Abstract
Dopo la rapida premessa di carattere linguistico, l’A. si sofferma sull’aspetto semantico del linguaggio e delle parole. Di qui emerge il significato culturale ed etico dei neologismi nonché il loro uso strumentale quando si vuole cambiare la realtà cambiando le parole.
Le problematiche lessicali. Perché creare un neologismo?
Mariella Lombardi Ricci42
Ci sembra utile, a questo punto, cercare di comprendere il significato culturale di questa innovazione linguistica.
Natura e ruolo del linguaggio, della lingua e della comunicazione umana
Non è possibile affrontare l’interrogativo relativo ai neologismi, senza una breve premessa di carattere linguistico-semantico sul senso e sul ruolo del linguaggio, della lingua e della comunicazione umana.
Il linguaggio è la facoltà, innata, di concepire e impiegare i segni, cioè di poter significare qualcosa a qualcuno. Ha carattere sociale, infatti è costruito dall’insieme degli uomini, consente la comunicazione interpersonale ed esprime valori, divieti, obblighi condivisi.
La significazione, combinazione di un significato43, e di un significante44, si istituisce all’interno di una lingua storica45, forma oggettiva in cui l’uomo dà senso agli eventi e progetta la sua esperienza nel mondo. La lingua è «al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio e un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui»46. Usare la lingua vuol dire formulare concretamente atti linguistici o atti di parola47.
L’uso partecipato delle parole è il modo in cui esse acquistano il loro proprio significato48 all’interno di una data cultura; conoscerlo equivale a possedere le regole socialmente stabilite del suo uso e sapersene servire49. «Le parole sono ciò che tiene insieme la società; senza di esse non saremmo umani»50.
Va da sé che significati e significanti sono scelti arbitrariamente dai soggetti parlanti, ma i rapporti di significazione sono istituiti in riferimento allo stesso contesto socio-culturale, cioè in conformità alle regole che guidano la lingua della comunità della quale sono membri.
La comunicazione umana avviene sempre a partire dall’intenzione di dire qualcosa a qualcuno per raggiungere un dato scopo. Nell’atto vivo della sua realizzazione gli interlocutori creano un significato, ovviamente un significato condiviso. Quando tale condivisione viene a mancare si innesca subito una reazione da parte della comunità. Infatti, l’atto linguistico è performativo, crea cioè comportamenti, guida l’attività mentale delle persone e quindi è rivelatore della natura della società che l’esprime. L’uso non condiviso di una parola crea confusione non solo linguistica ma anche etica.
È ciò che rivela il dibattito seguito all’uso di un termine tradizionale “aborto” in riferimento ad un campo semantico improprio “nascita”. Il significante “aborto dopo la nascita” usato da Giubilini e Minerva nel loro articolo è una vera torsione linguistica della parola “aborto”.
Le tesi, sostenute nell’articolo, portano argomentazioni basate su premesse condivise ormai da decenni da alcune correnti etiche e bioetiche51. Se si è acceso dibattito è proprio perché è stato modificato il linguaggio che esprimeva quelle idee. «Per dirlo con parole semplici, ogni rivoluzione sociale inizia con un’idea e le idee di Giubilini e di Minerva non sono un’eccezione e hanno rilevanza al di là del mondo accademico»52.
La metamorfosi delle parole: l’antilingua
Bisogna essere molto prudenti ed attenti alla metamorfosi delle parole perché essa non avviene senza motivazione53.
Possiamo individuare le prime metamorfosi linguistiche attinenti il campo della nostra analisi con la pubblicazione del “Bollettino della terminologia” da parte dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) in cui si stabilisce che il concepimento avviene con l’annidamento dell’ovulo fecondato in utero (1965)54, senza che essa sia suffragata da nuove conoscenze scientifiche55. La ragione del cambiamento linguistico è dovuta alla convinzione chiaramente espressa che parlare pubblicamente di impedimento del concepimento piuttosto che di interruzione di gravidanza sia “socialmente vantaggioso”56.
La “prudenza verbale” (di cui parla l’articolo) sostiene la necessità di modificare la definizione di concepimento, spostandone il momento da quando avviene la fecondazione a quando si è verificato l’impianto, ritenendo che il controllo del concepimento sarebbe accettato più facilmente rispetto all’azione di interruzione della gravidanza. Questo passaggio “potrebbe dipendere da qualcosa di così semplice come l’abitudine di prudenza verbale“57. La “prudenza verbale” ha il compito di oscurare e rovesciare il senso delle parole, legittimando l’impensabile grazie a una torsione linguistica. È quello che Calvino definisce l’“antilingua“58. L’antilingua ha lo scopo di allontanare i significati, quindi è l’opposto della comunicazione in quanto volutamente erronea. Piega le parole con la loro ricchezza semantica a fini e scopi di chi la costruisce per trasmettere semplificazioni, fuga dalla realtà. In questo modo produce anestesia etica e decolpevolizza 59.
«Non si cambia società se non si cambia il suo linguaggio», dice Orwell nell’Appendice di 1984, e quindi la crisi linguistica è anche, o soprattutto, crisi antropologica.
E non a caso lo stesso Collegio nel 1972, proseguendo l’evoluzione semantica iniziata negli anni ’60 a proposito del concepimento, ridefinisce il concetto di gravidanza indicandolo come il periodo che inizia con l’annidamento dell’embrione60. La metamorfosi delle parole consolida il cammino dell’antilingua.
42 Docente di Bioetica
Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione Parallela di Torino.
43 Contenuto a cui si fa riferimento, la realtà della cosa o del pensiero.
44 Forma espressiva che fa riferimento, che richiama il contenuto, cioè il significato.
45 DE SAUSSURE F., Corso di linguistica generale, Milano 1971.
46 IBID., 19.
47 In francese è la differenza tra langue e parole. L’atto linguistico è l’atto di dire qualcosa a qualcuno considerato nel momento attuale in cui avviene. È la messa in opera del processo in virtù del quale i significati si associano ai significanti e quindi il pensiero si esprime in segni di lingua.
48 Poiché si trasmette di generazione in generazione, la lingua è chiamata a soddisfare bisogni sempre nuovi per non venire meno ai suoi propri compiti e a modificarsi non solo nei meccanismi interni ma anche nel modo di significare.
49 In realtà a proposito del reale rapporto di priorità tra significazione e convenzione sociale la questione non è ancora del tutto chiarita.
50 CHASE S., Il potere delle parole, Punto d’Incontro, Vicenza 1966.
51 Contributo di P. Merlo.
52 Così Trevor STAMMERS in un articolo pubblicato il 5 marzo 2012, http://www.mercatornet.com/articles/view/after_birth_abortion_or_ante_natal_infanticide [10.03.2014].
53 Negli anni ’80, quando le tecnologie riproduttive hanno permesso al concepito una vita autonoma rispetto al corpo della donna, si è coniato il neologismo “pre-embrione”. Il riferimento era alla fase di vita embrionale precedente l’impianto; successivamente è stato caricato di una valenza ontologica per indicare l’essere umano non soggetto di diritti. In questo modo è diventato possibile fecondare più ovuli per coppia, produrre un numero di embrioni elevato, quindi conservare e utilizzare embrioni come oggetti biologici.
54 Faccio qui riferimento a http://www.zenit.org/it/articles/antilingua-per-far-accettare-politiche-e-sostanze-che-impediscono-la-vita> 27 gennaio 2013 [28.01.2014].
55 L’introduzione della nuova definizione nel “Bollettino della terminologia” è frutto di un abile lavoro linguistico iniziato fin dalla fine degli anni ’50 (quando è stata lanciata la famosa pillola anticoncezionale Pincus) e fondato sulla convinzione che la nuova definizione sarebbe stata accettata più facilmente dalle donne, dalle varie componenti sociali e dalle differenti posizioni etiche.
56 ALL, A declaration of life by pro-life physicians, 1 gennaio 2000, in http://www.all.org/article/index/id/MjUxNQ/ , 20 december 2005 [20.02.2014].
57 “whether eventual control of implantation can be reserved the social advantage of being considered to prevent conception rather than to destroy an established pregnancy could depend upon something so simple as a prudent habit of speech”. Ibid.
58 CALVINO I., «L’antilingua», in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 1995, 149-154 (prima pubblicazione su «Il Giorno», 3 febbraio 1965). Calvino definisce l’antiligua come il terrore semantico che porta a fuggire da ciò che un dato termine indica o richiama.
59 Prima dell’orrore genocidi culminati nella soluzione finale c’è la lenta, inesorabile distruzione quotidiana della lingua tedesca. E quindi della sua anima. Il male si annida nella “normalità” del quotidiano della sua metamorfosi delle parole: nei discorsi politici, assimilati nel lessico personale familiare …. «ogni lingua se può muoversi liberamente, si presta tutte le esigenze umane, alla ragione come al sentimento, è comunicazione dialogo, soliloqui preghiera, implorazione, comando ed esecrazione. La TLI si presta solo a quest’ultima. Poi cominciano i commenti del tipo “che ci vuoi fare?”» (Rusconi G. E. La dittatura nasce nelle parole di tutti i giorni, «La Stampa», 1 luglio 2011).
60 CLOWES B., The Facts of Life, HLI, Virginia 2001, Chapter 2 in www.hli.org/index.php/the-facts-of-life/245?task=view
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