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94 gen-feb 2023
Speciale Malattie Rare Dalla ricerca alle nuove cure

Aborto: un dramma sempre attuale Prospettive a confronto

Abstract

L'aborto come diritto viene promosso nella UE. In Italia la legge 194 rappresenterebbe un ostacolo, andrebbe davvero cambiata come si appellano alcuni teologi e intellettuali che giungono a definirlo "bene possibile"? La questione viene discussa mediante tre interviste di Enrico LARGHERO. Per gli aspetti morali con il teologo morale e bioeticista Prof. Giuseppe ZEPPEGNO. Sulle implicazioni giuridiche e culturali, soprattutto per le minorenni, dell'uso diffuso dei nuovi farmaci cosiddetti di " emergenza" e sul riconoscimento dello statuto giuridico dell'embrione dalla giurista e bioeticista Prof.ssa Marina CASINI, presidente del Movimento per la Vita nazionale. Sotto il profilo scientifico con la ginecologa Clementina PERIS che ci introduce alle nuove conoscenze sull'embrione.

Nel nostro mondo sempre in divenire vi sono tuttavia alcune tematiche ricorrenti che, dopo un periodo di silenzio, tornano nuovamente alla ribalta. Un posto di rilievo per le sue molteplici implicazioni spetta sicuramente all’aborto.

La sentenza USA del giugno 2022 ha nuovamente sollecitato l’opinione pubblica e le istituzioni, ma nei mesi scorsi riducendo il raggio di influenza nuove polemiche sono emerse su tale tematica. Infatti, alcuni articoli pubblicati da parte di teologi ed intellettuali hanno rimesso in dubbio il significato dell’aborto e quindi inevitabilmente il suo peso giuridico, etico e scientifico.

La legge italiano sull’aborto è del 1978. Da allora molto è cambiato, ma quanto è giusto, intellettualmente onesto mettere in discussione valori che sono già stati ampiamente definiti ed assodati? Doveroso interpellare autorità in materia, non solo per rispondere ad alcune dubbie affermazioni (che possono suonare anche come provocatorie), ma anche e soprattutto informare correttamente su materia così delicata e complessa al tempo stesso.

Tre punti di vista per riflettere, oltre i clamori mediatici, e ricondurre la questione nel suo ambito corretto. La prima prospettiva è quella sostenuta dal Prof. Giuseppe Zeppegno, non solo per il suo ruolo di Presidente del Centro Cattolico di Bioetica, ma soprattutto teologo e bioeticista.

ZEPPEGNO FOTO 2021
Intervista a Giuseppe Zeppegno

D. Professore, può riassumere le criticità più significative sottolineate dagli articoli cui facevamo cenno?

R. Gli articoli cui si è fatto riferimento mi pare che siano il prodotto di un “pensiero creativo”, cioè di un pensiero che propone soluzioni flessibili e insolite, non del tutto ancorate alla realtà. Risulta ad esempio opinabile sostenere che si debbano privilegiare nelle questioni di inizio vita “ragioni di cuore” come se i dati scientifici fossero poco rilevanti. Stupisce inoltre che si richiami la questione dell’animazione successiva che tanta parte ha avuto nelle diatribe del passato, ma che è da tempo caduta nell’oblio.

Non a caso la Dichiarazione sull’aborto procurato, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1974, l’ha espressamente definita una opinabile questione filosofica non più degna di essere presa in considerazione. Non è mancato chi ha definito l’aborto un “bene possibile” mentre neppure la legge 194/1978 lo ritiene tale. Infatti, non lo legalizza ma lo depenalizza in alcune situazioni esplicitamente indicate.

D. Quali le argomentazioni teologiche e bioetiche da contrapporre?

La bioetica personalista, al cui impianto fa riferimento il Magistero ecclesiale, basando le sue argomentazioni sui dati scientifici, riconosce che l’embrione e l’adulto sono un solo ed unico essere vivente anche se in fasi diverse di sviluppo. Per questo motivo l’enciclica Evangelium vitae sostiene che «l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza». Allo stesso tempo riconosce che sulle donne che hanno fatto esperienza dell’aborto possono aver influito molteplici condizionamenti e le invita a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento ma a confidare sulla misericordia divina.


Dopo il teologo, il giurista. Chiediamo alla Professoressa Marina Casini, Presidente Nazionale del Movimento per la Vita, quale sia la posizione di una giurista che da sempre combatte per tutelare la maternità e la fragilità.

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Intervista a Marina Casini

D. Come è cambiato l’aborto dopo oltre quarant’anni dalla promulgazione della legge? Al di là delle questioni morali sottese, quali sono le ricadute ed i problemi emersi?

R. La risposta richiede un’analisi complessa. Mi limito a evidenziare il progressivo avanzamento verso la banalizzazione e la privatizzazione dell’aborto attraverso l’assunzione di pillole, dalla Ru486 alla cd “contraccezione di emergenza” o “post-coitale”.

L’espressione “contraccezione di emergenza non deve ingannare, perché non si tratta, come viene insistentemente affermato, di “contraccettivi”, siano pure chiamati di “emergenza”, si tratta invece di “intercettivi” o “contragestativi”, cioè prodotti – assunti entro le 72 ore successive a un “rapporto non protetto” (pillola del giorno dopo: Norlevo o Levonelle) o entro i successivi 5 giorni (EllaOne) – i quali, se il concepimento del figlio è avvenuto, rendono l’utero inospitale causando la morte del concepito.

Siamo di fronte a nuove forme di aborto illegale, tanto più gravi quanto più nascoste e contrastanti con l’art. 1 della legge 194 che impone allo Stato di tutelare la vita umana sin dal suo inizio e di evitare che il ricorso all’aborto sia considerato mezzo di controllo delle nascite. Per quanto riguarda la RU489, la spinta verso la banalizzazione e la privatizzazione dell’aborto è stata data dalla circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria (DGPRE.9/I.4.d.a.1 7/2019/1), previo parere favorevole del CSS (4 agosto 2020), che ha comunicato l’aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine pubblicate dal Ministero della Salute il 12 agosto 2020. In base a queste l’aborto farmacologico non deve più essere effettuato entro la settima settimana di gestazione, bensì fino a 63 giorni, pari a 9 settimane compiute di età gestazionale; inoltre la “procedura” può essere eseguita in day hospital, presso strutture ambulatoriali pubbliche o presso i consultori familiari. Non è possibile qui approfondire, ma vi sono stringenti motivi a sostegno della infondatezza ― anche alla luce della legge 194 ― di questo provvedimento che, non essendo vincolante, lascia alle Regioni che godono dell’autonomia riconosciuta loro dal SSN,  la possibilità di rendere non operative le linee di indirizzo attraverso protocolli autonomi.

Quanto alla “contraccezione postcoitale”, la spinta verso un’abortività sempre più banale, privata e anche occulta è venuta con la Determina 998 dell’8 ottobre 2020 con cui l’AIFA ha eliminato anche per le minorenni l’obbligo di ricetta per la c.d. “pillola dei cinque giorni dopo” (Ellaone). Dispiace pensare che ragazze minorenni, nella fase della pubertà o dell’adolescenza, siano investite dalla cultura dello “scarto mondiale” in una dimensione di solitudine.

È urgente e indispensabile una profonda ed estesa opera educativa che offra una visione alta e affascinante dell’amore umano che comprende la bellezza e la ricchezza della sessualità anche in ordine alla sua intrinseca dimensione generativa.

D. È giusto ancora parlare di Statuto giuridico dell’embrione? Quali le politiche necessarie per tutelare la vita nascente, la donna e la famiglia nel suo insieme?

R. Decisamente giusto e quanto mai necessario. Il pensiero giuridico, il diritto, la giustizia, hanno assolutamente bisogno di sapere chi è l’uomo. Tutta la dottrina dei diritti umani è vanificata se non sappiamo chi sia l’uomo. Per non tradire il principio di eguaglianza, il diritto non può utilizzare altro criterio che quello emergente dal dato biologico: è uomo ogni individuo vivente appartenente alla specie umana.

È questo il senso della proposta di legge volta a modificare l’art. 1 del codice civile riconoscendo che ogni essere umano ha capacità giuridica fin dal concepimento. Per la tutela della vita nascente, della maternità, della famiglia vanno benissimo misure economiche, occupazionali e abitative, ma è la cultura della vita che in parallelo deve crescere. E la cultura della vita nasce dallo sguardo che riconosce il concepito come uno di noi. Senza questo sguardo è assai improbabile che trovi applicazione quella parte della legge 194 che prevede aiuti per la donna in gravidanza, rimozione delle cause dell’aborto e alternative all’aborto.

Se la riforma dell’art. 1 del codice civile servisse a far maturare la capacità di sguardo totale sulla donna e sul bambino nel suo grembo, a irrobustire la responsabilità dei genitori, della società e della politica nei confronti di coloro che sono in viaggio verso la nascita con misure che abbraccino la sua mamma in una logica di condivisione delle difficoltà a delineare nuove modalità di tutela della vita nascente e della maternità durante la gravidanza, la riforma sarebbe davvero un grande passo avanti per tutta la società.

La via vincente è quella dei Centri di Aiuto alla Vita che dal 1975 operano in tutta Italia per dare una mano alle donne che si trovano di fronte ad una gravidanza difficile o non attesa, liberandole dai condizionamenti che le indurrebbero all’aborto e restituendo loro il coraggio dell’accoglienza con la fiducia e la serenità che ne conseguono.

Uno Stato che rinuncia a punire l’aborto non deve rinunciare a difendere il diritto alla vita con altri mezzi di più alto profilo e di maggiore efficacia. In questa prospettiva sarebbe davvero urgente una riforma dei consultori pubblici sul modello dei Centri di Aiuto alla Vita, affinché siano unicamente ed esclusivamente un’autentica alternativa alla c.d. “IVG” (interruzione volontaria di gravidanza) e quindi una risorsa per la salute e la serenità delle donne.


Infine, non ultimo, il parere del medico. Ci rivolgiamo a Clementina Peris, ginecologo ed esperto della materia.

Clementina Peris interviene su vita prenatale
Intervista a Clementina Peris

D. Professoressa, da anni la scienza, o meglio, una presunta scienza, è oggetto di manipolazioni che tendono a strumentalizzare l’opinione pubblica. Tuttavia, vi sono dei dati inoppugnabili che non si possono prestare a interpretazioni ideologiche ed economiche. Dal punto di vista biologico, che cos’è la fecondazione e quando inizia la vita?

R. La vita inizia al momento in cui l’informazione genetica contenuta nello spermatozoo e nell’oocita si combinano a formare una unica cellula, lo zigote umano. I gameti cessano di esistere come entità separate e iniziano ad interagire attivamente nella nuova entità biologica, lo zigote: essere vivente in quanto esso possiede principi organizzativi interni che ne determinano lo sviluppo e ne supportano la crescita nel suo ambiente naturale, al fine di individuare i mezzi necessari all’approvvigionamento di nutrienti per crescere e a sviluppare i mezzi per avere sensazioni e pensieri.

Un mutuo dialogo tra madre e embrione è effettuato tramite microvescicole dai primi stadi preimpianto e condiziona il riconoscimento materno della gravidanza: l’impianto in utero avviene solo attraverso un efficace dialogo tra l’embrione e l’endometrio materno.

Le nuove conoscenze scientifiche confermano la presenza di un definito progetto evolutivo già presente nello zigote: l’embrione è autodirettivo, non eterodiretto e l’essenza della vita non risiede nell’autonomia, ma nella competenza di sviluppo nel proprio ambiente e autodirettività. L’unicità dello zigote inizia nel momento stesso in cui i due gameti stabiliscono il contatto. In caso di gemellarità omozigote, lo zigote è costituito da due (o più) potenziali zigoti, all’interno della stessa membrana pellucida che circonda l’oocita, come dimostrato recentemente in PMA (procreazione medicalmente assistita).                         

Le conoscenze recenti smentiscono ampiamente sia il concetto di potenzialità solo passiva dell’embrione sia quello della non-individualità prima dei 14 giorni di sviluppo, quindi le conseguenze a livello filosofico, etico, sociale, politico e teologico potrebbero essere rilevanti: tanto più una vita è piccola e fragile tanto più dovrebbero essere perseguite soluzioni umane.

D. Il nostro è un tempo di paradossi e contraddizioni. Nel 2010 in Italia sono state effettuate circa centomila interruzioni volontarie di gravidanza, nel 2020, circa sessantamila. Un dato in calo, ma ancora drammaticamente significativo. Per contro, l’ultima relazione al Parlamento sulla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) fa emergere che le coppie trattate sono state oltre sessantacinquemila. Come giudica questi dati? La legge del ’78 permette il non riconoscimento del nascituro e l’adozione …

R. Tutto il mondo occidentale ha problemi di natalità, il che concomita con la preoccupazione circa il sovraffollamento e l’inquinamento del pianeta. Ciò può fornire ragione dello strabismo con cui si affrontano i problemi separatamente, da una parte l’aborto come diritto umano coesistente con la sostanziale sottovalutazione della fame, della povertà e dello sfruttamento dei paesi sottosviluppati e d’altra parte l’incentivazione di pratiche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) come la PMA destinate quasi esclusivamente al mondo occidentale, dove lo stile di vita e i livelli economici ne incentivano la pratica.

Dalla ultima Relazione del Ministro della Salute italiano sulla PMA risulta, ad esempio, come all’interno della diminuzione dei cicli di PMA nel 2020 relativi alla pandemia Covid-19 siano sostanzialmente diminuiti i cicli effettuati nei centri pubblici e convenzionati, ben di poco quelli nei centri privati. Il che sottolinea ancor di più, se necessario, le disparità sociali nell’accesso alla PMA e il livello economico, e di stile di vita, di coloro che ne usufruiscono prevalentemente.

Come se l’aborto fosse come un generoso mezzo di controllo delle nascite negli strati più bisognosi della popolazione italiana e mondiale e la PMA una via di fuga offerta solo a coloro che possono permettersela economicamente. Spariti i proletari, i figli, sottostando alle leggi del progresso, corrono il rischio di sottostare esclusivamente alle possibilità economiche e alle intenzioni politiche delle varie società.


D. Concludendo, Professor Zeppegno, quale sguardo per il futuro e quali auspici per il domani?

R. Credo che anche nella società secolarizzata in cui viviamo i cristiani possono continuare ad essere portatori di valori. Non fa un buon servizio all’umanità chi li stravolge per assecondare le tesi della maggioranza.

È utile piuttosto impegnarsi nella prevenzione remota e prossima. La prima ha il compito di educare a cogliere in modo autentico i significati della sessualità, dell’amore e della tutela della vita. La seconda ha di mira il potenziamento dei consultori pubblici e privati e l’impegno ad eliminare le cause sociali dell’aborto.

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