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A Firenze primo nato da eterologa. L’esperto: servono linee-guida

14 Luglio 2015

È nato, all’ospedale fiorentino Careggi, il primo bambino concepito con la fecondazione eterologa dopo che la Toscana è stata la prima Regione a prevedere questa pratica nelle strutture pubbliche. Ma gli ospedali italiani sono pronti per questa novità? Ne abbiamo discusso con Vito Trojano, presidente dell’Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologici Ospedalieri Italiani).

Presidente, a Firenze il primo bambino nato con la fecondazione eterologa in struttura pubblica. È un successo?
Diciamo, innanzitutto, che questa nascita fa parte di un processo iniziato ancor prima del Piano Nazionale per la Fertilità, presentato appunto non più tardi di un mese fa e ancora in via di aggiustamento. Sebbene quello della fecondazione eterologa sia il nuovo capitolo che si affaccia nell’ambito della medicina della riproduzione, bisogna tuttavia sottolineare che oggi non esistono ancora delle vere linee guida nell’ambito dell’eterologa, non esiste una banca dati dei donatori, non esistono degli screening uguali per tutti i donatori. È vero che la Comunità Europea ha approvato una serie di linee guida in questo, ma il nostro Paese vi si deve ancora adeguare.

E’ importante, invece, avere dei punti fermi

E’ fondamentale avere delle linee guida e dei percorsi che la coppia deve realizzare prima di arrivare alla fecondazione eterologa e poi degli esami sia clinici, che diagnostici e psicologici. Questo processo serve per realizzare una procreazione medicalmente assistita che sia la più moderna possibile, cioè la più vicina alla coppia, la più utile a superare le difficoltà di fronte ad una scelta così complessa.

Come è stato possibile arrivare a far nascere questo bambino in Toscana, se non esistono queste linee guida di cui parlava sopra?

La Toscana è stata la prima a partire con una legge regionale che supera di fatto i paletti di una legge nazionale ancora in fase di completamento. E’ fondamentale invece che vengano regolamentate con una legge nazionale le modalità di accettazione di semi di donatori depositati all’estero affinché siano conformi a quelle caratteristiche di garanzia e selezione che la legge europea già impone e quella italiana spero imporrà.

Rossella Gemma

fonte: Doctor 33

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino