meno affidata al caso, dovrebbe servire a migliorare la nostra esistenza e non a complicarci la vita, facendoci vivere nel dramma dell’attesa di una malattia che in realtà potrebbe non manifestarsi mai.


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