Fine vita. Alla Camera passa il dl sul “suicidio medicalmente assistito”
12 Marzo 2022Ora l’esame del testo unificato approvato nell’Assemblea della Camera procederà in Senato. Ha votato a favore il 68% dei votanti, che erano 370 giovedì 10 marzo in Aula mentre 1 si è astenuto. Sono stati 253 i pareri a favore e 117 quelli contrari.
Il testo unificato (AC2) del disegno di legge sulle Disposizioni su Morte volontaria medicalmente assistita, detto Bazoli dal nome del relatore, norma la possibilità di fare richiesta di porre fine alla propria vita su scelta volontaria e in piena facoltà di intendere e volere, in età maggiorenne, dinanzi ad una sofferenza fisica e psicologica ritenuta intollerabile a causa di una malattia con prognosi infausta e in condizioni cliniche irreversibili, con sostegno vitale, nelle condizioni e circostanze descritte.
Il Parlamento ha ripreso la discussione sul fine vita per legiferare la materia sollecitato dalla Corte Costituzionale che nella sentenza n.242/2019 aveva dichiarato legittimità costituzionale l’agevolazione dell’aiuto al suicidio assistito in determinate condizioni e depenalizzata al riguardo la punibilità parziale dell’articolo 580 del codice penale sul reato di agevolazione e istigazione al suicidio. Il pronunciamento scaturiva dal caso del dj Fabo per la condotta di Cappato, sotto processo, ritenuta colpevole o meno, nell’accompagnarlo in clinica in Svizzera a darsi la morte.
Quali reazioni alla Camera sul disegno di legge approvato?
Il disegno di Legge passato alla Camera è frutto di uno sforzo per giungere ad una mediazione dovuta che alla fine non soddisfa né gli uni né altri, come ha affermato lo stesso relatore del testo Bazoli.
Gli emendamenti sottoposti nell’esame dell’Assemblea sono stati (quasi) del tutto rigettati. Per coloro che sono contrari ad una legge che disciplini la possibilità di darsi la morte seppure in determinate condizioni i paletti fissati dalla Corte costituzionale si sono estesi: le cure palliative non sono più un “prerequisito” ma possono essere rifiutate con il rischio di un Servizio sanitario nazionale che viene meno nel suo compito prioritario assistenziale di garantire realizzando – perché è ancora incompleto – un accesso equo ed omogeneo per tutti alle cure palliative sul territorio nazionale, e finisce per favorire una richiesta sempre più indirizzata verso un diritto a morire invece di sollevare dalla sofferenza.
Le condizioni che determinano la possibilità di richiesta indicate dalla Corte Costituzionale per legiferare il fine vita sul suicidio assistito sono in parte cambiate. Quelle presentate in Assemblea risultano ampliate e anche con alcune modifiche apportate rispetto a quanto stabilito in Commissione. Non è stata per nulla condivisibile la scelta di aggiungere tra i requisiti l’espressione “la condizione clinica irreversibile”. L’art. 1 afferma che può farne richiesta una «persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge … ». Per i propugnatori della norma, come ha affermato Bazoli, si è reso necessaria tale espressione per far rientrare «il caso di dj Fabo che ha dato luogo poi alla sentenza della Corte» perché «non sarebbe stato ricompreso, perché .. non era affetto da una patologia». Invece dall’altra parte viene messo in evidenza che proprio come patologia irreversibile la Corte Costituzionale ha parlato del dj Fabo, evidenziando poi la difficile interpretazione che tale espressione comporta a partire dalla valutazione che una condizione clinica irreversibile richiede. Qualunque patologia cronica oncologica o un diabetico o una persona con un’amputazione, ad esempio, sono casi considerati condizione clinica irreversibile. Potrebbe prevalere una valutazione soggettiva del sofferente su quella medica con il rischio di far rientrare i casi di condizione clinica irreversibile nell’atto suicidario. . E l’allargamento della maglia sul suicidio assistito è data dall’opzione tra le condizioni descritte, ossia tra una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile.
Poi sono emerse la perplessità se non valga la pena di alzare l’età a 25 anni per una maturità più consapevole e tra le incoerenze, la mancata indicazione del prossimarsi alla morte come specificità delle condizioni o anche il richiamo ad ambedue le figure di medici, di base e specialista per la patologia principale, a cui richiedere la certificazione dello stato di salute e validare la richiesta da sottoporre alle asl competenti contrariamente al testo che innesca con l’opzione di scelta fra le due figure l’infrangersi della relazione terapeutica multidisciplinare. Lo stesso accade per l’inserimento di un’assistenza psicologica che aiuterebbe a comprendere lo stato della persona sofferente che viene negata nella valutazione per poi essere presente solo alla fine quando la richiesta è accolta nell’accompagnamento a darsi la morte.
Cancellate dal testo approvato in Commissione sono state le condizioni “sociali e famigliari” che avrebbero unitamente a quelle cliniche e psicologiche del richiedente portato ad una decisione che sarebbe stata valutata con una maggior consapevolezza e nell’intento di impedire che le vulnerabilità diventino oggetto di discriminazione sociale.
Un disegno di legge visto ancora troppo ristretto per alcuni secondo i quali può ancora essere migliorabile in sintonia con il presupposto che il limite della libertà sta nel non limitare la libertà degli altri, comunque una legge che aggiunge diritti e libertà. Chi la vede troppo restrittiva nelle condizioni di accesso ed imperfetta così come è prevede che darà luogo a ulteriori interventi da parte della Corte costituzionale.
Nel frattempo attendiamo in Senato come le perplessità e i numerosi disaccordi saranno capaci di un dialogo per il fine di una civiltà che fonda i suoi valori sul bene della vita e non della morte. Perché non sistemare prima in modo omogeneo le cure palliative, farle conoscere e non anche analizzare quel che si sarebbe potuto fare per non arrivare a quell’area grigia tra la proporzionalità e la sproporzionalità di cure dovute alla scienza tecnologica dei casi accaduti che rimangono comunque estremi e pochi?
La Pontificia Accademia per la Vita, all’indomani dell’esito del quesito referendario sull’omicidio del consenziente scriveva, in una nota del 18 febbraio 2022: «la Pontificia Accademia per la Vita ribadisce l’insegnamento della Chiesa Cattolica, riafferma il valore ed il rispetto di ogni vita umana, sostiene il no al suicidio e al suicidio assistito, come richiamato più volte dal Papa. La Pontificia Accademia per la Vita sottolinea l’importanza delle cure palliative, e fa notare come la legge italiana sulle cure palliative (la legge 38/2010) è oggi di fatto ancora poco conosciuta e poco applicata, mentre sarebbe una risposta concreta alla sofferenza di tante persone, per un vero aiuto ed accompagnamento».
Commenti dalle realtà cattoliche
Marina Casini, presidente movimento nazionale per la vita
Non è certo un successo, né un passo avanti della civiltà, l’approvazione di questo testo da parte della Camera dei Deputati. Stiamo facendo un grande errore nel portare avanti un presunto diritto: il diritto alla morte non esiste in una società che si definisca civile. La tutela della persona, soprattutto nei momenti di maggiore sensibilità e fragilità, dovrebbe essere dovuta a 360 gradi e declinata concretamente sul piano dell’assistenza sanitaria, psicologica e anche spirituale. Si dovrebbe investire di più attraverso sui servizi concreti di sostegno: si pensi alle cure domiciliari, alle cure palliative, al rafforzamento degli hospisce.
L’eutanasia non può mai essere una risposta sociale alla questione sofferenza. L’inevitabilità della morte implica per la società il rifiuto dell’ostinazione terapeutica ma anche il dovere di offrire tutto ciò di cui c’è bisogno per eliminare la sofferenza, la solitudine, l’abbandono; viceversa fornire e somministrare strumenti di morte implica sicuramente un bel risparmio di risorse e di soldi ma implica anche una disumanizzazione della società e uno svuotamento dei diritti dell’uomo perché tutto ciò che porta alla morte voluta, programmata, pianificata distrugge il fondamento dei diritti: l’uomo, appunto.
Gli apprezzabili sforzi per emendare il testo a favore della cura piuttosto che della somministrazione della morte non cancellano l’impostazione della normativa che è sostanzialmente eutanasica. Rispetto al nostro ordinamento giuridico non si tratta di limitare dei danni raggiungendo il massimo bene possibile con una legge imperfetta, ma di introdurre nell’ordinamento il presunto diritto alla morte. La sentenza 242 del 2019 è solo apparentemente rispettata, così come la sentenza 27 del 1975 sull’aborto è stata solo in apparenza rispettata dalla legge 194 del 1978. Sarà necessario un lavoro tenace al Senato per cambiare la logica del testo approvato dalla Camera: non si tratta di dire no ad una legge che riguarda le persone malate e i loro cari, ma di dire no ad una legge che apre il baratro dell’eutanasia e del suicidio assistito.
Scienza & Vita
Nel dibattito in Assemblea alla Camera – come anche in quello precedente in Commissione – si era tentato di emendare il testo con l’inserimento, già nei primi articoli, del pre-requisito dell’aver intrapreso il soggetto un percorso di cure palliative, così come richiesto anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n 242 del 2019 (nel noto caso Dj Fabo/Cappato).
Si è, inoltre, tentato di non sottoporre la procedura per la morte volontaria al controllo del Servizio sanitario nazionale, per non stravolgere la finalità di cura e di assistenza del servizio nazionale stesso. I tentativi di modifica non sono riusciti. L’art. 2, infatti, contempla tale nuova finalità del SSN, che deve operare, come si legge al comma 3, “nel rispetto dei seguenti princìpi fondamentali: tutela della dignità e dell’autonomia della persona; tutela della qualità della vita fino al suo termine; adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia”. Si evidenzia a tal proposito una specifica interpretazione della dignità della persona, prettamente soggettivistica, sganciata dal bene in sé della vita umana.
L’adeguato sostegno sanitario, psicologico e socioassistenziale sarebbe stato garantito da quel percorso di cure palliative che si è voluto escludere dai requisiti fondamentali per l’accesso alla procedura della morte assistita, consentendo tale accesso anche con il semplice rifiuto delle cure palliative.
I presupposti, infatti, per l’accesso alla procedura sono: la maggiore età, la capacità di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, l’adeguata informazione, nonché il previo coinvolgimento “in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte” (art. 3). Basta, pertanto, il rifiuto delle cure palliative per la morte volontaria assistita.
L’On. Trizzino, durante le votazioni sugli emendamenti per l’inserimento del pre-requisito delle cure palliative (al quale si è opposto), ha affermato che la legge riguarderà “piccolissime categorie di persone”, tranquillizzando sul fatto che “non succederà nulla di così grave, non si estenderanno i numeri, sono numeri molto limitati…che la Corte costituzionale ha individuato con grande attenzione”. Tali affermazioni sono, in realtà, già smentite dai fatti: il disegno di legge va ben oltre le indicazioni fornite dalla Consulta con la sentenza n. 242. Il riferimento è in particolare a: l’aggiunta delle condizioni per l’accesso, la persona sia “portatrice di una condizione clinica irreversibile”; allo stravolgimento dei compiti del SSN, non presente nella sentenza; al non aver definito oggettivamente l’ambito dei trattamenti di sostegno vitale (nel caso Cappato la Corte faceva chiaro riferimento alle macchine che tengono in vita il soggetto); al non aver inserito tra i requisiti per l’accesso il coinvolgimento effettivo ad un percorso di cure palliative.
I confini, già ampi, delineati dal disegno di legge sono, così, evidentemente destinati ad espandersi in ottica eutanasica e di rifiuto delle situazioni di vulnerabilità.
L’invito è di recuperare, anche in vista della nuova fase che si apre con la trasmissione del testo in Senato, il rispetto effettivo dei principi della Costituzione, della Convenzione EDU e della Carta dei diritti fondamentali Ue, richiamati nell’art. 1 del ddl, che tutelano la vita e la dignità umana e non la morte. Il riferimento a tali principi, come a quello del rispetto della dignità, è, altrimenti, destinato a rimanere un richiamo vuoto.
Centro Studi Livatino
Il testo unificato sull’eutanasia, approvato oggi alla Camera, altro non è che una legge 194/1978 che, invece che al concepito, ha nel mirino l’ammalato, il disabile, l’anziano non autosufficiente. Della 194 il testo odierno mutua la forma, la struttura, la dinamica, in taluni passaggi perfino la lettera (come emerge sovrapponendo le parti sull’obiezione di coscienza).
Per rendere meglio l’idea, come l’art. 1 della 194 proclamava che “l’interruzione volontaria della gravidanza (…) non è mezzo per il controllo delle nascite”-, e sappiamo come è andata a finire – così l’eventuale seguito del lavoro parlamentare potrebbe aggiungere al testo sull’eutanasia un proclama del tipo “la morte volontaria medicalmente assistita, di cui alla presente legge, non è strumento per il controllo della spesa pubblica”. Perché invece sarà proprio questo.
Coghe da Provita & Famiglia
Non c’è nessuna dignità nel procurare o nel ricevere la morte in modo volontario e consapevole, come recita l’articolo 2 del Testo “Bazoli”, ed è disumano che ciò venga fatto con il “supporto e sotto il controllo” del Servizio Sanitario Nazionale, che invece dovrebbe garantire cure, assistenza e vita.
Cosa dice il disegno di legge?
Il testo comprende 9 articoli.
Articolo 1
Si propone di disciplinare «la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
Articolo 2
Definisce che cosa si intende per morte volontaria medicalmente assistita: «Il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5».
L’atto, spiega «deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere».
Avviene nelle «strutture del servizio sanitario nazionale» a cui spetterà di rispettare i principi di: «1. tutela della dignità e dell’autonomia della persona. 2. della qualità della vita fino al suo termine 3. adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia».
Articolo 3
Chiarisce quali sono e presupposti e le condizioni per poter farne richiesta: «la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte».
Inoltre deve trovarsi nelle seguenti condizioni: «a essere affetta da una patologia attestata dal medico curante o dal medico specialista che l’ha in cura come irreversibile e con prognosi infausta, oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili; b) essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente».
Rispetto al testo è stata introdotta la “o” che sostituisce la “e”: a certificare le condizioni per la richiesta sono o il medico curante o lo specialista presso cui è in cura e non più insieme. Non è stata accettata la proposta di sottoporre la domanda sia al medico di base che allo specialista presso cui si è in cura. Si è fatto osservare che per un inserimento semplice in residenza sanitaria assistenziale la richiesta è scritta dal medico di base sulla base della certificazione ricevuta dallo specialista per la patologia principale.
Articolo 4
Riguarda come deve essere formulata la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e i requisiti.
1.«deve essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta deve essere manifestata per iscritto e nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesarne la volontà.
2. Nel caso in cui le condizioni della persona non lo consentano, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che le consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di due testimoni e di un pubblico ufficiale che attesti l’autenticità, la data e il luogo di espressione della volontà dell’interessato.
3. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere indirizzata al medico di medicina generale o al medico che ha in cura il paziente, nel rispetto della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico.
4. Ricevuta la richiesta, il medico prospetta al paziente, e se questi acconsente anche ai suoi familiari, le conseguenze di quanto richiesto e le possibili alternative, e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica».
In Aula è stato aggiunto nel comma 2 finale sull’autentificazione dopo due testimoni “e di un pubblico ufficiale..”
Articolo 5
Riguarda le modalità in 11 punti:
- «La morte volontaria medicalmente assistita deve avvenire nel rispetto della dignità della persona malata e in modo da non provocare ulteriori sofferenze ed evitare abusi. La persona malata ha la facoltà di indicare chi deve essere informato nell’ambito della sua rete familiare o amicale e chi può essere presente all’atto del decesso.
- Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita formulata nelle forme di cui all’articolo 4 redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche, psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l’hanno determinata e lo inoltra senza ritardo al Comitato di valutazione clinica di cui all’articolo 7 territorialmente competente. Il rapporto è corredato da copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente e all’interessato.
- Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata.
- Per la stesura del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3 il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando per iscritto la sua decisione al richiedente.
- Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sulla esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell’espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l’equipe sanitaria per una audizione ed è tenuto a sentire il paziente anche telematicamente o a mezzo di un suo delegato per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera.
- Nel corso del periodo che intercorre tra l’invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest’ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato.
- Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme a tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e sia consentito anche alle persone prive di autonomia fisica secondo un protocollo nazionale da adottarsi a cura del Ministero della Salute.
- Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso della decisione motivata del medico, di cui al comma 4,o del pare contrario del Comitato, resta ferma comunque la possibilità per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione del parere.
- La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai precedenti commi fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato.
- Il medico presente all’atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all’articolo 3.
- Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge.
Articolo 6
Tratta l’obiezione di coscienza.
«1 Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di adozione del regolamento di cui all’articolo 7 al direttore dell’azienda sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente.
2. L’obiezione di coscienza può sempre essere revocata o essere proposta anche fuori del termine di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione ai soggetti di cui al comma 1.
3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente dirette al suicidio e non dall’assistenza antecedente l’intervento.
4. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla presente legge anche attraverso la mobilità interaziendale tra diverse regioni. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione».
Articolo 7
Prevede l’istituzione di Comitati per la valutazione clinica presso Asl locali:
1 Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati, con regolamento del Ministro della salute, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza Stato – Regioni, sono istituiti e disciplinati i Comitati per la valutazione clinica presso le aziende sanitarie locali.
2. Tali organismi devono essere multidisciplinari, autonomi e indipendenti, costituiti da medici specialisti, ivi compresi palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti ad essi demandati.
3. Il comitato decide all’unanimità.
Articolo 8
Prevede l’esclusione di punibilità degli art- 580 e 593 del codice penale per il medico, personale sanitario e amministrativo partecipi nella procedura delle disposizioni di Morte medicalmente assistita
«1 Le disposizioni contenute negli articoli 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge.
2. Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima della data di entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3 della medesima legge e la volontà libera, informata e consapevole della per- sona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata» .
Articolo 8 bis
(Commissione parlamentare di vigilanza sull’applicazione della normativa in materia di
morte volontaria medicalmente assistita)
- È istituita una Commissione parlamentare bicamerale con il compito di:
a) analizzare l’applicazione della normativa sulla morte volontaria medicalmente assistita;
b) monitorare il funzionamento degli organi di controllo e le possibili derive nell’applicazione della legge. - La Commissione, a carattere permanente, composta da dieci senatori e dieci deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal
Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento, ogni anno redige una relazione sull’attività svolta. - Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio della Camera dei deputati.