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3,5 milioni di diabetici in Italia. Fattori di rischio e prevenzione nella Relazione del Ministero della Salute

17 Maggio 2022

Una malattia cronica che rappresenta nel mondo una delle tre emergenze sanitarie insieme a malaria e tubercolosi individuate dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Associato all’invecchiamento, il diabete mellito di tipo 2, che esordisce prevalentemente nell’età adulta, a differenza dell’altro tipo 1 acquisito dalla nascita, crescerà con l’aumentare della prospettiva di vita e conseguentemente della popolazione anziana che si troverà ad affrontare comorbilità, in parte dovute al diabete che compromette gravemente la salute, arrecando complicazioni severe come amputazioni agli arti inferiori o ulcerazioni del piede fino ad essere anche causa di morte.

Per il sistema sanitario, a livello mondiale e nazionale, il diabete mellito, sia di tipo 1 che 2, rappresenta una sfida imponente in termini di costi per i trattamenti di cura per le comorbosità e ospedalizzazioni. Secondo i dati della Federazione internazionale per il diabete (IDF) nel 2021 vi sono nel mondo 536 milioni di persone tra i 20 e i 79 anni affetti da diabete e un milione e 200 mila di bambini nell’età evolutiva, tra lo 0 e i 19 anni, cifre che paiono destinate ad aumentare, a superare nel 2030 i 600 milioni di individui. E sempre nel 2021 la morte per diabete ha riguardato quasi 7 milioni di persone adulte. Nella Regione Europea dai dati dell’Oms 60 milioni circa di persone ne sarebbero affette.

In Italia l’Istat descrive una tendenza in lieve aumento negli ultimi anni arrivata al 2020 ad avere più di 3milioni e 500 mila persone diabetiche, riscontrando una percentuale crescente con l’aumentare dell’età. Se si considera l’ormai nota correlazione scientifica diretta tra diabete tipo 2 ed obesità, la Relazione del ministero della Salute trasmessa al Governo, nel rispetto della L. 115/1987, il 21 aprile 2022 e pubblicata il 16 maggio, mette in evidenza la preoccupante crescita del diabete facendo osservare una presenza di 4 milioni circa di persone obese e due fattori di sviluppo del diabete nell’età adulta sovrappeso e obesità e un esordio diabetico tipo 2 già nei giovani crescente nei giovani.

Mentre risulta difficile, come informano i sanitari, prevenire il diabete di tipo 1, genetico acquisito dall’infanzia, causato dalla distruzione autoimmune delle cellule beta del pancreas che producono l’insulina e curato con l’insulina, si può invece agire sul tipo 2, che esordisce per lo più in età adulta dovuto ad una ridotta sensibilità e resistenza periferica all’insulina con terapie diversificate come comportamenti di stili di vita salutari e farmaci ipoglicemizzanti.

Come prevenire il diabete tipo 2 e le sue complicanze?

Nella Relazione del Ministero della Salute viene descritto che si può arrivare fino al 90% dei casi con programmi sanitari di prevenzione per soggetti a rischio di sviluppo della malattia. Studi statunitensi condotti in diversi Paesi del mondo dimostrano ad esempio una riduzione del rischio di sviluppo del diabete di tipo 2 in persone con intolleranza ai carboidrati (prediabete) con programmi specifici che modificano lo stile di vita.

Un fattore importante di prevenzione dell’evoluzione della patologia e delle complicanze è la diagnosi precoce e gestione della patologia.

Azioni che possono contribuire almeno in parte a prevenire il diabete sono contenute nel programma ministeriale Guadagnare salute impegnato nel far conoscere comportamenti salutari per ridurre fattori di rischio di malattie croniche, buona alimentazione, attività fisica, consapevolezza dei danni causati dal consumo di alcol e dall’uso di tabacco, nell’arco della vita (life course approach) e nelle politiche (Health in all policies). Il piano nazionale di prevenzione (Pnp) 2020-2025 per le malattie non trasmissibili mira «a garantire sia la salute individuale e collettiva sia la sostenibilità del Ssn attraverso azioni quanto più possibile basate su evidenze di efficacia, equità e sostenibilità che accompagnino il cittadino in tutte le fasi della vita nei luoghi in cui vive e lavora(approccio life course e per setting».

Ad un regime dietetico e se ne necessita terapeutico si accompagna l’attività fisica riscontrata importante sia per la prevenzione che per il trattamento della malattia diabetica. Nel 2021 il documento approvato nella Conferenza Stato-Regioni ha modificato i livelli di attività fisica per le diverse fasce di popolazione nell’ambito del programma nazionale di prevenzione 2020-2025 con una serie di raccomandazioni:

  • praticata possibilmente ogni giorno evitando due giorni consecutivi di inattività
  • camminata di almeno 30 minuti al giorno riduce il rischio di sviluppo del diabete nei soggetti affetti da sindrome metabolica
  • ogni 20-30 minuti interruzione regolare della posizione seduta e/reclinata
  • possibilità di praticare diversi tipi di sport previa valutazione medica per chi ha un buon controllo glicemico
  • per gli anziani esercizi adattati.

I benefici che se ne possono trarre sono diversi ad esempio:

  • migliore controllo della pressione arteriosa e delle aritmie, minore viscosità ematica e aumento dell’attività fibrinolitica con riduzione degli eventi cardio e cerebrovascolari maggiori
  • un migliore peso corporeo, calo ponderale a livello metabolico, miglior controllo glicemico e profilo lipidico
  • preservata o ritrovata funzionalità osteo-articolare a livello dell’apparato muscoloscheletrico.

Un altro fattore di prevenzione è l’ambiente. Da un rapporto dell’Oms l’inquinamento sulla salute umana ha causato la morte di circa 12 milioni di persone e misure di contrasto possono contribuire a ridurre il livello di malattie cardiovascolari e respiratorie, diabete e tumori oltre a diminuire i costi sanitari.

In vista di un insediamento crescente della popolazione concentrata nelle città e dell’invecchiamento un compito, come previsto tra gli obiettivi dell’Onu, sarà riqualificare spazi urbani di aree degradate fonti di disagio e isolamento sociale, con aree verdi, piste ciclabili e pedonali, percorsi sicure casa-scuola per ridurre da un lato l’impatto dell’inquinamento e dall’altro per promuovere l’attività motoria che fa bene alla salute. Su questa linea Governo e istituzioni regionali hanno elaborato nel 2021 un documento “per la pianificazione urbana in un’ottica di salute pubblica – urban Health con 20 indicatori di salute per la valutazione ambientale strategica di 7 aree relative a criteri generali comprendenti quelli demografici, socioeconomici ed epidemiologici e poi Ambiente, suolo e sottosuolo, sostenibilità e igiene del costruito, sviluppo urbano e sociale, mobilità e trasporti e spazi esterni.

L‘alfabetizzazione alla salute è un altro fattore su cui il Ministero della Salute intende lavorare per diminuire le disuguaglianze tra i cittadini nella salute dovute da condizioni economiche e culturali di svantaggio. Da un sondaggio italiano tra il 2020 e il 2021 su un campione casuale rappresentativo della popolazione dai 18 anni in poi su un minimo di 1000 soggetti mediante intervista è emerso, dai dati preliminari, che il 31% degli intervistati ha trovato “difficoltà” (26%) o molta (5%) comprendere le informazioni per acceder ai servizi sanitari. Un rapporto che mostra un basso livello di alfabetizzazione alla salute (health literacy) per un terzo del campione a differenza di quanto è emerso nei sondaggi svoltisi negli altri paesi che trovano, a differenza dell’Italia, facile come l’Irlanda con un 35% e il Portogallo con un 77%. Hanno risposto invece che è difficile la Slovenia con il 12%, il 29% per il Belgio e la Germania.

Situazione italiana

popolazione adulta

Dal sistema di sorveglianza Passi (progressi delle aziende sanitarie per la Salute in Italia) del Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle malattie del Ministero della Salute e del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Iss sui fattori di rischio comportamentali emerge nel Rapporto relativo agli anni 2017-2020 riferito alla popolazione dai 18 ai 69 anni che il 4% della popolazione ha una diagnosi di diabete. Cresce con l’avanzare dell’età, inferiore al 3% sotto i 50 anni e superiore al 9% fra 50 e i 69 anni. Più frequente nelle fasce di popolazione socio-economicamente più svantaggiate per istruzione o condizione economiche, più i cittadini italiani rispetto agli stranieri.

I soggetti intervistati con diabete presentano alta prevalenza di rischio cardiovascolare: 89% non segue la regola delle 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura; il 70% mostra un eccesso ponderale, il 52% è iperteso, il 43% ha livelli alti di colesterolo, il 48% è sedentario, il 22% è fumatore. Tra gli intervistati erano in trattamento farmacologico per la pressione arteriosa l’89% mentre il 67% assumeva farmaci per l’ipercolesterolemia. Per dimagrire e contrastare la sedentarietà hanno svolto attività fisica moderata o intensa il 20% dei diabetici. La maggior parte dei diabetici risulta seguito dal centro diabetologico (30%), dal medico di famiglia (28%) o da entrambi (33%), pochi dichiarano di essere seguiti da altri specialisti. Mentre la maggior parte, il 70% dichiara di essere in trattamento con ipoglicemizzanti, il 26% ricorre all’insulina.

verdure e frutta

Se si prendono in riferimento i valori socio-economici si osservano dal Rapporto di Passi 2017-2020 che i soggetti affetti da diabete presentano una prevalenza maggiore per coloro che hanno un livello di istruzione inferiore, elementare rispetto a un laureato, e più difficoltà economiche; probabilmente, suggerisce il Rapport, dovuto a stili di vita sbagliati, in particolar modo scorretta alimentazione e inattività fisica e a condizioni di sovrappeso o obesità.

popolazione giovanile

Per il monitoraggio del fenomeno di sovrappeso e obesità e per comprendere le abitudini dei bambini il sistema di sorveglianza nazionale Okkio alla Salute dell’Iss in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione Miur, ha svolto un’indagine con un questionario su un campione rappresentativo di 50 mila alunni della terza classe della scuola primaria, tra gli 8 e i 9 anni, svolto nel 2019 e l’ha confrontata con i dati raccolti negli anni precedenti fino al 2008. Ne emerge che nel 2019 il 20% dei bambini era in sovrappeso e il 9% obeso. Si riscontra lievemente di più nei bambini maschi rispetto alle femmine e dal confronto con gli anni precedenti il Rapporto mostra un andamento costante in lieve diminuzione per sovrappeso e obesità.

Non conforta nel presentare i risultati nell’indagine europea dell’Oms Childhood Obesity Surveillance Initiative da cui l’Italia ne esce tra le nazioni con i valori più elevati di eccesso ponderale insieme ad altri Paesi dell’area mediterranea.

Nel 2019 tra le abitudini non salutari sul piano alimentare vi sono il non fare la prima colazione o in modo errato, poco consumo di frutta e verdura, e seppure in calo, il consumo di bevande zuccherate o gassate, sul piano delle attività fisiche sussiste sedentarietà. Interessante è la percezione delle madri nei confronti dei loro figli: il 40% che risulta in sovrappeso o obeso viene percepito come sotto-normopeso così sul piano delle attività fisiche, in cui il 59% delle madri di bambini riscontrati poco attivi è percepito come attivo in modo adeguato e ancora, il 69% ritiene che la quantità assunta di cibo non sia eccessiva.

Attività diabetologica durante la pandemia

L’associazione dei medici diabetologici (AMD) ne ha studiato l’impatto sui servizi di diabetologia nel periodo di lockdown tra febbraio e marzo 2021 tramite un’indagine condotta via web ai diabetologi della medesima associazione.

Vi hanno partecipato 225 diabetologi: afferenti maggiormente ad attività ambulatoriale di UO complessa o Semplice diversa dalla diabetologia o endocrinologia (20%) – medicina interna, dipartimento di cura primaria etc – seguiti da quelli afferenti a UO Semplici con punti di erogazione assistenza territoriali (18%) e solo il 17% opera in strutture con posti letto per ricovero ordinario o prestazioni per attività in day hospital.

Durante il lockdown le attività nel proprio centro sono state ridotte, come hanno riferito l’87% dei diabetologi dell’indagine, per direttive aziendali (93 pari a 47%) o regionale (91 pari a 46%) e per indicazioni dipartimentali o scelta del team diabetologico (rispettivamente 7 e 5 pari a 3% e 2 %). Si è ridotta di conseguenza la visita in presenza di circa 60-90 nel Nord Ovest, tra 30 e 80 nel Nord Est, tra il 43 -81 nel Centro e tra 50 e 90 nel Sud e nelle Isole.

Le visite sono continuate nell’emergenza per il 92% dei casi urgenti, il 67% per le donne con diabete in gravidanza, e per i nuovi casi di diabete di tipo 1 per il 67%.

La misura più eseguita per ridurre il rischio di infezione da Covid-19 è la misurazione della temperatura al momento di accesso presso l’ambulatorio da personale esterno alla diabetologia (55%), in misura inferiore al momento dell’accesso presso ambulatorio da personale della diabetologia; invece ha avuto una scarsa risposta la richiesta di autocertificazione (5%).

Altro tassello importante riguarda il rinnovo del piano terapeutico che è stato facilitato con delle misure messe in atto per il 96%. I farmaci sono stati distribuiti attraverso la farmacia ospedaliera per il 43% e la diabetologia per il 24%.

Tra le attività a distanza più svolte sono state il contatto telefonico o videochiamata (185 pari a 82%), email (162 pari a 72%), meno i messaggi telefonici (75 pari a 33%) o tramite App speciali (54 pari a 24%).

Durante il lockdown le attività di consulenza diabetologica non sono state modificate per i pazienti ricoverati in ospedale per il 46% dei partecipanti mentre sono continuate solo a distanza per il 38% e abolite per l’8%.

Il Personale medico della diabetologia è passato nella fase emergenziale ad incarico assistenziale per il 56% dei partecipanti, nel reparto Covid 82 pari a 65% e Covid free 29 pari a 23%.

redazione Bioetica News Torino