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Agricoltura digitale 2.0: arrivano i fondi per il biotech (senza Ogm)

11 Gennaio 2016

Investire in agricoltura digitale e biotecnologie più moderne e sostenibili per migliorare le performance del settore agroalimentare. Sono i principi che hanno ispirato nella legge di Stabilità un finanziamento di 21 milioni su un progetto di ricerca pubblica triennale che sarà gestito dal Crea, il Centro specializzato del ministero delle Politiche agricole. L’obiettivo è continuare a dire «no» agli Ogm transgenici, ma anche migliorare geneticamente, senza alterarle, le caratterizzazioni produttive del sistema italiano. Prosegue così il dibattito dopo Expo su uno dei temi più controversi: quello sul rapporto tra modello di sviluppo, biodiversità e organismi geneticamente modificati.

«Tutelare la nostra biodiversità»

Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, spiega: «Vogliamo tutelare al massimo il nostro patrimonio unico di biodiversità che fa dell’Italia un punto di riferimento per il mondo a livello agroalimentare. Investiamo sulle migliori tecnologie per tutelare le nostre produzioni principali: dalla vite all’olivo, dal pesco al pero».

 Il programma

Il programma prevede iniziative di ricerca in laboratorio, a legislazione vigente, con innovativi strumenti biotecnologici: il «genome editing» e la «cisgenesi» che possono consentire un impegno mirato di miglioramento genetico senza alterare le caratterizzazioni produttive del sistema agroalimentare, come avviene per gli Ogm transgenici. Infatti i prodotti «cisgenici» o ottenuti per «genome editing», non essendo realizzati con inserimenti estranei a quelli propri della specie, non appaiono distinguibili da prodotti ottenuti per incrocio tradizionale. E in più gli studiosi fanno notare che queste tecniche permettono di migliorare le performance anche rispetto alla resistenza alle malattie. Tra le colture coinvolte nella ricerca ci sono pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio e pioppo.

Biotech

Sul fronte digitale, poi, il Crea darà vita a un portale open data che vedrà la collaborazione con istituzioni locali, gruppi di ricerca e università pubbliche e private e aziende di sviluppo tecnologico. Il domani dell’agricoltura italiana, secondo il ministero delle Politiche agricole, sarà fatto anche di sensori collegati al bestiame negli allevamenti, app che gestiscono le stalle, sistemi di rilevamento dell’umidità dei terreni, programmi di gestione irrigui via smartphone e un centro digitale di elaborazione delle informazioni online basato su sistemi cloud. 

Francesco Di Frischia
Fonte: «Il Corriere della Sera.it»

Redazione Bioetica News Torino